Berlino. La Floating University indaga modi alternativi di vivere la città

Intervista a Raumlabor (letteralmente “laboratorio dello spazio”), che in Germania ha realizzato una scuola dentro un bacino per la raccolta dell’acqua piovana.

Benjamin Foerster-Baldenius e Markus Bader sono due dei cervelli di Raumlabor (che in tedesco sta per “laboratorio dello spazio”), studio d’architettura specializzato in progetti antiutopici di piccola scala e profondamente radicati nella situazione locale. Il loro metodo di lavoro consiste da sempre nell’adottare in architettura una posizione in cui il peso della cultura è predominante, nel tentativo di dare alla loro ricerca e alle loro iniziative più longevità e più importanza per l’ambiente locale. La loro ultima impresa, la Floating University (università galleggiante) si svolge tra maggio e settembre 2018 in un bacino per la raccolta dell’acqua piovana vicino all’ex aeroporto di Tempelhof, a Berlino.

Le strutture, preesistenti e nuove, vengono usate come spazio di riunione per le visite di studenti e scienziati provenienti da oltre venti università internazionali, insieme con artisti, architetti, musicisti e danzatori di ogni parte del mondo. In questa sede i partecipanti trovano formazione sperimentale, trasferimento di conoscenze e laboratori transdisciplinari nei quali fanno ricerca ed esplorano il modo di vivere nella città, nella prospettiva di formulare concezioni e idee per il futuro. Come possono le città affrontare i rischi? Come sopravvivremo alla carenza di risorse? Qual sarà l’impatto della superdiversità e dell’iperaccelerazione dello sviluppo? Di quali strumenti abbiamo bisogno per vivere e lavorare in futuro in modo efficiente dal punto di vista delle risorse?

Img.1 Raumlabor, The Floating University, Berlin, 2018
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Come sopravvivremo alla carenza di risorse? Qual sarà l’impatto della superdiversità e dell’iperaccelerazione dello sviluppo? Di quali strumenti abbiamo bisogno per vivere e lavorare in futuro in modo efficiente dal punto di vista delle risorse?

“In certo qual modo ci consideriamo più come un’università che come uno studio d’architettura”, ammette Markus Bader. “Proponiamo una serie di domande, sfide, prove e sperimentazioni. In termini tradizionali potremmo essere definiti un dipartimento di ricerca universitario.” Tutti i membri di Raumlabor partecipano all’insegnamento, e c’è sempre stata l’ambizione di fare della formazione un aspetto più integrato e importante dell’attività dello studio. “Organizzare la Floating University è un momento di apprendimento”, dice Bader. “Di solito l’architetto, una volta che la struttura è compiuta, se ne va, ma noi preferiamo restare e pensare al nostro prossimo contributo.” Perciò, invece di isolare la formazione dalla realtà, una disciplina dall’altra e la creatività dalle istituzioni, Raumlabor vuole cancellare limiti e frontiete. Dalla cooperazione tra pianificazione del territorio, antropologia e urbanistica nascono numerosissime possibilità. “Abbiamo scoperto che gli esperti locali, quelli che conoscono la città, quelli che conoscono un particolare ambiente, sono molto importanti nel nostro lavoro… Specialmente se vogliamo essere davvero seri”, afferma Foerster-Baldenius. “E se vogliamo che una delle nostre istallazioni temporanee e delle nostre performance rimanga più a lungo nella mente e nella fantasia delle persone, questo genere di cooperazione è indispensabile.”

Raumlabor, The Floating University, Berlin, 2018

Non che la formazione risolva sempre tutti i problemi della città. “Trovare soluzioni non è compito dell’università”, dichiara Foerster-Baldenius. “Il suo compito è fare in modo di riunire i futuri decisori, metterli in contatto con questi problemi e poi fare dei tentativi, o per lo meno esercitare la fantasia su come affrontare le cose.” Il che è proprio quello su cui molti progetti di Raumlabor hanno lavorato, dai festival alle campagne conoscitive, alle installazioni pubbliche, alle mostre, all’editoria. Tutti i progetti di Raumlabor sono analisi che si aggiungono ai tradizionali meccanismi didattici. “Agiamo come né un’azienda tradizionale né una scuola accreditata potrebbero fare”, spiega Foerster-Baldenius. “Funziona anche come scambio tra docenti, perché molti di noi non hanno una formazione all’insegnamento. Qui siamo un po’ tutti improvvisatori.” E sono almeno due decenni che lo fanno.

Trovare soluzioni non è compito dell’università. Il suo compito è fare in modo di riunire i futuri decisori, metterli in contatto con questi problemi e poi fare dei tentativi, o per lo meno esercitare la fantasia su come affrontare le cose.

“Io credo che questa impostazione risalga al 2000, quando vincemmo un concorso per lavorare a un progetto di risistemazione urbanistica di Halle-Neustadt”, aggiunge Bader. “Da lì siamo stati in grado di organizzare Hotel Neustadt come grande festival teatrale di cultura  in un palazzone vuoto. È stato in quel periodo che abbiamo scoperto quanto può essere straordinario vivere una specie di momento effimero in cui si può mobilitare tanta energia per scoprire il potenziale culturale e sociale di un luogo, e poi discuterne non attraverso l’urbanistica, ma attraverso il fare.” L’adozione della formazione in senso più vasto e più adattabile porta a farne uno strumento di scambio. Ogni abitante e ogni attività in cui ci si impegna costruiscono la città. Gli utenti definiscono dei protocolli ma, se questa dinamica può essere controllata e trasformata in una narrazione, le persone ne risultano motivate. Queste narrazioni tuttavia devono riguardare persone reali che vogliono riuscire a mettersi in rapporto con i problemi della città e a reagire in modo più immediato. Aggiungendo ai progetti urbanistici uno strumento di formazione le idee si integrano più profondamente nella comunità, il che significa che un maggior numero di persone partecipa al processo di scambio. “Personalmente sono affascinato dal potere del dialogo”, conclude Bader.

Questo testo è incluso nel Journal di “A school of schools”, la 4. Istanbul Design Biennial che dal 22 settembre al 4 novembre 2018 esplora i futuri possibili dell'educazione al design. Leggi QUI la nostra intervista intervista ai curatori.