Gli assoluti: 20 credenze imperdibili

Emblema di funzionalità e presenza costante in tutti i tipi di case, ma anche mobile spesso considerato superato, la credenza si evolve resistendo alla prova del tempo.

Credenza, Alexander Roux, 1863 Riccamente decorata con rilievi scolpiti, questa credenza integra un’étagère dove mettere in mostra servizi di piatti e soprammobili. Il modello, sviluppato negli Stati Uniti dall’ebanista francese Alexander Roux, fu esposto all’Esposizione Universale del 1853 al Crystal Palace a New York.

Credenza, fratelli Sviadocht, 1930 Il gusto art déco cambia il volto delle credenze, liberando le superfici dal decoro e mettendo in luce la le differenti essenze lignee grazie a nobili impiallacciature. Ad essere valorizzata è anche la sfaccettata composizione geometrica e l’aggiunta di materiali a contrasto, in primis il metallo cromato per le maniglie.

Riflesso, Charlotte Perriand, Cassina, 1940-42 Concepito per il suo appartamento parigino situato al 130 di boulevard du Montparnasse, Riflesso - dal 2004 nella collezione I Maestri di Cassina – è una credenza contenitore in legno massello che fa del contrasto tra finiture la sua marca distintiva. La struttura laccata nera esalta l’enigmatica intensità del pezzo, accentuata dallo stacco con la laccatura bordeaux dell’interno. Le ante scorrevoli ed i ripiani interni sono invece realizzate in alluminio satinato, che interagendo con l’ambiente circostante sprigiona un gioco di riflessi. La produzione di buffet e “enfilade” è stata molto prolifica per Perriand, tanto negli anni di Le Corbusier che nei successivi: un genere che le ha permesso di mettere a punto l’ottimizzazione dell’organizzazione domestica anche per gli spazi frugali, senza mai incedere in compromessi al ribasso.

Architettura, Piero Fornasetti e Gio Ponti, Fornasetti, 1951 Tra i pezzi più celebri della produzione di Fornasetti, il trumeau Architettura si riappropria del rigore prospettico dell’architettura rinascimentale, riproponendola in una chiave surrealista. Trasposti sulla scala più piccola di un pezzo di arredo, palazzi e piazze si apprezzano nella loro finezza decorativa, mentre attraverso l’apertura delle ante enfatizza il mobile si trasforma in un dispositivo spaziale atto ad enfatizzare la restituzione tridimensionale dello spazio. Architettura fu presentato alla Triennale di Milano nel 1951.

Buffet, Ico and Luisa Parisi, La Permanente Mobili Cantù, anni ’50 Nonostante, come rilevi Gio Ponti, il “Chippendale di Cantù” fa ancora il bello e il cattivo tempo nella produzione di arredi italiani del dopoguerra, la ricostruzione promuove un forte rinnovamento linguistico nel campo dell’arredo. Ico e Luisa Parisi ne sono tra gli interpreti più originali. A distinguerli, un gusto per il legno scolpito e la ricorrenza della forma a boomerang, che a partire dalle gambe slancia il pezzo e ingloba a volte anche pensili e scaffali.

Buffet, Finn Juhl, Spotti, 1955 Di chiara matrice Mid-Century, questo buffet di Finn Juhl aggiunge una nota di sperimentazione giocando con le configurazioni chiuse e aperte del mobile. Una volta fatta scorrere l’anta di destra, una serie di cassetti si rivelano nella loro inaspettata scala dal blu al bianco, presa dal cerchio cromatico di Goethe. Il telaio, in metallo brunito, si accompagna a gambe sottili che si distinguono per il gradevole rivestimento ligneo.

Brasilia, Victor Wilkins, G Plan, 1960 Prodotto dal marchio inglese G Plan, Brasilia risponde ad un’estetica Mid-Century, qui rivisitata attraverso le curve smussate della struttura portante e delle maniglie. Il pezzo, in teak, risponde ad una logica sistemica che integra nella stessa linea anche altri mobili contenitori.

Serie 4 D, Angelo Mangiarotti, Molteni, 1964 Serie 4D è composta da tre credenze compatte, caratterizzate da differenti disegni delle ante, concepite per essere affiancate e creare un disegno che va oltre il singolo pezzo.  La struttura è in legno di noce e ripiano in marmo.

Bahut DF 2000, Cei-Raymond Loevy, Doubinski Frères, 1965 Prodotto iconico anche grazie alle ante in metacrilato stampato che, inglobando le maniglie, regalano un fascino space age, la credenza della serie 2000 di è stata prodotta in un ampio ventaglio di configurazioni – con diverso numero di ante, diverse altezze, con gambe a slitta. Ulteriore variazione sul tema, l’uso del colore, con versioni monocromatiche, in colori sfumati o con contrasti marcati. Nella stessa serie, anche una linea di comodini, cassettiere e scrivanie.

Bramante, Kazuhide Takahama, Simon Gavina, Cassina, 1968 Mobile dall’eleganza asciutta e scolpita che, anche grazie alla laccatura, assume un’aura atemporale, questo buffet a tre ante con serratura si distingue per il profilo smussato dei blocchi laterali, che lo rendono particolarmente adatto ad essere posizionato in un corridoio. Originariamente disegnata per la collezione Ultrarazionale di Simon Gavina, è oggi disponibile nel catalogo di Cassina.

Mb7, Luigi Caccia Dominioni, Azucena, 1970 Presenza monolitica resa fluida dalla forma semicircolare, l’Mb7 di Caccia Dominioni vive di piccoli dettagli intriganti, come la struttura in metallo cromato che si intravede alla base e tra le ante, e il profilo lievemente sporgente del ripiano, unica concessione all’assolutezza della forma.

Hommage to Mondrian, Shiro Kuramata, Cappellini, 1975 Dopo quello di Saint Laurent con l’omonimo vestito Mondrian, anche il mondo del design non manca di rendere omaggio al maestro olandese riadattando il celebre motivo su una credenza dalla inconsueta forma quadrata. L’esaltazione dell’astrazione sviluppata da Kuramata si affianca ad una attenta ricerca sulla funzionalità: ogni spazio contenitore e, di conseguenza, ogni anta ha una forma diversa per poter accogliere oggetti di grandezza eterogenea.

Sheraton, Lodovico Acerbis and Giotto Stoppino, Acerbis, 1977 Compasso d’Oro 1979, Sheraton si distingue per delle innovative ante scivolo-rotanti, che si posizionano al fianco del mobile. Anche l’accostamento tra materiali è innovativo: la struttura è realizzata in laminato, mentre i pannelli sono realizzati in essenze pregiate o in laccatura lucida al poliestere.

Beverly, Ettore Sottsass, Memphis Milano, 1981 Trionfo delle potenzialità espressive del laminato, Beverly trascende l’impiallacciatura di tante credenze novecentesche attraverso l’accostamento di texture diverse. Anche lo slittamento sismico delle ante superiori contribuisce a destabilizzare il pezzo con ironia, mentre una lampadina rossa si offre come una presenza giocosamente inaspettata.

Scrapwood cabinet, Piet Hein Eek, 2008 Maestro del design di recupero, Hein Eek ha fatto della valorizzazione dei vecchi legni il suo marchio di fabbrica. I segni del tempo non vengono occultati, ma rivalorizzati attraverso lavorazioni artigianali e una composizione rigorosa, attenta all’accostamento tra colori e finiture, tra cui, per alcuni esemplari, la sua celebre laccatura in resina sintetica.

Mania cabinet, Alessandro Mendini, Design Gallery Milano, 2008 Un mobile che assume il valore di un totem. Le gambe, due semiconi zigrinati, riecheggiano nel cono superiore in ottone placcato oro, mente il vano contenitore, quadrato, è decorato sul fronte con una serie di piccoli simboli disposti rigorosamente in una griglia. All’interno, il cono superiore riappare in piccola taglia, sospeso su due quadrati, generando un effetto sospeso tra misticismo ed alchimia. In edizione limitata in tiratura di 3.  

Wrongwood, Sebastian Wrong e Richard Wood, Established & Sons, 2009 Il legno di recupero dei mobili di Piet Hein Eek rivive nella riproduzione grafica dell’artista Richard Wood, che insieme a Sebastian Wrong rilegge lo stile Mid-Century in chiave pop.

Evolution, Ferruccio Laviani, Emmemobili, 2010 È un morphing coraggioso, quello proposto da Ferruccio Laviani, che con Evolution fonde in un unico pezzo un cassettone in stile impero e una madia di ispirazione razionalista. Il sincretismo, di indole barocca nello stile e audace nello spirito, mette in luce un savoir faire manufatturiero capace di far convivere tecniche di lavorazione artigianale diverse in un unico pezzo.

Adrien, Vincent Van Duysen, Molteni, 2018 La madia di Vincent Van Duysen si epura grazie ad ante vetrate, che fanno di questo mobile non un luogo dove nascondere oggetti, ma al contrario dove metterli in luce, anche grazie alla lampada incorporata.

Antigua, Luca Nichetto, Wittmann, 2021 Nella serie Antigua, costituita da tre madie e credenze di diverso formato, il disegno delle ante gioca con la ripetizione di un motivo decorativo astratto in aperto contrasto cromatico con lo sfondo. Uno stacco che contribuisce a trasformare il mobile in un catalizzatore di sguardi, mentre un’attenta lavorazione artigianale permette di valorizzare i piccoli dettagli, quali la smussatura della struttura e le maniglie rivestite in pelle.

Tra i mobili a cui Maarten Baas dette fuoco nel 2002 con la sua serie Smoke c’è anche, oltre ad una serie di grandi classici, una vecchia cassettiera in stile veneziano. L’ardire iconoclasta del giovane designer olandese, desideroso di rompere con le vecchie generazioni, colpisce un pezzo d’arredo non casuale, da sempre presenza costante nelle case più umili come in quelle più blasonate.

Emblema di una funzionalità irriducibile, quella che permette di riporre oggetti di ogni tipo, la credenza è il mobile che più di ogni altro si impone come fautore dell’ordine domestico. La produzione artigianale che precede la rivoluzione industriale ne ha sempre decorato le ante, spesso con simboli propri della cultura e delle lavorazioni locali. Con l’affermazione di decoratori, arredatori e designer, questa connotazione viene meno, legandosi alla personalità del singolo interprete e ad una costante oscillazione tra soluzioni votate alla linearità o ad un massimalismo iperdecorativo.

Dopo anni di cucine componibili e sistemi contenitori, che sembravano aver relegato la vecchia credenza alle usanze del passato, gli ultimi anni sono stati caratterizzati da un vivace ritorno. La credenza ritrova verve, colori e fasti decorativi. La sua natura di volume destinato a garantire l’ordine sembra però essere messa in secondo piano. La nuova ricercatezza che la contraddistingue sembra piuttosto trasformarla in un oggetto di attenzione, soprattutto in case di grandi metrature: un’ennesima oscillazione del pendolo, destinata a fare emergere la credenza senza più ombre o compromessi.

Credenza, Alexander Roux, 1863

Riccamente decorata con rilievi scolpiti, questa credenza integra un’étagère dove mettere in mostra servizi di piatti e soprammobili. Il modello, sviluppato negli Stati Uniti dall’ebanista francese Alexander Roux, fu esposto all’Esposizione Universale del 1853 al Crystal Palace a New York.

Credenza, fratelli Sviadocht, 1930

Il gusto art déco cambia il volto delle credenze, liberando le superfici dal decoro e mettendo in luce la le differenti essenze lignee grazie a nobili impiallacciature. Ad essere valorizzata è anche la sfaccettata composizione geometrica e l’aggiunta di materiali a contrasto, in primis il metallo cromato per le maniglie.

Riflesso, Charlotte Perriand, Cassina, 1940-42

Concepito per il suo appartamento parigino situato al 130 di boulevard du Montparnasse, Riflesso - dal 2004 nella collezione I Maestri di Cassina – è una credenza contenitore in legno massello che fa del contrasto tra finiture la sua marca distintiva. La struttura laccata nera esalta l’enigmatica intensità del pezzo, accentuata dallo stacco con la laccatura bordeaux dell’interno. Le ante scorrevoli ed i ripiani interni sono invece realizzate in alluminio satinato, che interagendo con l’ambiente circostante sprigiona un gioco di riflessi. La produzione di buffet e “enfilade” è stata molto prolifica per Perriand, tanto negli anni di Le Corbusier che nei successivi: un genere che le ha permesso di mettere a punto l’ottimizzazione dell’organizzazione domestica anche per gli spazi frugali, senza mai incedere in compromessi al ribasso.

Architettura, Piero Fornasetti e Gio Ponti, Fornasetti, 1951

Tra i pezzi più celebri della produzione di Fornasetti, il trumeau Architettura si riappropria del rigore prospettico dell’architettura rinascimentale, riproponendola in una chiave surrealista. Trasposti sulla scala più piccola di un pezzo di arredo, palazzi e piazze si apprezzano nella loro finezza decorativa, mentre attraverso l’apertura delle ante enfatizza il mobile si trasforma in un dispositivo spaziale atto ad enfatizzare la restituzione tridimensionale dello spazio. Architettura fu presentato alla Triennale di Milano nel 1951.

Buffet, Ico and Luisa Parisi, La Permanente Mobili Cantù, anni ’50

Nonostante, come rilevi Gio Ponti, il “Chippendale di Cantù” fa ancora il bello e il cattivo tempo nella produzione di arredi italiani del dopoguerra, la ricostruzione promuove un forte rinnovamento linguistico nel campo dell’arredo. Ico e Luisa Parisi ne sono tra gli interpreti più originali. A distinguerli, un gusto per il legno scolpito e la ricorrenza della forma a boomerang, che a partire dalle gambe slancia il pezzo e ingloba a volte anche pensili e scaffali.

Buffet, Finn Juhl, Spotti, 1955

Di chiara matrice Mid-Century, questo buffet di Finn Juhl aggiunge una nota di sperimentazione giocando con le configurazioni chiuse e aperte del mobile. Una volta fatta scorrere l’anta di destra, una serie di cassetti si rivelano nella loro inaspettata scala dal blu al bianco, presa dal cerchio cromatico di Goethe. Il telaio, in metallo brunito, si accompagna a gambe sottili che si distinguono per il gradevole rivestimento ligneo.

Brasilia, Victor Wilkins, G Plan, 1960

Prodotto dal marchio inglese G Plan, Brasilia risponde ad un’estetica Mid-Century, qui rivisitata attraverso le curve smussate della struttura portante e delle maniglie. Il pezzo, in teak, risponde ad una logica sistemica che integra nella stessa linea anche altri mobili contenitori.

Serie 4 D, Angelo Mangiarotti, Molteni, 1964

Serie 4D è composta da tre credenze compatte, caratterizzate da differenti disegni delle ante, concepite per essere affiancate e creare un disegno che va oltre il singolo pezzo.  La struttura è in legno di noce e ripiano in marmo.

Bahut DF 2000, Cei-Raymond Loevy, Doubinski Frères, 1965

Prodotto iconico anche grazie alle ante in metacrilato stampato che, inglobando le maniglie, regalano un fascino space age, la credenza della serie 2000 di è stata prodotta in un ampio ventaglio di configurazioni – con diverso numero di ante, diverse altezze, con gambe a slitta. Ulteriore variazione sul tema, l’uso del colore, con versioni monocromatiche, in colori sfumati o con contrasti marcati. Nella stessa serie, anche una linea di comodini, cassettiere e scrivanie.

Bramante, Kazuhide Takahama, Simon Gavina, Cassina, 1968

Mobile dall’eleganza asciutta e scolpita che, anche grazie alla laccatura, assume un’aura atemporale, questo buffet a tre ante con serratura si distingue per il profilo smussato dei blocchi laterali, che lo rendono particolarmente adatto ad essere posizionato in un corridoio. Originariamente disegnata per la collezione Ultrarazionale di Simon Gavina, è oggi disponibile nel catalogo di Cassina.

Mb7, Luigi Caccia Dominioni, Azucena, 1970

Presenza monolitica resa fluida dalla forma semicircolare, l’Mb7 di Caccia Dominioni vive di piccoli dettagli intriganti, come la struttura in metallo cromato che si intravede alla base e tra le ante, e il profilo lievemente sporgente del ripiano, unica concessione all’assolutezza della forma.

Hommage to Mondrian, Shiro Kuramata, Cappellini, 1975

Dopo quello di Saint Laurent con l’omonimo vestito Mondrian, anche il mondo del design non manca di rendere omaggio al maestro olandese riadattando il celebre motivo su una credenza dalla inconsueta forma quadrata. L’esaltazione dell’astrazione sviluppata da Kuramata si affianca ad una attenta ricerca sulla funzionalità: ogni spazio contenitore e, di conseguenza, ogni anta ha una forma diversa per poter accogliere oggetti di grandezza eterogenea.

Sheraton, Lodovico Acerbis and Giotto Stoppino, Acerbis, 1977

Compasso d’Oro 1979, Sheraton si distingue per delle innovative ante scivolo-rotanti, che si posizionano al fianco del mobile. Anche l’accostamento tra materiali è innovativo: la struttura è realizzata in laminato, mentre i pannelli sono realizzati in essenze pregiate o in laccatura lucida al poliestere.

Beverly, Ettore Sottsass, Memphis Milano, 1981

Trionfo delle potenzialità espressive del laminato, Beverly trascende l’impiallacciatura di tante credenze novecentesche attraverso l’accostamento di texture diverse. Anche lo slittamento sismico delle ante superiori contribuisce a destabilizzare il pezzo con ironia, mentre una lampadina rossa si offre come una presenza giocosamente inaspettata.

Scrapwood cabinet, Piet Hein Eek, 2008

Maestro del design di recupero, Hein Eek ha fatto della valorizzazione dei vecchi legni il suo marchio di fabbrica. I segni del tempo non vengono occultati, ma rivalorizzati attraverso lavorazioni artigianali e una composizione rigorosa, attenta all’accostamento tra colori e finiture, tra cui, per alcuni esemplari, la sua celebre laccatura in resina sintetica.

Mania cabinet, Alessandro Mendini, Design Gallery Milano, 2008

Un mobile che assume il valore di un totem. Le gambe, due semiconi zigrinati, riecheggiano nel cono superiore in ottone placcato oro, mente il vano contenitore, quadrato, è decorato sul fronte con una serie di piccoli simboli disposti rigorosamente in una griglia. All’interno, il cono superiore riappare in piccola taglia, sospeso su due quadrati, generando un effetto sospeso tra misticismo ed alchimia. In edizione limitata in tiratura di 3.  

Wrongwood, Sebastian Wrong e Richard Wood, Established & Sons, 2009

Il legno di recupero dei mobili di Piet Hein Eek rivive nella riproduzione grafica dell’artista Richard Wood, che insieme a Sebastian Wrong rilegge lo stile Mid-Century in chiave pop.

Evolution, Ferruccio Laviani, Emmemobili, 2010

È un morphing coraggioso, quello proposto da Ferruccio Laviani, che con Evolution fonde in un unico pezzo un cassettone in stile impero e una madia di ispirazione razionalista. Il sincretismo, di indole barocca nello stile e audace nello spirito, mette in luce un savoir faire manufatturiero capace di far convivere tecniche di lavorazione artigianale diverse in un unico pezzo.

Adrien, Vincent Van Duysen, Molteni, 2018

La madia di Vincent Van Duysen si epura grazie ad ante vetrate, che fanno di questo mobile non un luogo dove nascondere oggetti, ma al contrario dove metterli in luce, anche grazie alla lampada incorporata.

Antigua, Luca Nichetto, Wittmann, 2021

Nella serie Antigua, costituita da tre madie e credenze di diverso formato, il disegno delle ante gioca con la ripetizione di un motivo decorativo astratto in aperto contrasto cromatico con lo sfondo. Uno stacco che contribuisce a trasformare il mobile in un catalizzatore di sguardi, mentre un’attenta lavorazione artigianale permette di valorizzare i piccoli dettagli, quali la smussatura della struttura e le maniglie rivestite in pelle.