Gli assoluti: 20 piatti imperdibili

È tra gli utensili più longevi della storia dell’uomo e allo stesso tempo l’epicentro di un rituale intriso di norme sociali. Una carrellata di 20 progetti, termometro dell’evoluzione del gusto e della nostra convivialità.

Servizio da cucina, Josiah Wedgwood, 1768 L’applicazione del vapore ai torni modifica una modalità produttiva che trova le sue radici in un processo vecchio di decine di migliaia di anni. In Inghilterra, l’apertura a Londra nel 1768 del primo negozio di porcellane Wedgwood – una delle più grandi manifatture europee, già attiva dalla seconda metà del Settecento con il suo centro produttivo nello Staffordshire – offrirà al pubblico inglese un vasto catalogo di porcellane anche a buon mercato, alcune delle quali esito della collaborazione con grandi designer, uno tra tutti Henry Cole.
 

Antico Doccia, Ginori 1735   Doccia è la frazione dove, non lontano da Firenze, viene fondata nel 1735 la manifattura Richard Ginori (oggi Ginori 1735). Tra i tanti modelli nati dalla lunga sperimentazione di questa industria di oro bianco – e i cui art director iniziano con Gio Ponti e finiscono con Alessandro Michele - la linea Antico Doccia è quella che più incarna un’idea di classicità quotidiana e agevole, “senza sforzo”. Non è un caso, allora, se il suo successo l’ha portata ad essere reinterpretata in seno alla stessa azienda, diventando un territorio di espressione di interventi decorativi sotto la mano di Paola Navone, o finendo vilmente copiata anche da grandi gruppi del settore arredamento.   

Rousseau, Félix Bracquemond, Rousseau, 1866 Il giapponismo è stata una contaminazione fortunata per il sistema delle arti. Anche nei servizi per la tavola, l’apertura ad una cultura fino a quel momento inesplorata modificherà gli stilemi della classicità che dominavano i servizi per la tavola. Il servizio Rousseau, dal nome del suo editore Eugène Rousseau, ne è un caso esemplare: commissionato con disegni dell’incisore Félix Bracquemond ispirati alla flora e alla fauna, incontrerà un successo ampio e trasversale. A questo proposito, rimane celebre una frase di Stéphane Mallarmé, che dichiarò di sentirsi obbligato a “pay homage to this admirable and unique service, decorated by Bracquemond with Japanese motifs inspired by the farmyard and fishing lakes. It is the most beautiful modern crockery I have ever come across”.

Cavolo verde, Bordallo Pinheiro, dal 1884 Nella dissacrante visione di Pinheiro, intellettuale e caricaturista oltre che maestro ceramista portoghese, è una verdura umile come il cavolo un ricco servizio per la tavola. La sua linea di piatti, ciotole e zuppiere incarna anche una sintesi tra le prime avanguardie Art nouveau e la lunga tradizione di ceramica rustica del distretto di Caldas, dove la sua produzione è ancora attiva.

Piatti di Natale, Royal Copenhagen, 1908 Esito di un’intuizione di marketing ante litteram, i Christmas plates di Royal Copenhagen sono il primo celebre caso di una serie di piatti lanciata per stimolare il collezionismo. Dal 1908, questo storico marchio danese lancia a cadenza annuale un nuovo piatto che reinterpreta con un disegno originale il tema natalizio e stagionale. A non cambiare sono i classici colori bianco e blu cobalto, che dal 1775 distinguono questa produzione nata sotto l’egida della casa reale danese.

Catene, Gio Ponti, Ginori 1735 Sviluppata a partire da una serie di disegni di Ponti del 1926, questo servizio sposa il bordo oro che contraddistingue numerosi servizi in porcellana, in particolar modo della tradizione francese, con un tratto geometrico ispirato ai motivi classici.

Pressed Glass, Aino Aalto, Pressed Glass 4644, Ittala, 1932 Esito di un concorso indetto dall’azienda finlandese Pressed Glass 4644, questa linea piatti oggi in produzione per Ittala esprime una visione democratica e moderna per un oggetto del quotidiano. Prodotto a stampo a costi contenuti, ogni pezzo del servizio si distingue per nervature concentriche che conferiscono robustezza pur contenendo la quantità di materiale impiegato. Il progetto si è aggiudicato la medaglia d’oro alla Triennale di Milano del 1936.  

Piatto Tema e Variazioni n.1, Piero Fornasetti, Fornasetti Forse il piatto decorativo più celebre dell’italianità novecentesca, Tema e Variazioni n.1 nasce dalla mano di Piero Fornasetti come tributo alla sua musa, la cantante lirica Lina Cavalieri. Il suo volto lieve e delicato – ormai iconico, quasi quello di una novella Gioconda - si apre ad un gioco interpretativo che darà vita ad una serie di repliche ogni volta giocate su un cambio di contesto sospeso tra lirismo e ironia. In porcellana decorata a mano, può essere anche appeso al muro grazie ai due fori posteriori.

Fantasia Italiana, Gio Ponti, Ceramiche Franco Pozzi, 1967 Trent’anni dopo l’esperienza alla Richard Ginori, la versatilità di Gio Ponti sceglie un linguaggio eminentemente grafico per questa linea di piatti disegnata per Franco Pozzi. Caratterizzati da un’ampia gamma di motivi astratti, i piatti, decorata a decalcomania, ricorrono a forti contrasti cromatici per vivacizzare la loro carica espressiva.

La Boule, Helen von Boch, Villeroy & Boch, 1971 Forma nella forma, la Boule di Villeroy & Boch è un oggetto unico nel suo genere. Impilando con astuzia un servizio di piatti entro una forma sferica, La Boule si afferma come una soluzione salva spazio capace di mescolare sorpresa e utilità e di incarnare lo spirito del prodotto regalo. La sua realizzazione rappresenta inoltre una sfida tecnica riuscita visto che, una volta nel forno, i suoi pezzi si riducono tutti in maniera costante, a dispetto del rapporto tra pieni e vuoti che li distingue. Negli anni, la sua forma essenziale si è arricchita di diverse interpretazioni decorative ispirate a stili e tendenze di attualità.

Reversed Volumes, Mischer’Traxler, 2010 Calchi in ceramica di una serie di verdure, questa linea di piatti e recipienti incarna la sperimentazione DIY che nell’ultimo decennio ha investito il settore del food e creato corto circuiti interessanti con il mondo del design. La resa espressiva delle texture offre un interessante confronto con il livello di dettagli di ciascun vegetale, restituendone in maniera sinestetica una più ampia percezione sensoriale, capace di evocare persino il tatto.

Jellies, Patricia Urquiola, Kartell, 2012 La plastica entra nel mondo della tavola a partire dagli anni ’60, quanto i pratici ed indistruttibili piatti in melammina si affermano nel mercato americano e quindi in tutto il mondo sia come servizi per tutti i giorni, sia nella variante del servizio da camping e picnic (pensiamo ad esempio alla produzione di GioStyle). La versione della Urquiola per Kartell fonde il tema del servizio da tavola con quello del gioiello, usando le sfaccettature del profilo come un pattern capace di nobilitare un indispensabile supporto quotidiano. È poi il nome a chiarire qualche elemento aggiuntivo sull’identità dell’oggetto: Jellies si rifà infatti gli stampi per le gelatine usate in ambito alimentare, di cui differenti pattern si combinano nella linea arricchendo il servizio di interessanti effetti ottici anche grazie a calibrate scelte cromatiche.  

Hybrid, CntrlZak, Seletti, 2012 A new classic with a great commercial success, Hybrid is the result of an apparently banal, yet unprecedented intuition: combining the halves of two different plates, playing with a lack of symmetry. The hybrid does not just bring together different profiles and motifs, but also combines opposing decorative cultures in a sort of new cross-breeding open to contamination and difference.

Dunes, Philippe Malouin, 1882 LTD., 2013 Una inedita texture, particolarmente porosa, distingue al primo sguardo questo progetto di Philippe Malouin. Ma a sorprendere è anche l’approccio low-tech messo in campo dal designer canadese, che ha per Dunes ha progettato una stampante 3D analogica per creare stampi da pile di zucchero. Convogliati nella stampante, i granelli di zucchero convergono sul suo piatto dove danno vita a strutture simili a dune di sabbia, da cui il nome. La loro forma è utilizzata per creare un negativo, che attraverso vari passaggi permette la creazione di piatti in porcellana rifiniti con uno smalto opaco.

Totte, Nendo, 2015 Quante volte ci siamo scottati portando in tavola piatti bollenti? L’ampio manico che lo studio giapponese Nendo aggiunge sul bordo delle sue stoviglie chiama in causa il design delle pentole, e come per quest’ultime permette di maneggiare con tranquillità una superficie bollente, rimuovendo un piccolo inconveniente del vivere quotidiano. Alle linee semplici, addolcite dai bordi stondati, si aggiunge una delicata scelta cromatica che spazia dal bianco e dal celeste fino al rosa, al tortora e al blu.

Rossetti con bordi dorati, Maurizio Cattelan e Pierpaolo Ferrari, Toilet Paper Emblema di un divertissement ironicamente provocatorio e tutto sommato bonario, questo piatto della collezione Toilette Paper parla un linguaggio universale – da cui il successo commerciale di tutta la serie – giocando sui riflessi istintivi scatenati dalle rotture di codice riguardo l’uso e l’accettabilità degli oggetti in un dato contesto.

The White Snow Agadir, Antonia Astori e Paola Navone, Driade Classico tra i servizi di tutti i giorni, questo servizio di porcellana bianca rivive dopo il suo primo lancio del 1971 sotto la firma di Antonia Astori grazie alla collaborazione di Paola Navone, che allarga ad altre culture l’universo delle decorazioni possibili creando una forma di rmonico meticciato culturale.

Dressed en plein air, Marcel Wanders, Alessi, 2011 L’intuizione di Wanders porta spesso a riposizionare dei decori là dove non ce li saremmo aspettati. È il caso, spostandoci all’illuminotecnica, di Skygarden per Flos. Ed è anche il caso di Dressed en plein air per Alessi, dove un intricato motivo si estende sull’ampio bordo dei piatti come, un po’ a sorpresa, sul retro del fondo. L’altro slittamento è che, a dispetto dei riferimenti visivi propri del mondo della porcellana, i piatti sono realizzati in melammina, disattendendo le aspettative ma anche ponendosi come alternativa più sostenibile rispetto ai piatti usa e getta in plastica.

Maarten Baas, Valerie Objects, 2019 È una linea di piatti che si fa vanto della propria irregolarità, quella proposta da Marteen Baas secondo un approccio formale che lo contraddistingue e che ha già sperimentato in altri progetti su differente scala. La scelta della palette di grigi non è punitiva, ma si riallaccia ad un’estetica nordica creando possibilità di confronto interessanti tra differenti tonalità.

Table Nomade, Paola Navone, Serax Tra le varie riletture della tradizione artigianale locale, il progetto Table Nomade riattualizza con gusto grafico pattern decorativi di differenti culture senza abbandonarsi a scelte stilistiche folkloristiche e nostalgiche.

L’antenato del piatto, la ciotola, non è solo uno dei primi manufatti umani, ma anche tra quelli che sono stati utilizzati con maggiore continuità per migliaia di anni. Eppure, le sue caratteristiche durante l’evoluzione della nostra cultura materiale sono tutt’altro che statiche. Passando dai cavernicoli alle società di corte, il piatto non si definisce più nella sua singolarità, quanto in un’ottica sistemica. Trasformato in un servizio, verrà accompagnato da precise regole di etichetta e apparecchiatura, e a seconda della sua qualità e decorazione racconterà dell’appartenenza a specifiche classi sociali e a paesi di origine.

Con la diffusione del cosiddetto “servizio alla russa”, avvenuta ai tempi di Napoleone, le classi più abbienti abbandonano la formula del banchetto a favore di una tavola apparecchiata così come la conosciamo oggi. Sempre a quell’epoca, sono già attive da un centinaio di anni in Inghilterra, Francia, Germania, Danimarca e Italia le grandi manifatture di porcellana – quest’ultima, l’oro bianco, nato in Cina intorno all’anno mille – operative per la maggior parte sotto l’egida delle rispettive case regnanti. Custodi di un inestimabile savoir faire, faranno di specifici colori e motivi la manifestazione del proprio luogo di origine. Accanto, molte manifatture regionali che successivamente si affermeranno in particolar modo in campo ceramico, trasformeranno materiali, tecniche e decori in un capitale artigianale capace di identificare un territorio e costituirne uno dei tratti più rilevanti della propria identità.

Fertile terreno di scambio con tutte le arti decorative, i piatti restano una superficie privilegiata dove sperimentare forme, pitture e applicazioni, e con essi rendere tangibile un patrimonio affettivo per quanti hanno fatto dell’uso di uno specifico servizio di piatti una consuetudine quotidiana estesasi per decine di anni. I designer, dal canto loro, continuano a trovare nei servizi per la tavola un formidabile stimolo per la propria fantasia. Nuovi stimoli, ancora, li offrono materiali e tecniche produttive rinnovate, che vedono spesso nella piccola serie un formato possibile di mediazione tra mercato e la sperimentazione condotta da piccoli studi.

Ci si interroga spesso se il mondo del design abbia bisogno di una nuova sedia: pensandoci bene, lo stesso si potrebbe dire di un nuovo piatto. Scommettendo sulla possibilità di poter innovare anche gli oggetti più banali, questa predisposizione dei designer a riaffacciarsi al mondo del complemento per la tavola con progetti sempre nuovi ci fa ben sperare. Suggerendoci che, a dispetto della longevità del formato-piatto nella storia dell'uomo, nuove idee possano continuare a stupirci, rinnovando il vincolo con questo utensile imprescindibile.

Opening image courtesy Ginori 1735.

Servizio da cucina, Josiah Wedgwood, 1768

L’applicazione del vapore ai torni modifica una modalità produttiva che trova le sue radici in un processo vecchio di decine di migliaia di anni. In Inghilterra, l’apertura a Londra nel 1768 del primo negozio di porcellane Wedgwood – una delle più grandi manifatture europee, già attiva dalla seconda metà del Settecento con il suo centro produttivo nello Staffordshire – offrirà al pubblico inglese un vasto catalogo di porcellane anche a buon mercato, alcune delle quali esito della collaborazione con grandi designer, uno tra tutti Henry Cole.
 

Antico Doccia, Ginori 1735

  Doccia è la frazione dove, non lontano da Firenze, viene fondata nel 1735 la manifattura Richard Ginori (oggi Ginori 1735). Tra i tanti modelli nati dalla lunga sperimentazione di questa industria di oro bianco – e i cui art director iniziano con Gio Ponti e finiscono con Alessandro Michele - la linea Antico Doccia è quella che più incarna un’idea di classicità quotidiana e agevole, “senza sforzo”. Non è un caso, allora, se il suo successo l’ha portata ad essere reinterpretata in seno alla stessa azienda, diventando un territorio di espressione di interventi decorativi sotto la mano di Paola Navone, o finendo vilmente copiata anche da grandi gruppi del settore arredamento.   

Rousseau, Félix Bracquemond, Rousseau, 1866

Il giapponismo è stata una contaminazione fortunata per il sistema delle arti. Anche nei servizi per la tavola, l’apertura ad una cultura fino a quel momento inesplorata modificherà gli stilemi della classicità che dominavano i servizi per la tavola. Il servizio Rousseau, dal nome del suo editore Eugène Rousseau, ne è un caso esemplare: commissionato con disegni dell’incisore Félix Bracquemond ispirati alla flora e alla fauna, incontrerà un successo ampio e trasversale. A questo proposito, rimane celebre una frase di Stéphane Mallarmé, che dichiarò di sentirsi obbligato a “pay homage to this admirable and unique service, decorated by Bracquemond with Japanese motifs inspired by the farmyard and fishing lakes. It is the most beautiful modern crockery I have ever come across”.

Cavolo verde, Bordallo Pinheiro, dal 1884

Nella dissacrante visione di Pinheiro, intellettuale e caricaturista oltre che maestro ceramista portoghese, è una verdura umile come il cavolo un ricco servizio per la tavola. La sua linea di piatti, ciotole e zuppiere incarna anche una sintesi tra le prime avanguardie Art nouveau e la lunga tradizione di ceramica rustica del distretto di Caldas, dove la sua produzione è ancora attiva.

Piatti di Natale, Royal Copenhagen, 1908

Esito di un’intuizione di marketing ante litteram, i Christmas plates di Royal Copenhagen sono il primo celebre caso di una serie di piatti lanciata per stimolare il collezionismo. Dal 1908, questo storico marchio danese lancia a cadenza annuale un nuovo piatto che reinterpreta con un disegno originale il tema natalizio e stagionale. A non cambiare sono i classici colori bianco e blu cobalto, che dal 1775 distinguono questa produzione nata sotto l’egida della casa reale danese.

Catene, Gio Ponti, Ginori 1735

Sviluppata a partire da una serie di disegni di Ponti del 1926, questo servizio sposa il bordo oro che contraddistingue numerosi servizi in porcellana, in particolar modo della tradizione francese, con un tratto geometrico ispirato ai motivi classici.

Pressed Glass, Aino Aalto, Pressed Glass 4644, Ittala, 1932

Esito di un concorso indetto dall’azienda finlandese Pressed Glass 4644, questa linea piatti oggi in produzione per Ittala esprime una visione democratica e moderna per un oggetto del quotidiano. Prodotto a stampo a costi contenuti, ogni pezzo del servizio si distingue per nervature concentriche che conferiscono robustezza pur contenendo la quantità di materiale impiegato. Il progetto si è aggiudicato la medaglia d’oro alla Triennale di Milano del 1936.  

Piatto Tema e Variazioni n.1, Piero Fornasetti, Fornasetti

Forse il piatto decorativo più celebre dell’italianità novecentesca, Tema e Variazioni n.1 nasce dalla mano di Piero Fornasetti come tributo alla sua musa, la cantante lirica Lina Cavalieri. Il suo volto lieve e delicato – ormai iconico, quasi quello di una novella Gioconda - si apre ad un gioco interpretativo che darà vita ad una serie di repliche ogni volta giocate su un cambio di contesto sospeso tra lirismo e ironia. In porcellana decorata a mano, può essere anche appeso al muro grazie ai due fori posteriori.

Fantasia Italiana, Gio Ponti, Ceramiche Franco Pozzi, 1967

Trent’anni dopo l’esperienza alla Richard Ginori, la versatilità di Gio Ponti sceglie un linguaggio eminentemente grafico per questa linea di piatti disegnata per Franco Pozzi. Caratterizzati da un’ampia gamma di motivi astratti, i piatti, decorata a decalcomania, ricorrono a forti contrasti cromatici per vivacizzare la loro carica espressiva.

La Boule, Helen von Boch, Villeroy & Boch, 1971

Forma nella forma, la Boule di Villeroy & Boch è un oggetto unico nel suo genere. Impilando con astuzia un servizio di piatti entro una forma sferica, La Boule si afferma come una soluzione salva spazio capace di mescolare sorpresa e utilità e di incarnare lo spirito del prodotto regalo. La sua realizzazione rappresenta inoltre una sfida tecnica riuscita visto che, una volta nel forno, i suoi pezzi si riducono tutti in maniera costante, a dispetto del rapporto tra pieni e vuoti che li distingue. Negli anni, la sua forma essenziale si è arricchita di diverse interpretazioni decorative ispirate a stili e tendenze di attualità.

Reversed Volumes, Mischer’Traxler, 2010

Calchi in ceramica di una serie di verdure, questa linea di piatti e recipienti incarna la sperimentazione DIY che nell’ultimo decennio ha investito il settore del food e creato corto circuiti interessanti con il mondo del design. La resa espressiva delle texture offre un interessante confronto con il livello di dettagli di ciascun vegetale, restituendone in maniera sinestetica una più ampia percezione sensoriale, capace di evocare persino il tatto.

Jellies, Patricia Urquiola, Kartell, 2012

La plastica entra nel mondo della tavola a partire dagli anni ’60, quanto i pratici ed indistruttibili piatti in melammina si affermano nel mercato americano e quindi in tutto il mondo sia come servizi per tutti i giorni, sia nella variante del servizio da camping e picnic (pensiamo ad esempio alla produzione di GioStyle). La versione della Urquiola per Kartell fonde il tema del servizio da tavola con quello del gioiello, usando le sfaccettature del profilo come un pattern capace di nobilitare un indispensabile supporto quotidiano. È poi il nome a chiarire qualche elemento aggiuntivo sull’identità dell’oggetto: Jellies si rifà infatti gli stampi per le gelatine usate in ambito alimentare, di cui differenti pattern si combinano nella linea arricchendo il servizio di interessanti effetti ottici anche grazie a calibrate scelte cromatiche.  

Hybrid, CntrlZak, Seletti, 2012

A new classic with a great commercial success, Hybrid is the result of an apparently banal, yet unprecedented intuition: combining the halves of two different plates, playing with a lack of symmetry. The hybrid does not just bring together different profiles and motifs, but also combines opposing decorative cultures in a sort of new cross-breeding open to contamination and difference.

Dunes, Philippe Malouin, 1882 LTD., 2013

Una inedita texture, particolarmente porosa, distingue al primo sguardo questo progetto di Philippe Malouin. Ma a sorprendere è anche l’approccio low-tech messo in campo dal designer canadese, che ha per Dunes ha progettato una stampante 3D analogica per creare stampi da pile di zucchero. Convogliati nella stampante, i granelli di zucchero convergono sul suo piatto dove danno vita a strutture simili a dune di sabbia, da cui il nome. La loro forma è utilizzata per creare un negativo, che attraverso vari passaggi permette la creazione di piatti in porcellana rifiniti con uno smalto opaco.

Totte, Nendo, 2015

Quante volte ci siamo scottati portando in tavola piatti bollenti? L’ampio manico che lo studio giapponese Nendo aggiunge sul bordo delle sue stoviglie chiama in causa il design delle pentole, e come per quest’ultime permette di maneggiare con tranquillità una superficie bollente, rimuovendo un piccolo inconveniente del vivere quotidiano. Alle linee semplici, addolcite dai bordi stondati, si aggiunge una delicata scelta cromatica che spazia dal bianco e dal celeste fino al rosa, al tortora e al blu.

Rossetti con bordi dorati, Maurizio Cattelan e Pierpaolo Ferrari, Toilet Paper

Emblema di un divertissement ironicamente provocatorio e tutto sommato bonario, questo piatto della collezione Toilette Paper parla un linguaggio universale – da cui il successo commerciale di tutta la serie – giocando sui riflessi istintivi scatenati dalle rotture di codice riguardo l’uso e l’accettabilità degli oggetti in un dato contesto.

The White Snow Agadir, Antonia Astori e Paola Navone, Driade

Classico tra i servizi di tutti i giorni, questo servizio di porcellana bianca rivive dopo il suo primo lancio del 1971 sotto la firma di Antonia Astori grazie alla collaborazione di Paola Navone, che allarga ad altre culture l’universo delle decorazioni possibili creando una forma di rmonico meticciato culturale.

Dressed en plein air, Marcel Wanders, Alessi, 2011

L’intuizione di Wanders porta spesso a riposizionare dei decori là dove non ce li saremmo aspettati. È il caso, spostandoci all’illuminotecnica, di Skygarden per Flos. Ed è anche il caso di Dressed en plein air per Alessi, dove un intricato motivo si estende sull’ampio bordo dei piatti come, un po’ a sorpresa, sul retro del fondo. L’altro slittamento è che, a dispetto dei riferimenti visivi propri del mondo della porcellana, i piatti sono realizzati in melammina, disattendendo le aspettative ma anche ponendosi come alternativa più sostenibile rispetto ai piatti usa e getta in plastica.

Maarten Baas, Valerie Objects, 2019

È una linea di piatti che si fa vanto della propria irregolarità, quella proposta da Marteen Baas secondo un approccio formale che lo contraddistingue e che ha già sperimentato in altri progetti su differente scala. La scelta della palette di grigi non è punitiva, ma si riallaccia ad un’estetica nordica creando possibilità di confronto interessanti tra differenti tonalità.

Table Nomade, Paola Navone, Serax

Tra le varie riletture della tradizione artigianale locale, il progetto Table Nomade riattualizza con gusto grafico pattern decorativi di differenti culture senza abbandonarsi a scelte stilistiche folkloristiche e nostalgiche.