Il lascito di Valentine Schlegel, la signora del fuoco

Artigiana, artista e designer, ampliò i confini del camino tradizionale sperimentando con nuove tecniche e materiali, realizzando oggetti di uso quotidiano come ciotole, accessori, abbigliamento e materiali di scena.

Valentine Schlegel (1925-2021) non amava stare sotto i riflettori. Il che può sembrare sorprendente, data la sua pressoché incontrollabile popolarità e l’aura che avvolge la sua enigmatica opera.
Per molti versi Schlegel era la sua arte, e condusse una vita di costante esplorazione artistica facendo la spola tra Parigi e la sua città natale, Sète, un paese di pescatori nel Sud della Francia. Inoltre, nel corso della sua carriera, si può affermare che ricoprì svariati ruoli - quello di ceramista, scalpellina, architetta di interni, costumista e arredatrice di scena, falegname, artigiana e persino direttrice creativa per Agnès Varda, amicizia d’infanzia che coltivò per tutta la vita.
“Non ho mai cercato di creare un’opera,” dichiarò una volta. “Ho dovuto vivere e sopravvivere con ciò che avevo - un corpo solido. Un lavoro legato al corpo umano e all’utilitarismo. Amo l’eccezionale quotidianità. Tutto inizia con il movimento”.

Attraverso importanti mostre e pubblicazioni recenti e in seguito alla morte dell’artista nel maggio 2021, il pubblico ha riscoperto l’ampio corpus di opere di Valentine Schlegel, gran parte delle quali realizzate su commissione e ora conservate in collezioni private. Tra queste troviamo la celebre serie di caminetti in staff - un tipo di gesso - per i quali è particolarmente conosciuta. Per decenni, Schlegel progettò e costruì all’incirca un centinaio di caminetti per le case di amici e clienti affezionati. Questa straordinaria opera, alquanto insolita per un’artista che fino a quel momento aveva concentrato tutto il proprio talento nella creazione di oggetti in ceramica più convenzionali, iniziò nel 1959, dopo l’ultimazione di un vaso di ceramica per degli amici che tuttavia non avevano idea di dove collocarlo all’interno della loro casa.
La soluzione che Schlegel trovò fu tanto innovativa quanto stravagante: progettò infatti un monumentale camino in gesso su misura che fungesse per il vaso sia da supporto fisico che da cornice artistica

Valentine Schlegel con i suoi assistenti, Issy-les-Moulineaux, 1971. Foto courtesy Suzanne Fournier.

Poco dopo, con l’aiuto del suo assistente principale Frédéric Sichel-Dulong, Schlegel iniziò a creare numerosi altri caminetti, ognuno dei quali aveva una personalità artistica unica e si integrava perfettamente con la struttura architettonica già esistente della casa ospitante. Oltre a una solida padronanza del materiale, la creazione dei caminetti richiedeva grandi sforzi fisici e molto tempo - anche un mese. Dopo aver realizzato un modellino del progetto e ottenuto l’approvazione del cliente, Schlegel costruiva uno scheletro in ferro e rete metallica da fissare al muro per definire il contorno del camino. In seguito realizzava lo strato interno in gesso comune, e poi passava agli strati esterni in gesso per modellaggio, il quale veniva applicato con cura con l’aiuto di una cazzuola di finitura.

Il risultato è un notevole corpus di opere in sé e per sé, un gesamtkunstwerk nella sua forma più pura. Le creazioni di Schlegel incoraggiano il pubblico a riflettere e a viaggiare sulle ali della fantasia, lasciando che lo sguardo si posi su tutte le curve sinuose e le apparentemente infinite composizioni dei camini. Come spiegò Schlegel nel 1980, i tratti sensuali dei caminetti simboleggiano la stessa maestosità delle vele spiegate al vento che l’avevano sempre affascinata, fin dalla sua infanzia affacciata sul Mediterraneo. Ispirandosi proprio a questo motivo simbolico, Schlegel ampliò i confini della forma tradizionale del camino, non solo nascondendo le tradizionali fornaci e le canne fumarie all’interno delle pareti, ma anche allargando la cornice del camino per creare svuotatasche, mensole, panche, portalegna e sculture astratte e in rilievo.

Uno dei suoi progetti di maggior successo fu quello per il soggiorno dell’attrice Jeanne Moreau, dove mensole e decorazioni in rilievo vanno dal pavimento fino al soffitto, correndo da una parete all’altra e creando una composizione eterea che evoca contemporaneamente nuvole, venti e mari in tempesta.Quando poi, esattamente secondo il volere di Schlegel, entrano in gioco luci e ombre, la loro tridimensionalità aumenta ulteriormente, rendendole spettacolarmente organiche e performative nonostante la loro staticità.

Siccome venivano realizzati in situ e non facevano grandi apparizioni in pubblicazioni d’arte e di design, all’epoca i caminetti di Schlegel non attirarono particolarmente l’attenzione del pubblico. Andavano contro tutte le tendenze artistiche che dominavano il panorama culturale degli anni ‘60 e ‘70, periodo in cui l’estetica spaziale, “l’utopie du tout plastique” e i materiali prodotti in serie influenzavano fortemente il mondo del design.
Possiamo in gran parte attribuire la reintroduzione del lavoro di Valentine Schlegel all’artista e ricercatrice Hélène Bertin, la quale ha svolto una approfonditissima ricerca sulla sua opera e ha cercato di catalogare tutti i caminetti prodotti in Francia da Schlegel a partire dagli anni ‘50.
Ben presto, però, questo lavoro si è rivelato un arduo compito, in quanto molti caminetti non sono mai stati documentati, oppure sono andati distrutti o semplicemente sono stati dimenticati. La ricerca di Bertin l’ha portata a organizzare due mostre complete dedicate all’opera dell’artista, la prima al Centre d’Art Contemporain di Brétigny-sur-Orge nel 2017, e la seconda al Centre Régional d'Art Contemporain di Sète nel 2019. Bertin ha decisamente riportato Schlegel alla ribalta e, con la distanza tipica di una storica dell’arte, è riuscita a mettere in luce l’unicità del suo approccio sperimentale in un mondo esclusivo e prettamente maschile come quello della ceramica francese della seconda metà del Novecento - mondo dominato (in parte ancora oggi) da Jouve, Chambost e Capron.

Camino, Gif-sur-Yvette, 1977. Foto courtesy Hélène Bertin

“La ceramica contemporanea non mi piaceva. I vasi più belli erano quelli dipinti su tela, per esempio da Braque, con una libertà ritrovata. Ho pensato che creare vasi dovesse essere compito degli scultori”.
Sospesa in un punto indefinito tra scultura, architettura e ceramica, Valentine Schlegel è uscita dai sentieri battuti ed è rimasta sempre fedele alle sue radici mediterranee. I suoi contributi artistici non risiedono unicamente negli splendidi camini che ora campeggiano sulle riviste di design e sulle pagine di Instagram: l’artista ha costantemente sperimentato con nuove tecniche e materiali come il legno, creando una produzione diversificata di numerosi oggetti di uso quotidiano come ciotole, brocche, bottiglie e utensili, accessori, capi d’abbigliamento e persino materiali di scena.

Detto questo, i suoi caminetti rappresentano forse la testimonianza più pura della sua pratica ibrida ed esplorativa incentrata sulla creazione di oggetti funzionali che si distaccano in una certa misura dai canoni tradizionali delle arti ceramiche della seconda metà del secolo scorso. Inoltre, riflettono l’artista che era - una donna indipendente del sud della Francia, una poetessa visiva e una pensatrice libera dalla visione unica.

Amo l’eccezionale quotidianità. Tutto inizia con il movimento
Immagine in apertura:
Jeanne Moreau and Valentine Schlegel accanto alla sua parete appena conclusa e il camino, Pargi, 1968. Foto courtesy Suzanne Fournier.

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