La nuova vita del vetro degli elettrodomestici usati

Il vetro recuperato dalle filiere di smaltimento degli elettrodomestici è la materia costruttiva di Common Sands, una collezione di oggetti di Studio Plastique che critica le logiche dei sistemi industriali.

Questo articolo è stato originariamente pubblicato sull'allegato  Ecoworld, Domus 1058, giugno 2021.

Ogni anno, nel mondo, vengono generate qualcosa come 55 milioni di tonnellate di rifiuti elettronici che, a loro volta, danno vita a circa nove milioni di tonnellate di residui di vetro non riutilizzati. A partire da questo dato, i belgi di Studio Plastique hanno progettato Common Sands, una collezione di oggetti per la casa che utilizza il vetro recuperato dalle filiere di smaltimento degli elettrodomestici. L’obiettivo è quello di investigare la circolarità degli oggetti e rendere il progetto più scalabile e trasversale alle diverse categorie di prodotto.

La ricerca di Studio Plastique parte dall’analisi dei silicati creati dalla sabbia silicea naturale: tra gli altri, vetro, fibra di vetro, silicio. In questi materiali, di per sé facilmente riciclabili, si celano le risposte estetiche e prestazionali di nuovi prodotti, ma il nodo fondamentale rimane una filiera di produzione che ne limita il riutilizzo. Attualmente, il recupero dei rifiuti di vetro da apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE) non consente, infatti, i consueti processi di riciclaggio delle materie vetrose, poiché la variabilità delle caratteristiche dei silicati rende la “materia seconda” poco confacente agli standard dell’industria del settore e ai relativi trattamenti quali i rivestimenti di ossido di metallo o le colorazioni.

Studio Plastique, Common Sands

Nel progetto di Studio Plastique, proprio questa diversità ha finito per essere il segno distintivo della collezione. Dall’inizio della ricerca, nel 2016, sono state realizzate una serie di vasi e complementi di arredo e delle piastrelle. Queste ultime, in particolare, sono state sviluppate in collaborazione con lo studio Snøhetta e Fornace Brioni dopo oltre tre anni di sperimentazione. L’obiettivo resta la scalabilità del progetto: “Stiamo stipulando contratti con riciclatori, artigiani e industrie locali”, racconta Studio Plastique, “individuando le risorse nelle vicinanze e inserendole nelle catene di approvvigionamento che già esistono o che vanno costituendosi. Cerchiamo di affidarci alle tradizioni e alle tecniche locali della produzione vetraia, per testare e produrre un’ampia varietà di prodotti — dagli articoli per la casa agli infissi, fino ai materiali per l’architettura — tutti realizzati a partire dalle risorse del territorio. Il materiale determina e al contempo asseconda la funzione”.

Common Sands rappresenta una critica dei sistemi industriali. “Il nostro obiettivo è sviluppare una buona applicazione. Gli oggetti mettono in discussione la produzione del vetro industriale che punta a ottenere, su larga scala, un materiale omogeneo e dello stesso colore, mentre Common Sands è esattamente il contrario: ogni lotto è diverso. Anche i paradigmi di consumo vengono messi in discussione, ristabilendo un rapporto tra risorse e produzione e rendendo più consapevoli e coinvolti i consumatori. Vogliamo che gli oggetti raccontino da dove provengono, chi li ha trattati e a quali costi per l’ambiente. Perciò, i prodotti riportano incisioni ed etichettature molto dettagliate che riportano la storia della loro vita precedente, per Photos Studio Plastique ridefinire la relazione tra oggetto e utente”.

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