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Breve storia delle spiaggine, icone automobilistiche delle estati anni ‘60

Derivate da modelli di grande serie, le auto da spiaggia interpretarono il desiderio di libertà di tutto un decennio. Un formidabile terreno di sperimentazione per carrozzieri e case automobilistiche.

Poche tipologie di automobile sono così legate a un luogo specifico e a una precisa stagione dell’anno quanto le “spiaggine”. Il luogo lo si capisce fin dal nome, di origine incerta ma che forse allude alle sedie pieghevoli da mare: le spiaggine sono pensate per essere utilizzate innanzitutto sul litorale, o nelle sue vicinanze.

La stagione è evidente dalla conformazione delle loro lamiere: in linea di massima, niente portiere e niente padiglione per le auto estive per eccellenza, ben protette da solidi anticicloni d’agosto. In effetti, è proprio nei termini di una “sottrazione” di componenti, di una “riduzione” di superfici e di una generale “semplificazione”, tecnica e concettuale, che può essere descritta al meglio la loro progettazione.

Le spiaggine nacquero in Italia negli anni ’50 come auto per gli happy few. Carrozzieri talentuosi (Boano, Ghia, Michelotti, Pininfarina) rivisitavano le FIAT della motorizzazione nazionale, innanzitutto la 600 e la 500, e realizzavano modelli unici o quasi per clienti d’eccezione. L’usanza si diffuse anche all’estero, ad esempio in Inghilterra, dove servirono da base le utilitarie della BMC, come la Mini.

Rapidamente, però, la spiaggina perse la sua connotazione elitaria e diventò l’icona automobilistica della prima epoca realmente di massa del turismo balneare. La quantità di modelli e i numeri di produzione di ciascuno restarono decisamente limitati, ma la spiaggina rappresentò nell’immaginario collettivo una voglia di vacanza e di contatto con la natura condivisa dai più tra gli anni ’60 e ’70, e venata anche di accenti hippie.

La Citroën Méhari, lanciata nel 1968, resta l’interpretazione più convincente mai proposta sul tema spiaggina. Innovativa nelle forme e nei materiali, con la carrozzeria realizzata interamente in ABS, fu prodotta per vent’anni in quasi 150 mila esemplari, più di ogni altra concorrente e soprattutto ben più della Renault Rodéo, sua rivale diretta, sul mercato dal 1970.

Citroën Méhari, 1968
Citroën Méhari, 1968

La chiusura di molti carrozzieri, l’imposizione di norme di sicurezza sempre più stringenti e il generale riorientarsi dei consumatori verso prodotti più “razionali” determinò, già durante gli anni ’70, il progressivo esaurirsi del fenomeno delle spiaggine. Recentemente, però, diverse case automobilistiche hanno presentato modelli che ne proseguono più o meno direttamente la genealogia, rielaborandola in chiave sportiva (la Smart Crossblade del 2002), originale ma pratica (la Citroën C3 Pluriel del 2003), retrò (la FIAT 500 “Spiaggina ’58” del 2018) o elettrica (la Volkwagen ID Buggy del 2019).

Alle spiaggine di oggi sono molto spesso proibiti i sentieri, le dune e i bagnasciuga dove spopolarono le loro antenate. L’auto del XXI secolo non può più essere letteralmente “da spiaggia”, ed è certamente un bene, ma la possibilità di trasferire l’atmosfera balneare anche sulla terraferma ha lo stesso appeal di sessant’anni fa.

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