Minimalista eppure massimalista, sempre sexy: il design di Tom Ford

A seguito della notizia del suo ritiro dal brand che porta il suo nome, ripercorriamo la carriera di Ford, da fashion designer a regista e icona di un glamour senza tempo e tutto americano.

La via di Tom Ford per il successo è sempre stata l'unione di uno stile minimalista e massima libido. Ford prospera in questa opposizione sensuale santificata; e solo lui riconosciamo la crezione di design minimali con la stessa ferocia di un massimalista. Lo stilista texano ha di recente annunciato la sua ultima collezione dopo aver lavorato per quasi trent’anni nel mondo della moda, accumulando una produzione culturale straordinaria dai suoi anni influenti presso Gucci, Yves Saint Laurent e il brand che ne porta il nome – un marchio che ha appena venduto a Estée Lauder per 2,8 miliardi di dollari.

Foto di achimch

In un editoriale del 2005 per W Magazine, scattato da Steven Klein intitolato “Valley of The Dolls,” si vede Ford con un con una levigatrice di dimensioni industriali che leviga l’abbronzato fondoschiena di un uomo biondo ossigenato. È sintomatico di come Tom Ford sia arrivato al successo lucidando quello che all’apparenza era grezzo per rivelarne il luccichio, l’eleganza, il glam

1979 B.G. (Prima di Gucci)

Per un individuo con un’identità tanto affermata, è difficile immaginare un tempo in cui quell’identità non significava nulla. Nel 1979 un giovane Tom Ford si trasferisce a New York per studiare storia dell’arte. Abbandona dopo solo un anno per concentrarsi sulla recitazione in spot televisivi. Mentre frequentava la New York University, era stato presentato a quella che sarebbe diventata una delle pietre miliari delle sue influenze stilistiche, lo Studio 54. Un simbolo di tutti gli eccessi americani; glamour esagerato ed espressione sensuale in parti uguali. Ford ha anche detto che quel periodo “è diventato visivamente parte di quello che sono i suoi gusti”.

Dopo aver guadagnato un po’ di soldi grazie ai ruoli come attore, Ford si iscrive alla Parson’s, dove per un po’ studia architettura (cosa che decide di nascondere quando cerca di sfondare nel mondo del fashion) prima di passare alla moda. Dopo la laurea, Ford diventa assistente della stilista di abbigliamento sportivo Cathy Hardwick, da cui si fa notare dopo averla chiamata ogni giorno per un mese intero. Due anni più tardi, nel 1998, passa a Perry Ellis come design director, un brand all’epoca guidato da Marc Jacobs.

1990, il debutto da Gucci

Il famoso punto di svolta della carriera di Ford avviene quando viene ingaggiato da Gucci, dove diventa il capo stilista del prêt-à-porter femminile del marchio. Il Gucci in cui entra Tom Ford non è il Gucci che conosciamo oggi. Nel caso in cui non abbiate ancora visto la recente ricostruzione drammatizzata della storia di Gucci firmata da Oliver Stone, nel 1990 il marchio si trova ad affrontare una crisi finanziaria ed è sull’orlo della bancarotta. A quel tempo Gucci era criticato per i suoi design troppo incentrati solo sul logo; non aveva una concreta forma di direzione creativa, come invece è metodico fare nell’attuale sistema del lusso. Oggi, spesso sono singoli individui i responsabili della direzione creativa presso marchi storici, come succede con Daniel Lee per Bottega Veneta prima e Burberry poi, o quando Raf Simons è diventato il direttore artistico di Christian Dior. Questi stilisti fondono i loro singoli caratteri distintivi con il patrimonio del marchio, e questo è precisamente quello che fa Ford da Gucci durante il suo mandato.

In quell’epoca Tom Ford coltiva la sua estetica, commercializzandola  Centrale a quest’estetica e questa mentalità di design è l’iperconsapevolezza del fatto che il  corpo è un elemento imprescinbile nella moda. In una intervista a Vogue, ricordando un bikini mostrato in una pubblicità di Gucci nel 1997, Ford sottolinea come il segno dell’abbronzatura lasciato dal bikini formasse una doppia G, come per ipersensualizzare attraverso il logo Gucci coloro che lo indossavano.

Analogamente, per una campagna del 2003, la modella è raffigurata con la G di Gucci rasata sul pube, una campagna immagine tanto iconica che Supreme l’ha persino ripresa per una maglietta della collezione primavera del 2022. Il rapporto tra design e corpo è così intrinseco che, a tratti, quest’ultimo prende il sopravvento. Questa mentalità attinge direttamente dalle vene dello zeitgeist degli anni ’90, un decennio intriso di eleganza, minimalismo e una sessualità sovversiva che metteva al centro il corpo come reazione alla natura fortemente appariscente del design e della cultura degli anni ’80, in cui il corpo era spesso nascosto sotto eccessivi strati di tessuto e spalline ingombranti.

La t-shirt di Supreme, collezione primavera 2022, ispirata alla pubblicità di Gucci del 2003

Ford viene promosso a direttore creativo nel 1994, e secondo Forbes, nel 2004, gioca un ruolo decisivo nella crescita delle vendite del 1.200% per quasi 3 miliardi di dollari. Oltre ai suoi modelli innovativi e sensazionali, le campagne pubblicitarie altamente provocative contribuiscono alla svolta di Gucci. Oltre a quella in cui  commercializza i peli pubici di una modella, come già raccontato, ricordiamo la campagna della collezione autunno-inverno del 1997, in cui viene raffigurato un threesome, o della primavera-estate 1998, in cui una modella sembra in procinto di praticare del sesso orale. In questi momenti è difficile immaginare una versione della storia di Tom Ford in cui il sesso non sia un attivo agente di vendita.

1998 Acquisizione di YSL

Nel 1998 grazie al successo di Ford, il Gruppo Gucci acquisisce Saint Laurent, ancora noto a quei tempi come Yves Saint Laurent, in cui era ancora presente il fondatore. Con questa mossa Ford diventa allo stesso tempo direttore creativo sia di YSL sia di Gucci. Non è un segreto che Saint Laurent non era fan di Ford. Nonostante all’inizio fosse favorevole all’acquisizione e al lavoro di Ford, presto il rapporto si inasprisce al punto che, come ha scritto André Leon Talley nel suo memoire The Chiffon Trenches (2020 – Trincee di chiffon), Saint Laurent arriva a scrivere una nota a Ford dopo una sfilata in cui dice “in 13 minuti sei riuscito a distruggere 40 anni di lavoro”. Allo stesso modo Heidi Slimane, che era stata nominata direttrice dell’abbigliamento maschile di Yves Saint Laurent nel 1996 e poi direttrice creativa dal 2012 al 2016, ha raccontato al New Yorker: “Non facevo rapporto a Tom […] non è uno stilista. È un uomo di marketing”.

Io non mi faccio di molly, io vesto Tom Ford / Internazionale, fate tornare il Concorde / I numeri non mentono, controlla il punteggio/ Tom Ford/ Tom Ford/ Tom Ford

Nonostante il rapporto turbolento con il marchio, il tempo trascorso a Yves Saint Laurent non è stato affatto un flop, anzi è stato spesso elogiato dalla stampa. Ford stesso ha detto che “non ricordo molto del tempo passato a Yves Saint Laurent”, aggiungendo “anche se credo che alcune delle mie migliori collezioni siano [lì]”.

2006 La nascita del marchio Tom Ford

Dopo una lotta di potere con Kering, che di fatto compra il Gruppo Gucci nel 1999, Ford lascia nel 2004 e un anno più tardi fonda il suo marchio omonimo. Lì inietta il suo codice sensuale ormai consolidato e utilizza la ricetta di marketing per il successo già vista nei suoi incarichi precedenti, creando RTW, calzature, cosmetici, profumi, accessori e borse.

Il marchio ha avuto una pioggia di riconoscimenti e impatti culturali, dalla firma degli abiti di James Bond per gli ultimi quattro film di Daniel Craig alla notorietà come scelta preferita dalle star, fino persino a ispirare la canzone di Jay Z Tom Ford, in cui rappa “I don't pop molly I rock Tom Ford, International bring back the Concorde“ (io non mi faccio di molly, io vesto Tom Ford, fate tornare il Concorde per i voli internazionali). Qui si riconosce che il marchio Tom Ford è sinonimo di un glamour senza tempo tutto americano; come scrive la rivista GQ nel 2021, “Tom Ford è l’americano perfetto: ambizioso, idealistico e sfacciato. La combinazione di sesso e celebrità ha contribuito a ridefinire la moda, passando da sottocultura europea a forza internazionale di cultura popolare”.

Ford è tornato a far parlare di sé dopo aver annunciato la vendita del marchio Ford a Estée Lauder per 2,8 miliardi di dollari, una vendita che lo ha reso miliardario.

Oggi: Tom Ford, regista?

Oltre all’attività da stilista, nel 2005 Ford ha anche lanciato una casa di produzione, la Fade to Black. Ha prodotto A Single Man (2006) con Colin Firth, Julianne Moore e Nicholas Hoult, che ha vinto ai British Academy Film Awards (BAFTA), e Animali notturni (2015), con Amy Adams, Jake Gyllenhaal, Michael Shannon e Aaron Taylor-Johnson, presentato in anteprima alla 73ª Mostra del Cinema di Venezia.

Immagine di apertura: courtesy Tom Ford

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