Incuriositi dalle immagini che accompagnano il lancio dei nuovi prodotti abbiamo chiesto a Christophe Penasse, Masquespacio, di raccontarci come sono nati questi prodotti e che effetto ha avuto l’esperienza del coronavirus.

Pensate che debba cambiare qualcosa con il coronavirus?
Siamo designer d’interni e di prodotto e quello che stiamo facendo, e non siamo gli unici, è di incorporare nel lavoro l’artigianato. Ma è difficile, molti dei nostri clienti sono abituati alla perfezione e non capiscono “la perfezione dell’imperfezione”, cioè il lavoro artigianale fatto su misura, il nostro studio sta andando in questa direzione. Ana ed io speriamo che pian piano le persone capiscano che bisogna produrre localmente e che ciò che va bene in un luogo non è detto che vada bene dappertutto. Per quel che riguarda il progetto d’interni non ho la sensazione che stia cambiando qualcosa ma ci auguriamo che succeda. Credo che ci saranno dei cambiamenti sui materiali, per esempio lo sviluppo di antibatterici, ma richiede tempo e denaro. E poi bisognerà capire se il mercato sarà disponibile a pagare di più un prodotto che incorpora i risultati della ricerca.

Il vostro lavoro però non è per il mercato di massa…
Sì noi lavoriamo per una clientela selezionata, e in effetti una differenza di prezzo potrebbe non essere un problema. Vedremo.

State pensando di fare delle edizioni limitate?
No. In particolare penso alla sedia Too Much che ha un’estetica che non molti possono apprezzare. Penso per esempio alla sensibilità che c’è a Milano e che non è così diffusa. Perciò credo che sarà di fatto un’edizione limitata senza bisogno che noi si ponga un limite. È una sedia costosa ma è prodotta interamente in Spagna con materiali di qualità. Cerchiamo un equilibrio tra qualità, autenticità e prezzo.

Guardando la sedia ho pensato subito a Sottsass, e al Postmoderno mi sbaglio?
No! In questo momento stiamo guardando molto al design italiano degli anni settanta ma anche alla dimensione emotiva di Memphis e di Alessandro Mendini. Se fossimo vissuti in quegli anni ne avremmo fatto parte. Nel nostro lavoro c’è anche un lato molto grafico e per questo Ettore Sottsass è una fonte d’ispirazione.

Quest’anno è saltata la Milano Design Week. Cosa ha comportato per voi?
È l’evento più importante al mondo e per noi è contemporaneamente lavoro e vacanza. Avremmo dovuto presentare la nuova collezione di sedute, inclusa la Too Much, ad Alcova. Per questo abbiamo lavorato sugli allestimenti che vedi. Ma sappiamo che quello che avremmo raggiunto a Milano non lo otterremo così facilmente, il momento dell’esposizione è anche vendita e acquisizione di clienti. Ora è come se stessimo lanciando in aria la collezione, sarà tutto più lento. Parlare con le persone, vedere gli oggetti dal vero, toccarli è tutta un’altra cosa. Il vantaggio è che per due mesi ci siamo concentrati sulla collezione, se fossimo venuti a Milano non ne avremmo avuto il tempo. Così un piccolo progetto si è evoluto ed è diventato un brand, il nostro brand, con prodotti diversi per tipologia e anche per numeri. Pensiamo per esempio che il vaso Ball Pot possa fare numeri più grandi della sedia.

Mi sembra che l’estetica di questi allestimenti e prodotti sia più spinta dei lavori che avete realizzato finora.
In effetti lo è. Stiamo lavorando da tempo in una direzione più artistica, indipendente dalle commesse, che definisca più uno stile che il possesso di un oggetto. Stiamo anche lavorando a materiali che non erano più al centro della ricerca come il legno, la ceramica. Tra pochi giorni lanceremo anche dei prodotti in ceramica, stiamo cercando di usare dei materiali più rispettosi della natura.