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Romanian Design Week: il design è un lusso culturale

Si è tenuta a Bucarest la settima edizione della RDW che ha aperto al pubblico palazzi storici per mostrare gli oltre 200 progetti selezionati.

Agnes Lukacs, veduta dell'installazione nella mostra principale © Romanian Design Week

Da sette anni ormai un’agenzia di eventi per la cosiddetta industria creativa, The Institute, realizza la Romanian Design Week con l’obiettivo di promuovere una cultura del design che per ora in Romania è ancora un lusso. È un lusso perché non è ancora sorretta da un’industria in grado di recepirla e promuoverla – c’è una sola azienda che produce oggetti di design, Ubikubi, ed è stata fondata da una coppia di giovani designer.

Per questo l’operazione tiene insieme tutto ciò che va sotto il nome di design, cioè tutto quanto è progetto: prodotto, grafica, architettura, moda. Non solo, la mostra principale viene realizzata in edifici storici del centro con lo scopo di rivitalizzarli o semplicemente di aprirli al pubblico. Dietro vi è un’operazione, dichiarata, di branding per creare un quartiere creativo che faccia da traino per la riconversione di edifici e la generazione di un’economia più solida e più contemporanea intorno al design, il Creativ Cartierul.

La mostra sul branding del quartiere – a cui si lega una parte del festival, ­con eventi disomogenei per qualità – è stata ospitata nell’ex sede di uno storico quotidiano l’Universul, un bell’edificio anni ’30, dietro al quale si sono già insediati alcuni studi di progetto. E lo sforzo comincia a dare i suoi frutti, soprattutto in termini culturali: il design è veramente lo strumento per affrontare un cambiamento sociale che il Paese sta lentamente affrontando.

L’allestimento della mostra principale, nella ex-sede delle Generali del 1906, è dello studio di architettura Attila Kim Architects, che lo progetta sin dalla prima edizione, riutilizzando una parte dei precedenti allestimenti e inserendo quest’anno dei mattoni che verranno poi restituiti all’azienda che li ha forniti.

La scarsità di fondi per l’allestimento fa sì che il progetto sia di fatto all’avanguardia: rappresenta quell’economia circolare che ancora stenta ad affermarsi nell’ambito degli allestimenti. Sono stati esposti circa 200 progetti frutto di una selezione operata dal comitato scientifico sugli oltre 500 ricevuti e la presentazione di Lille–Metropole World Design Capital 2020.

Miloš Jovanović, Harakiri Workshop
Miloš Jovanović, Harakiri Workshop

Tra i progetti di product design spiccano quelli che reinterpretano la tradizione in modi diversi, come il lavoro di Agnes Lukacs e quello di Deltacraft, una piattaforma collaborativa che ha lo scopo di rivitalizzare le attività tradizionali del delta del Danubio mettendo insieme designer e artigiani. Si fa notare anche il servizio da tè di Mihai Stamati in ceramica nera.

Il lavoro di Miloš Jovanović tra grafica e prodotto è ironico e intelligente. Il calendario perpetuo, in vendita, tra i possibili impegni e stati d’animo comprende la depressione, la protesta, il ciclo mestruale, la gioia, le vacanze. Sempre suo è il manifesto per un Harakiri Workshop che si tiene tutte le domeniche. La domenica è un giorno noioso!

La grafica è forse la parte più evoluta e originale di tutta la mostra, in parte perché corrisponde a una tradizione di lunga data ma anche perché la grafica costa poco. Stampare un manifesto, una cartolina o un bel libro costava già poco prima dei computer e continua a costare molto meno di una linea industriale di produzione di mobili e in generale di oggetti complessi.

Tanti i progetti di ogni genere dall’immagine coordinata, come quella di Simona Stanciu per un asilo, o il lavoro di Bianca Dumitrascu, all’illustrazione, ai manifesti. Alcuni grafici lavorano all’estero o hanno clienti internazionali, Italia compresa. Efficace il manifesto dello studio Daniel & Andrew nel cinquantenario della Primavera di Praga che recita: “Some visited us in 1968. You did not. So visit us in 2018”, riferito al rifiuto della Romania di invadere la Cecoslovacchia.

Tra i progetti editoriali è da segnalare un’idea al contrario: Scena9, dal web alla carta. Una rivista con cadenza annuale che deriva dal sito www.scena9.ro in rumeno e inglese il cui primo numero è uscito nel dicembre 2018, con lo scopo di ridare un tempo di lettura lento a chi si occupa di cultura in senso lato. Il progetto grafico di Radu Manelici, alla moda quanto basta, contiene delle doppie pagine molto riuscite e un approccio complessivamente originale, in sintonia con il progetto editoriale.

Tra i progetti di design di interni emergono lo studio Zeppelin con il carrello per la libreria della facoltà di architettura e il negozio di artigianato Meşteshukar Butiq di Stardust Architects, con arredi flessibili e semplici nei colori della terra e del legno chiaro.

La moda è ancora, almeno per alcuni, un linguaggio dal forte potenziale critico. Tra questi gli abiti di Ștefan Toma che ridisegnano le geometrie dell’abito e dei tessuti maschili, gessati e rigati da camicia; la capsule collection in maglia di Noemi Meilman e Robert Rațiu con un pattern che mette in gioco il diritto a scegliersi il partner, dello stesso sesso oppure no, e la biancheria intima di Skin Deep, disegnata e prodotta in Romania, con ricami che parlano di una sessualità femminile libera, “Not another love story”, oppure “No regrets” sulle mutande. Niente Barbie o Cenerentola per favore.

Medlife, veduta dell’installazione, mostra principale © Romanian Design Week
Medlife, veduta dell’installazione, mostra principale © Romanian Design Week

Come in ogni design week, ed evento, che si rispetti è necessaria la complicità, ovvero la sponsorizzazione, delle aziende. In questo caso due delle aziende partner hanno realizzato delle installazioni interessanti. L’immancabile multinazionale del mobile e del complemento svedese IKEA con due stanzine, la notte e il giorno, nero e bianco totale, realizzate con i loro prodotti.

E chissà se da lì passa anche la diffusione di quel gusto internazionale che mescola abilmente il mobile in stile con il design contemporaneo. La seconda, un’azienda privata sanitaria Medlife, ha presentato un raffinato progetto sulle malattie professionali – dalla danza all’agricoltura – raccontato con ritratti fotografici e schede scientifiche molto chiare.

In apertura: Agnes Lukacs, veduta dell'installazione nella mostra principale © Romanian Design Week

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