Il Museum of Italian Design apre le porte: un’intervista al direttore Joseph Grima

Una conversazione per esplorare il progetto alla Triennale che vuole rendere omaggio alla storia del design di Milano. 

Dal 9 aprile, il Triennale Design Museum di Milano aprirà il Museum of Italian Design, un’esposizione permanente che traccia la storia del design italiano dalla fine della seconda guerra mondiale a oggi.

Nata da un’iniziativa di Stefano Boeri, presidente della Triennale, e diretta dall’architetto, curatore ed ex direttore di Domus, Joseph Grima, la collezione comprende circa centosettanta icone del design italiano, esposte accanto a materiale documentario come registrazioni audio, fotografie e immagini pubblicitarie che contribuiscono a inquadrare ciascun oggetto nel suo contesto culturale.

Pensato per espandersi in uno spazio dedicato – oggi la mostra è collocata al piano terra dell’attuale edificio della Triennale – il progetto rappresenta un ulteriore passo nei piani di Boeri per rivitalizzare l’istituzione rendendo omaggio alla storia del design di Milano. Per saperne di più sul nuovo progetto, Domus ha parlato con Joseph Grima. 

Puoi darci una panoramica generale del Museum of Italian Design?

L’obiettivo di questa mostra è stabilire una base permanente per raccontare la storia del design italiano. Data la solida reputazione di Milano quale capitale mondiale del design, ci si potrebbe aspettare che in città ci sia un grande museo del design con una collezione permanente, ma per varie ragioni non è così. Ci sono diverse istituzioni dedicate in un modo o nell’altro a questa disciplina, ma non è ancora possibile vedere un’illustrazione della storia del design italiano e capire perché sia diventato così prominente e rispettato in tutto il mondo. Si tratta di una storia che molte persone nel campo del design conoscono almeno in parte, o pensano di conoscere, ma in realtà parliamo di una vicenda incredibilmente complessa e dettagliata, che credevamo meritasse davvero di avere una sede permanente.

Puoi parlarci di come è curata la nuova mostra permanente? Quali sono stati i criteri di scelta degli oggetti?

La mostra è organizzata cronologicamente, abbiamo voluto selezionare una serie di oggetti attraverso i quali sia possibile leggere un certo periodo della storia del design italiano. Ed è stato necessario essere piuttosto selettivi, perché tra i circa millecinquecento pezzi attualmente nella collezione della Triennale abbiamo scelto di esibirne tra i centocinquanta e i duecento. Piuttosto che impressionare lo spettatore con un grande volume di opere, ci interessava trovare alcuni pezzi che siano, in un certo senso, delle icone. Volevamo riproporre pezzi che molte persone già conoscono.

Allo stesso tempo, la premessa della mostra era che molti di questi pezzi non siano stati capiti correttamente, oppure che la loro genesi o la loro origine non siano veramente chiare. Quindi, una delle cose che abbiamo fatto, ad esempio, è un’intervista telefonica con tutti i designer viventi i cui pezzi sono esposti. Abbiamo chiesto loro di raccontarci la genesi di questi progetti, come si sono concretizzati. E abbiamo registrato le conversazioni in modo che il visitatore possa ascoltarle al telefono [all'interno della mostra]. L’idea è che sia più facile raggiungere un maggior grado di familiarità e comprensione delle opere esposte in questo modo che non semplicemente vedendole in un libro. O in una tipica mostra che raggruppa i capolavori più ovvi. Qui, perciò, troviamo davvero un livello più profondo di significato e la possibilità di contestualizzare il lavoro all’interno della storia di Milano e del design italiano nel corso del ventesimo secolo.

Marco Zanuso, Lady
Marco Zanuso, Lady, 1951, Arflex

Oltre ai pezzi in mostra e alle interviste audio, saranno inclusi altri materiali come documenti inediti, foto e pubblicità. Puoi dirci qualcosa a riguardo?

L'idea è mostrare questi oggetti non semplicemente in base al valore della loro forma o del loro aspetto, ma cercare di contestualizzarli all’interno della cultura dell’epoca. Questo è uno dei punti di forza della Triennale. Non è la più grande collezione al mondo, ma abbiamo moltissimo materiale che aiuta a capire i codici estetici del tempo e il contesto in cui sono nati questi oggetti. Questa narrativa parallela contestualizza gli elementi, permettendoci di raggiungere una comprensione più profonda di cosa significhino esattamente.

Puoi spiegare più nel dettaglio in che modo i visitatori sperimenteranno lo spazio?

La galleria curva inferiore è uno spazio molto lineare, che si presta ottimamente a un’organizzazione cronologica. A partire dal dopoguerra, immediatamente dopo il 1946, si è in grado di attraversare essenzialmente la storia del design, con una selezione di oggetti di ciascuno di questi decenni: dalla fine degli anni Quaranta agli anni Cinquanta e fino all’esplosione degli anni Sessanta e Settanta, tutto è narrato attraverso gli oggetti.

E parallelamente ci sarà una cronologia sinottica molto essenziale che riunisce le voci degli autori, i documenti contestuali, i materiali pubblicitari e così via. Ma sarà anche una cronologia scandita da quegli eventi storici a livello globale che sono stati fondamentali nel formare e plasmare la cultura dell’epoca. Quindi questa contestualizzazione è davvero alla base della mostra. 

C'è un oggetto che trovi particolarmente emblematico di questo progetto?

La mostra presenta numerosi pezzi straordinari, molti dei quali penso non siano adeguatamente considerati. Ce n’è uno che ha un significato molto importante per Domus: la Visetta per Visa, una macchina da cucire di Gio Ponti, che è un oggetto molto raro. Penso sia un pezzo che dimostra davvero l’ethos del design italiano: applicare un buon design anche a oggetti umili, pratici, quotidiani, che altrimenti non meriterebbero l’attenzione di un nome così prestigioso come Gio Ponti. Quindi ritengo che sia un oggetto per molti versi emblematico.

 

 

Ceretti, Derossi, Rosso. Pratone
Giorgio Ceretti, Pietro Derossi, Riccardo Rosso, Pratone, 1966, Gufram, 1971

In futuro hai dei piani di acquisizione? Come pensi di far crescere la collezione?

Non appena questa mostra sarà aperta il nostro piano è istituire un comitato di acquisizione, ovvero qualcosa che, stranamente, in passato la Triennale non ha mai avuto formalmente. L’idea è iniziare davvero a vedere come rafforzare la posizione della Triennale quale principale custode della storia del design italiano. Perciò espanderemo la collezione abbastanza largamente e rapidamente.

Al tempo stesso, stiamo lanciando un concorso per un ampliamento del museo del design. L’idea è di promuovere un’espansione che ci consenta di rendere accessibile la maggior parte della collezione. Tutto ciò porterà in futuro alla creazione di una nuova ala della Triennale in cui l’intera collezione sarà accessibile al pubblico. Inoltre, ricercatori, studiosi e persone interessate al design potranno accedere agli archivi completi.

Perché pensi che questo sia un buon momento per lanciare questo progetto?

Il momento migliore era vent’anni fa, ma in seconda battuta è adesso. Penso che sia un’iniziativa dovuta da tempo. Ma nello stesso momento penso che rientri perfettamente nel quadro della grande esuberanza e vitalità che Milano sta vivendo attualmente. È un’onda che vogliamo cavalcare. Stiamo definendo nuovi ambiziosi obiettivi per il futuro e pensiamo davvero a come la preminenza di Milano in questo campo possa essere sfruttata per inviare un segnale che questa era non è finita, è semplicemente in trasformazione. Milano abbonda di nuova energia e nuovi talenti.

Luogo:
Museum of Italian Design
Direttore:
Joseph Grima
Iniziativa di:
Stefano Boeri
Dove:
Milano
Data di apertura:
9 aprile

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