Flavio Lucchini, un visionario tra moda e arte

Protagonista assoluto della promozione della moda e del design nel mondo, abbiamo incontrato Flavio Lucchini in occasione della mostra che ne celebra i 90 anni.

Flavio Lucchini con Yves Saint Laurent

“Con Flavio Lucchini ho avuto la grande fortuna di collaborare e quindi di imparare. E’ stato il responsabile della promozione della moda e del design nel mondo, lui è il vero inventore e creatore del Made in Italy, nato e cresciuto grazie a lui e alla spinta dei giornali di quel tempo”.

Con queste parole, Oliviero Toscani racconta Flavio Lucchini, art director, artista raffinato e creatore delle più importanti testate di moda italiane. Protagonista e anticipatore della cultura dell’editoria specializzata degli anni 60/70/80, oggi, novant’anni compiuti, Flavio Lucchini si divide tra Milano, dove ha il suo atelier, e Parigi, nella sua home-gallery di Saint-Germain, per dedicarsi completamente all’arte.

In occasione dei suoi 90 anni, la galleria MyOwnGallery di Superstudio ospita fino al 31 dicembre una mostra in suo onore con esposte 90 sue opere tra le più rappresentative mentre, il 27 ottobre, la Triennale di Milano gli ha dedicato “Ricomincio da 90”, una serata-evento dove sono stati presentati un video-racconto e un libro autobiografico con immagini e testimonianze sugli anni d’oro della moda italiana di cui è stato indiscutibile protagonista e profondo innovatore.

Flavio Lucchini, Dress Painting, acrilico su tela, cm 120x140.
Flavio Lucchini, Dress Painting, acrilico su tela, cm 120x140.

Lei è stato uno dei personaggi più influenti dell’editoria di moda degli anni 60/70/80. Come ha scoperto la sua vocazione per la moda?
Come dice Giorgio Armani, non sono nato con la vocazione della moda come accade a molti giovani fin da piccoli. Alle elementari ero bravo in disegno. Al liceo scientifico volevo decisamente fare l’artista. A quell’epoca, nel 1944, avevo scoperto gli impressionisti, i cubisti, i futuristi, i surrealisti… Soprattutto mi piacevano Matisse e Picasso.

Quali ricordi ha dei suoi esordi?
Mantova e lo scientifico non mi corrispondevano più. Ho dato gli esami di maturità artistica a Brera, e mi sono innamorato della grafica. Era di moda la grafica svizzera che aveva inventato l’Helvetica. Milano mi sembrava una città pronta a rinascere, con personaggi straordinari e architetture interessanti, ma vivevo ancora a Mantova.  Mi sono iscritto alla facoltà di Architettura di Venezia dove ho scoperto con Zevi, Gardella, Scarpa, i pionieri dell’architettura moderna come Le Corbusier, Gropius, Aalto, Frank Lloyd Wright e altri.

L’editoria, l’architettura, l’arte e la grafica hanno contraddistinto il suo percorso professionale. Quale importanza hanno avuto nella sua formazione e perché?
Sono stati tutti interessi predominanti nella mia vita. I giornali che ho fatto mi hanno aiutato ad esprimerli e valorizzarli, fin dall’inizio. A Milano, alla fine del 50, non c’erano agenzie di modelle né fotografi specializzati nella moda. I settimanali del tempo, si servivano di fotografi che in genere lavoravano per l’attualità. Cominciai a contattare Jean-Loup Sieff, Frank Horvat e tanti altri giovani che lavoravano a Parigi. La moda con loro era diversa. 

Ricordo che al cinema c’erano i film della Nouvelle Vague. Si respirava aria nuova. Infatti, pochi anni dopo a Londra comparvero i Beatles, la minigonna, Carnaby street e Kings Road. Divenni amico di industriali, stilisti, tessutai, fotografi, parrucchieri, ma anche di intellettuali come Francesco Alberoni, Ettore Sottsass, Fernanda Pivano.

Con Sottsass era legato da una grande amicizia. Ha un ricordo particolare?
Di lui ricordo una cena a casa mia di solo caviale dopo la nostra vacanza a San Pietroburgo e Mosca. Ma soprattutto le cenette nella piccola stanza a lui riservata all’Hotel Capitol che c’era in via Manzoni. Era da poco ritornato da Palo Alto dove in una clinica l’avevano salvato usando il computer per dosare le sue medicine. Sembrava un santone indiano (sorride). Ai piedi indossava sandali con campanellini che quando camminava suonavano. Era un grande uomo. Tutti lo amavano per la sua umanità, intelligenza e la sua fantasia.

Nel 1983 ha fondato Superstudio 13, primo centro per la fotografia e l’immagine.  Poi, nel 2000, Superstudio Più, dedicato a moda, arte, design e comunicazione. Che cosa pensa del rapporto sempre più stretto tra questi ambiti?
Ho sempre considerato la moda un fatto importante, stimolo e riflesso del cambiamento sociale e del mondo. Nel 1983 pensai di aprire, con Fabrizio Ferri, un centro di studi fotografici e servizi con tutte le nuove tecnologie che la fotografia di moda richiedeva. L’aggiornamento tecnico era diventato necessario perché il progresso nella fotografia era rapido e costoso. Decisi di uscire dall’editoria cartacea perché pensavo che internet in poco tempo avrebbe messo in crisi tutti. Nel 2000 la mia passione per la moda, il design, l’arte e la comunicazione mi ha portato ad aprire un grande centro per eventi legati alla mia esperienza. Il Superstudio Più voleva essere al servizio della comunicazione “avanzata” e dare anche visibilità a giovani talenti e artisti emergenti.

Quali, invece, le persone più interessanti che ha conosciuto?
Moltissime. Da Ernesto Rogers a Bruno Munari, da Giorgio Armani a Kenzo, da Andy Warhol a Man Ray, da Ettore Sottsass a Elio Fiorucci e tantissimi altri.

Flavio Lucchini, Michael Jackson, stampa digitale su tela, 2010.
Flavio Lucchini, Michael Jackson, stampa digitale su tela, 2010.

Quando era alla direzione de “L’Uomo Vogue” è riuscito a convincere Yves Saint Laurent e Andy Warhol a posare per un servizio fotografico…
Ho incontrato e fotografato Andy Warhol con Oliviero Toscani. E’ stato divertente perché mentre noi lo fotografavamo, lui ci fotografava con la sua polaroid. In quel periodo Gerry Malanga, un oriundo italiano che lo seguiva come assistente, organizzò in occasione di una seconda visita con Clino Castelli un giro di marjuana, tutti seduti in cerchio per salutarci. Per me fu una sorpresa. In Italia non era ancora diffusa (sorride). Quando Saint Laurent presentò la sua prima collezione di moda maschile pensò che L’Uomo Vogue fosse il modo migliore per farla conoscere e accettò di fare lui stesso l’indossatore. Era già un grande. Ricorderò per sempre il clima di quell’incontro. Prima di salire sul set mi chiedeva: “ça va comme ça Flaviò?” Era giovane come noi e come noi, con Oliviero e Gisella, pieno di entusiasmo. Ci sembrava un gioco.

Come artista, invece, cosa alimenta oggi la sua creatività?
Oggi non lavoro più in atelier ma continuo ad osservare il mondo, leggo libri di storia e di architettura e riviste di moda, guardo sul mio I-pad alcune sfilate, mi immergo spesso nel fermento di Dubai, scrivo, disegno o faccio loghi e grafica per l’attività di Superstudio e piccole sculture per iniziative charity quando me le chiedono.

Quali sono i suoi artisti preferiti?
L’artista che sento più vicino al mio modo di pensare all’arte è Andy Warhol. Per il suo percorso, iniziato come grafico e perché con la Campbell Soup ha creato un’icona. Perchè con lui tutto diventa arte. Perfino un buon affare. Sua la famosa frase: “Good business is the best art”.

Oggi lei è un giovane di 90 anni. Se pensa al futuro, cosa le piacerebbe trasmettere alla prossima generazione di designer, creativi e imprenditori?
Ai giovani imprenditori, ai creativi di ogni genere, vorrei dire: credete fortemente nelle vostre idee e capacità. Amare le vostre scelte e il vostro lavoro vi renderà felici. Metteteci passione. Investite tutte le vostre energie per raggiungere i vostri obbiettivi. Ce la farete.

Mostra:
"Ricomincio dai 90"
Un progetto di:
Gisella Borioli
Date di apertura:
gennaio/dicembre 2018
Dove:
MyOwnGallery
Indirizzo:
Via Tortona 27, Milano
Mostra:
Ghost di Flavio Lucchini
A cura di:
Superstudio Group
In collaborazione con:
MyOwnGallery
Date di apertura:
27 ottobre - 30 novembre 2018
Dove:
La Triennale di Milano
Indirizzo:
Palazzo della Triennale, Viale Alemagna 6, Milano

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