Stefan Beckman

Il set design applicato alla moda è spesso un affare last minute

Grandiosità cinematografica e cura dei dettagli. Stefan Beckman, il set designer americano che ha trasformato la sfilata in un evento da prima pagina, racconta la sua ricetta di successo.

Coach, set design per la sfilata donna Primavera/Estate 2019

Celebre per il sodalizio creativo con lo stilista Marc Jacobs, articolato in una lunga collaborazione che ne ha definito caratteristiche e ambizioni, Stefan Beckman è attualmente il set designer più celebre dell’industria della moda. Inarrestabile produttore di atmosfere che stupiscono per il ricordo persistente, nonostante la brevità della loro messa in scena.

Dai soffitti con nuvole a pecorelle fino all’appartamento tutto rosso della mitica direttrice di Vogue Diana Vreeland, realizzato attraverso tendaggi stampati, le sue scenografie uniscono senso del dramma e fantasy, minimalismo e gusto pop. E ben oltre i limiti fisici della passerella. Arrivando a conquistare anche le campagne pubblicitarie firmate da grandi fotografi, gli allestimenti museali, i party post sfilata.

Diventare set designer ha tutta l’aria di essere un percorso di formazione non convenzionale, come è stato il tuo?  
Mi sono specializzato in teatro e cinema, studi che visivamente mi hanno dato una grande apertura mentale. Col passare del tempo però ho intercettato il mondo della moda, in cui ho cominciato a lavorare sui set fotografici; fino a lavorare con leggende della fotografia come Steven Meisel: la mia vera scuola.

Dal momento in cui ricevi l’incarico dallo stilista come procedi nel tuo lavoro?
Cerco di stabilire una relazione visiva con lui. Le basi possono essere diverse: un trend, un colore, uno stile. L’arte, i libri e i film stanno però diventando le categorie da cui iniziare ogni lavoro, e svilupparlo fino al giorno della sfilata.

Prendendo in considerazione gli elementi fissi di una sfilata come la passerella e i posti a sedere, è molto facile catalogare l’arte del set design applicato a questo evento come mera cornice. Eppure, come nel tuo caso, in ogni progetto è evidente una grande personalità: al di là del tema della sfilata cosa esattamente vuoi esprimere di te?
Voglio che il mio set intensifichi il tema della collezione. Gli show devono creano un mondo e una narrazione estremamente personali per il brand, oppure per il singolo stilista. Le persone poi cercano sempre un significato più ampio rispetto all’evento mondano, qualcosa che colleghi i vestiti all’esistenza quotidiana. E una scenografia ben studiata  può aiutare a stabilire questo contatto.

In un set studiato per una sfilata di moda quali sono gli elementi da non tralasciare mai?
Tutto ciò che distrae dai vestiti e che lavora contro l’interesse dell’evento. Inoltre, nel pensare a un’idea occorre essere ben coscienti e sensibili a quello che sta accadendo in giro per il mondo: non si sa mai che un fenomeno legato dall'attualità possa tornare utile per l'atmosfera.

Le tue collaborazioni con Marc Jacobs e Coach sono piuttosto leggendarie. Per esempio: l’appartamento di Diana Vreeland ricreato con tendaggi stampati e i neon del motel sulla strada hanno lo stesso senso cinematografico dei lavori di Dante Ferretti. Su quali rapporti di fiducia e stima si basano queste relazioni, e come si sono modificate nel tempo?
Per il marchio Coach l’approccio è sempre molto cinematografico, legato quasi sempre alla grande tradizione del mito americano. A volte questo si traduce in pura nostalgia, e rimanda alle cose come erano un tempo (e forse a come dovrebbero essere anche oggi). Con il risultato che gli show che progetto per loro hanno quasi una dimensione onirica, oppure evocano di un mondo ideale. Per Marc invece si tratta di un criterio diverso. Perché lui cambia temi e idee da stagione a stagione. E la sostanza dei suoi show ha una dimensione più astratta, in cui musica e suono diventano parte integrante dell'evento. Direi quindi che sono decisamente delle sfilate più teatrali, con emozioni in gioco talvolta molto forti, quasi inquietanti.

Ti è mai capitato di avere massima libertà creativa senza indicazioni dallo stilista? 
La sfilata è ovviamente il prodotto di uno stilista, ma mi sento abbastanza fortunato perché riesco molto spesso, appassionato come sono, a “spingere" le mie idee fino alla loro costruzione e realizzazione. 

Cosa ti dà più soddisfazione, un set affastellato di oggetti scenici ad hoc o un lavoro di sottrazione con interventi digitali di proiezione?
Entrambi hanno i loro vantaggi. Credo tuttavia che per un effetto che colpisca il pubblico sia meglio un’idea potente e grandiosa. Perché anche se amo i dettagli, nell’insieme si confondono sempre. Prendi il set per lo show primavera estate 2014 di Marc Jacobs, uno dei più difficili e gratificanti che abbia mai fatto: una “spiaggia” enorme e fatiscente con oggetti tra i più disparati sparsi dappertutto. Il pubblico era seduto ovunque e aveva perciò diversi punti di vista. Alla fine però è stato difficile per loro concentrarsi e riuscire ad assorbire tutta la scenografia.

L’impersistenza è un aspetto peculiare dell’arte scenografica. Si tratta di una caratteristica esaltante durante la progettazione di un set oppure talvolta vorresti la solidità di un progetto architettonico?
Ho cominciato a lavorare sui set fotografici in cui, si sa, la regola è creare ambienti temporanei che nessuno ha mai l’occasione di vedere dal vivo. Diciamo che progettare set design per le sfilate, anche se si tratta di qualcosa di impersistente, ha di buono che almeno si connette emozionalmente con un gruppo di persone, anche se solo per poco. 

Quanto tempo occorre dalla progettazione al montaggio definitivo in location? Esiste ancora il dono del tempo oppure è tutto fatto all’ultimo minuto?
Molto spesso è tutto fatto all’ultimo minuto. Altre volte ho più tempo a disposizione: diversi mesi quando sono fortunato. I set per Marc Jacobs sono generalmente pensati e costruiti in meno di due settimane. È un sistema folle, mi rendo conto, ma ha le sue ragioni: una collezione non è mai pronta con grande anticipo. Però questa urgenza permette di realizzare scenografie sempre in grande connessione con il tema moda della sfilata. 

Diversi stylist di moda hanno fatto incursioni nel cinema, hai mai pensato a estendere la tua competenza in quel settore?
Ho già realizzato alcuni corti e piccoli film a soggetto moda. Se trovo il tempo però mi piacerebbe molto girare un film vero e proprio. Quello che voglio è esplorare ogni aspetto creativo in ogni campo possibile. 

Shows, editoriali con scenografie elaborate, short video: sembrerebbe l’epoca d’oro per un set designer, è così?
Mi sento molto fortunato per come la mia carriera si è evoluta nel corso del tempo. Fortunatamente per me, pare ci sia molto bisogno di persone senza problemi nel fare dichiarazione visive di carattere.

C’è qualche designer del passato con cui ti sarebbe piaciuto collaborare, proprio perché gli autori di collezioni clamorose? 
Non ho ancora lavorato con John Galliano, un designer per il cui processo creativo cui ho un grande rispetto. Sono stato però fortunato abbastanza di aver realizzato il set di una campagna stampa per Alexander McQueen. Andando indietro nel tempo mi piacerebbe lavorare senz'altro con Elsa Schiaparelli.

Cosa vuoi dire oggi creare un set sapendo che istantaneamente finirà su Instagram: che oltre a ragione progettuali conta anche la sua fotogenia?
Sì. L’aspetto positivo di Instagram è che ha dato visibilità a moltissime persone. Rendendole anche più coscienti di quello che c’è attorno, e lontano, da loro. E dunque anche del mio lavoro. Il lato "cattivo" di questo social invece è rappresentato dai clienti che, all'oscuro del tipo di manipolazione fotografica dietro le immagini che vedono su Instagram, vorrebbero che io le ricreassi dal vivo. È diventato sia uno strumento del bene sia del male.

Stefan Beckman
Stefan Beckman

C’è un set per il quale ti sei detto: ”Accidenti, questo avrei voluto farlo io”?.
Alcuni show di Alexander McQueen, epici e di grande ispirazione. Prova a pensare a Shalom Harlow, a quell'immagine travolgente di lei con due braccia meccaniche ai lati che la struzzano di vernice mentre ruota su una piattaforma. 

Quali consigli daresti a chi vorrebbe intraprendere la tua carriera?Sfruttare ogni opportunità creativa possibile. Anche il più piccolo dei set per dimensioni e budget può offrire la connessione giusta per un lavoro. Importante anche destreggiarsi in altri ambiti; lavorare in reparti diversi e con persone diverse. Tutto ciò non può che aggiungere valore e completezza alla formazione.

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