Passionswege, una conversazione tra designer e artigiani

Dal 2007 è uno dei format centrali e più originali della Vienna Design Week. Riscopre le manifatture ancora attive nel tessuto cittadino e le guida per mano nel mondo del design. Gabriel Roland, ora al fianco di Lilli Hollein come co-curatore, racconta come.

Passionswege è uno dei progetti più attesi della Vienna Design Week, perché è qui si concentrano le commissioni più importanti. Per quasi un anno, designer e aziende della tradizione, spesso piccoli laboratori artigianali scovati dai curatori in periferia, ma radicati e ancora attivi nel tessuto della città, lavorano a un progetto comune, imparano a conoscere le reciproche abilità e ne sfidano i limiti.

Quest’anno la lista dei “magnifici sei” comprende i designer “senza fissa dimora” Burkart Furtenbach (che a ogni progetto trasferiscono la sede del loro studio), gli artisti “illusionisti” Hanakam Schuller, i food designer Honey & Bunny. E, poi, firme internazionali più o meno affermate, come Studio Rygalik dalla Polonia, gli svizzeri Kueng Caputo e Laurids Gallée, viennese ma ormai di base a Rotterdam. La loro controparte, cioè le manifatture, si dividono tra il 7° distretto, il quartiere viennese dei creativi per eccellenza (con la pelletteria artigiana Albert Patterman, i produttore di astucci e cofanetti su misura Etui Fialka, la passamaneria M. Maurer, l’argenteria Jarosinski & Vugoin) e il 1° distretto, a due passi dalla cattedrale di Santo Stefano, con J. & L. Lobmeyr, bicentenaria azienda specializzata nella lavorazione del vetro, e il produttore di caramelle artigianali Die Zuckerlwerkstatt. Ognuna è una storia interessante di per sé; insieme quest’anno hanno lavorato a nuovi racconti e nuovi progetti.

Questo è il tuo primo anno da co-curatore di Passionswege: quali sono le principali caratteristiche e le novità?
Gabriel Roland: Passionswege è la colonna vertebrale dell’intero programma, quando Lilli Hollein, Tulga Beyerle e Thomas Geisler fondarono la Vienna Design Week nel 2007, la prima idea è stata quella di collegare la ricca eredità delle aziende dalla lunga tradizione artigianale che sono miracolosamente sopravvissute nel tessuto cittadino e nel centro di Vienna. Queste aziende sono la linfa vitale del design contemporaneo che, a sua volta, può essere per loro un trattamento rigenerante. Il punto-chiave, scritto nel DNA di Passionswege, è che si tratta sempre di un dialogo. Non è l’azienda a dire al designer cosa fare o a chiedergli di disegnare un prodotto per vendere di più, né viceversa è il designer a dire all’azienda come farlo. È sempre una conversazione: a volte difficile, altre meno. C’è chi capisce subito lo spirito del progetto, altri devono essere accompagnati.

Stiamo parlando più delle aziende o dei designer?
Gabriel Roland: Di entrambi direi. È un progetto insolito perché nessuno è al comando, si lavora fianco a fianco per l’intera operazione. Entrambi gli ‘attori’ conoscono le capacità reciproche e capiscono cosa possono imparare l’uno dall’altro, senza cambiare la propria identità. In qualche modo, tessono insieme un progetto condiviso. Penso che questa sia la vera forza di Passionswege.

Un terzo importante attore è il curatore. Sei tu a scegliere i designer e a scoprire le aziende artigiane? Come procedi?
Gabriel Roland: Uno dei criteri-guida è che ogni anno la VDW si sposta in una parte diversa della città. Quest’anno siamo nel 7° distretto e, anche con la selezione delle aziende di Passionswege, cerchiamo di riflettere l’identità del luogo dove ci troviamo. Questo è il primo passo.

Quali sono le caratteristiche del 7° distretto e perché l’avete scelto?
Gabriel Roland: È il quartiere dove vivono molti creativi, è pieno di atelier, negozi di design. Ci sono voluti 13 anni per arrivarci, perché prima sarebbe stata una scelta troppo scontata. La mission della VDW è sempre stata di scoprire nuovi posti. Quando siamo arrivati nel 7° distretto, ci siamo accorti che c’erano molte realtà che perfino le persone che abitano qui non conoscevano, questo l’ha reso ai nostri occhi più interessante. Abbiamo imparato che le scoperte avvengono anche in posti conosciuti.

Le aziende non sono però tutte nel 7° distretto.
Gabriel Roland: Ci sono poi delle aziende “evergreen” con cui collaboriamo da molti anni, soprattutto nel primo distretto, come J. & L. Lobmeyr.  Hanno già acquisito un ottimo know-how, sanno perfettamente come muoversi nel progetto. Nel loro caso, la nostra domanda è “Come possiamo ancora sorprenderli? Come rendere più interessante la sfida?”.

Come ci siete riusciti?
Gabriel Roland: Nel caso di J. & L. Lobmeyr, per esempio, abbiamo invitato due artisti, Markus Hanakam e Roswitha Schuller. Sono molto vicini alla cultura materiale, interessati alla forma delle cose e al modo in cui interagiamo con gli oggetti nella vita di tutti i giorni. Ma non sono designer. Insieme, hanno forse creato una nuova gamma di prodotti. Il “dramma” che Hanakam Schuller ha messo in scena, e che trasforma un tavolo da pranzo in un tavolo da gioco, non sarebbe mai stato possibile in un normale processo progettuale e produttivo.

Tornando ai designer, come avviene la selezione?
Gabriel Roland: Ce ne sono molti con cui desideriamo collaborare da diversi anni, che seguiamo e apprezziamo. E facciamo ricerca su cosa c’è di nuovo, cosa succede, guardiamo ai designer all’inizio della carriera che stanno cominciando a farsi un nome. Ci vogliono progettisti che hanno già trovato la propria strada e il proprio stile. E ogni anno includiamo anche un designer del Paese ospite, in questo caso la Polonia, con Studio Rygalik.

Una volta create le combinazioni, li lasciate lavorare da soli o intervenite in qualche momento del processo?
Gabriel Roland: È una questione delicata, anche perché il rapporto tra il designer e l’artigiano supera ogni barriera culturale e linguistica. Si aprono modi completamente diversi di comunicare tra di loro e d’imparare l’uno dall’altro. Non è nemmeno questione di parlare, ma solo di essere lì insieme.

Anche il modo di comunicare queste realtà al pubblico è molto importante.
Gabriel Roland: Sono d’accordo. Per esempio nel caso di Albert Pattermann, c’è stato qualcuno che mi ha confessato di avere notato questo negozio e laboratorio per la prima volta, pur essendoci passato davanti tutti i giorni per anni.

Si tratta di fare capire che queste aziende non sono “vecchie”.
Gabriel Roland: Si tratta d’imparare cosa la città ha da offrire. Spesso a dominare è l’immagine turistica della città imperiale, piena di cliché. In realtà, Vienna è una città vibrante con una scena artistica e del design vivace, piena di giovani gallerie. C’è poi questo tessuto di antiche manifatture artigiane. Si parla spesso di “urban production”, del modo di produrre più vicino possibile ai consumatori finali. Ci si chiede spesso come riparare le cose, come far capire alle persone che i prodotti potrebbero durare a lungo oltre le mode. E non solo per la qualità del materiale, ma anche grazie al design, che le renderà belle ancora dopo 40-50 anni. Questa è la conversazione che i designer e gli artigiani devono fare. Anche solo per capire quali sono le cose di cui avremo bisogno in futuro.

Sembra che l’accostamento artigianato e design stia diventando sempre più di moda.
Gabriel Roland: Sì ma credo che dobbiamo stare attenti, perché la nostalgia fine a se stessa non ci porta da nessuna parte. È “cool” se porta a prodotti disegnati in modo più consapevole. Se si tratta invece solo di uno sticker da mettere su un oggetto o anche solo di lifestyle, credo che non valga la pena. Il curatore e il designer possono fare da guida, possono fare in modo che le persone abbiano voglia di capire cosa fanno queste aziende, qual è loro storia, perché non hanno smesso di lavorare quando molti altri hanno chiuso i battenti. Se le persone si pongono queste domande, scendiamo a un livello più profondo e abbiamo raggiunto il nostro obiettivo.

Titolo evento:
Passionswege
Curatori:
Lilli Hollein, Gabriel Roland
Designer:
Hanakam Schuller, Burkart Furtenbach, Honey & Bunny, Kueng Caputo, Laurids Gallée, Studio Ryglik
Aziende artigiane:
J. & L. Lobmeyr, Albert Pattermann, Die Zuckerlwerkstatt, Etui Fialka, M. Maurer, Jarosinski & Vaugoin

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