Rosanna Bianchi Piccoli

La mostra che la Triennale dedica al lavoro dell’artista presenta una selezione di opere dal 1960 a oggi, nelle quali si legge la passione per la maiolica e la straordinaria padronanza della materia.

 

Rosanna Bianchi Piccoli è una signora distinta, dagli occhi brillanti e dalla parola precisa. Ricorda tutto, accumula tutto, la sua casa è piena dei ricordi di una vita e di reperti del presente che lei custodisce perché “con quello ci devo fare qualche cosa”, dice. Libri, libri, e ancora libri, quadri di fotografie, regali di amici lontani; non bastano gli scaffali per contenere tutto.

Rosanna Bianchi Piccoli
In apertura: Vasi Sacri di Rosanna Bianchi Piccoli. Qui sopra: allestimento della mostra alla Triennale di Milano. Photo Gianluca Di Ioia
Quindi, anche il tavolo del soggiorno è pieno degli oggetti più diversi, ognuno con una particolare collocazione – temporale, geografica, emotiva: è meglio non spostarli. Ha curato lei stessa la loro sistemazione, c’è una logica precisa – e una ragione precisa – in ogni singola disposizione. Puoi toccare, spostare, guardare, ma poi quando te ne vai, Rosanna rimette tutto a posto. Un caos ordinato e dal manierismo lucido: nulla si perde dentro questa casa dal grande fascino capace di traspirare creatività in tutte le declinazioni e che silenziosamente restituisce l’idea delle matinée delle ragazze al Continental, delle nottate passate in compagnia dei personaggi più interessanti della scena culturale milanese di qualche decade fa – da Lucio Fontana a Ettore Sottsass e Fernanda Pivano, da Carlo Carrà a Mauro Reggiani.
Rosanna Bianchi Piccoli
Manifesto della mostra del 1967
È un periodo fervido quello in cui Rosanna Bianchi Piccoli frequenta, nel 1943, il liceo artistico di Brera con l’insegnante Guido Ballo e, poi, l’Accademia con Dario Fo. Con il Dopoguerra alle spalle, l’atmosfera era elettrizzante, un misto di tristezza e voglia di andare avanti che la generazione di questa ceramista d’eccezione ha cavalcato per far fronte al disastro appena vissuto. La sua è una storia tutta milanese ma nata da uno sguardo più ampio, curioso e attento sul mondo; il rapporto consolidato con Il Sestante durato dal 1958 al 1983, galleria dalla scuderia prestigiosa, con personaggi come Sottsass, Hans von Klier e i fratelli Pomodoro e il pittore Bobo Piccoli (suo futuro marito), incontrato a 17 anni – inizialmente cerca di evitarlo ma diventerà comunque suo marito. “Anche lui viveva con la ceramica allora”, ricorda; “andava di moda la ceramica a quel tempo” e c’era grande scambio con l’architettura, si lavorava molto con questo materiale non solo per gli interni ma anche nella progettazione di piccoli oggetti (lei collabora con Bega, Marescotti, Menghi e Latis).
Rosanna Bianchi Piccoli
Rosanna Bianchi Piccoli: cosmopiatto Acrux, 2014
Un anno dopo l’inizio della collaborazione con la galleria Il Sestante di via della Spiga 3: arriva la prima personale (1959) e, nel 1967, la prima presentazione dei suoi Cosmopiatti in maiolica bianca caratterizzati dalla ripetizione mantrica di anelli concentrici – l’invito della galleria per il 9 novembre, ore 18 del 1967, recita “31 Cosmopiatti 31” e più sotto “siete gentilmente invitati a intervenire”, mentre la grafica pulita dai colori essenziali fa da cornice. L’idea di base è far dialogare la ceramica con l’arte contemporanea, creare tensione, centrifuga o centripeta – qualsiasi essa sia “nei miei piatti mi auguro ci sia tensione”, dice – per restituire una dinamica astratta per quanto vitale.
Rosanna Bianchi Piccoli
Allestimento della mostra alla Triennale di Milano. Photo Gianluca Di Ioia
L’ispirazione è il cerchio, l’orbita, la concentricità e tutto quello che a questo concetto può essere associato. L’origine della vita, la comunione con la fine di essa stessa, da Rudolph Arnheim fino alla simbologia tra lo Spazialismo italiano e l’Astrattismo Internazionale (dalla metà degli anni ’50 fino alla metà dei ’60). Servono tanti viaggi per costruire il bagaglio umano e professionale unico: non solo negli amati Paesi scandinavi, in Europa ma anche nel suo Paese: visita Germania, Polonia, Cecoslovacchia, Ungheria, Austria, Francia, Spagna, Svizzera, Olanda e Belgio arrivando perfino in Arabia per affinare le tecniche acquisite e apprenderne di nuove. Rosanna Bianchi Piccoli guarda la realtà, la assimila e la traduce filtrata dalla sua sensibilità. “Per me è importante la centralità, il “potere del centro”. […] È una centralità che ritengo abbia a che fare anche con i Bianchi del Compendiario, uno stile sviluppato a Faenza negli anni Quaranta del Cinquecento e poi diffuso in gran parte dell’Italia e all’estero.”
Rosanna Bianchi Piccoli
Un ritratto di Rosanna Bianchi Piccoli degli anni Ottanta. Photo Antonia Mulas
La mostra che la Triennale le dedica (fino al 20 gennaio), dal titolo “Concentricità e Concentrazione – Cosmopiatti e Vasi Sacri” presenta in pillole il grande lavoro dell’artista grazie a una selezione di opere prodotte dal 1960 fino a oggi con 60 Cosmopiatti di recente fattura (tra il 2011 e il 2015) e un pezzo del 1967. Oltre a questa selezione in mostra una serie di Vasi Sacri per la prima volta presentati nella colorazione vivace del giallo, arancio e del turchese a cercare un collegamento con i vicini cerchi. Nelle creazioni di Rosanna Bianchi Piccoli leggiamo un forte substrato antropologico combinato con la passione per la materia e la straordinaria padronanza della materia stessa – che ama lavorare in prima persona “Si tratta di maiolica perché è smaltata. Io insisto molto su questa tecnica. È antichissima. Richiede una grande padronanza del mezzo. Non si ammette l’errore. Servono mano salda e cuor sicuro”. E lei ha il dono di averli entrambi, abbinate a riferimenti storici, emozioni primigenie dalla radice culturale e storica preminente.
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