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Architettura invisibile

Al MAD di New York, l'installazione di Diller Scofidio + Renfro per la mostra "The Art of Scent" raggiunge l'impossibile nel campo dell'architettura olfattiva: intensità e rispetto dei confini.

"La chiamano vaschetta", dice l'accompagnatore di turno a "The Art of Scent", la mostra temporanea attualmente allestita al Museum of Arts and Design di New York. "Ma la maggior parte dei visitatori la scambia per un orinatoio d'avanguardia".

La vaschetta – o l'orinatoio – è uno dei dodici inseriti nella parete bianca di una sala per il resto completamente vuota. Quando si entra, il movimento innesca un rombo sommesso e un'improvvisa folata di profumo. Un passo indietro, e non si sente più nulla. L'installazione di Diller Scofidio + Renfro raggiunge l'impossibile nel campo dell'architettura olfattiva: intensità e rispetto dei confini. Come è naturale in un museo d'arte e di design, mentre il curatore olfattivo Chandler Burr sostiene che la conoscenza del repertorio dei profumi è una forma d'arte, il meccanismo della sua 'esposizione', che adotta una tecnica di diffusione degli aromi mutuata dalle fiere del settore, non riesce a farcene scordare le origini di disciplina commerciale, di progettazione orientata al cliente.

Le dodici opere d'arte olfattiva di Burr costituiscono una panorama sorprendentemente sintetico dei profumi più importanti degli ultimi 121 anni, nell'intento di collocare il profumo in un più vasto contesto storico artistico. La panoramica inizia nel 1889, con la creazione di Jicky a opera di Aimé Guerlain, tra i primissimi profumi a mescolare le essenze naturali con i nuovi prodotti chimici di recente composizione. Il testo di commento di Burr paragona Jicky alla Tour Eiffel – "un'opera di ingegneria radicale" – sostenendo che fu questa liberazione dai vincoli della naturalità a "trasformare il profumo in un linguaggio d'arte".
In apertura e qui sopra: "The Art of Scent", vista dell'allestimento di Diller, Scofidio + Renfro al MAD Museum di New York. Photos Brad Farwell
In apertura e qui sopra: "The Art of Scent", vista dell'allestimento di Diller, Scofidio + Renfro al MAD Museum di New York. Photos Brad Farwell
Nel nuovo contesto dei commenti di Burr – e, grazie alle vaschette di Diller, al di fuori della consuetudine della confezione e dei campioncini da grande magazzino – diventa effettivamente possibile apprezzare L'Eau d'Issey (1992) come qualcosa di più del profumo dei miei anni di adolescente, e come invece una "rivoluzionaria operazione minimalista" che riesce in qualche modo a catturare l'essenza inodore dell'acqua. Analogamente, con l'aiuto delle annotazioni di Burr, non solo sono riuscita a cogliere la nota centrale di "detergente da bucato" di Drakkar Noir, ma a capire qualcosa della fondamentale conquista di Pierre Wargnye consistente nella creazione di una raffinata fragranza che ha al centro una molecola di detersivo domestico.
"The Art of Scent", vista dell'allestimento di Diller, Scofidio + Renfro al MAD Museum di New York. Photo Brad Farwell
"The Art of Scent", vista dell'allestimento di Diller, Scofidio + Renfro al MAD Museum di New York. Photo Brad Farwell
Altri aromi sono individuati come segni emblematici di astrazione, di provocazione e perfino di iperrealismo. Un gruppetto di profumi è esposto per illustrare il primo uso efficace di nuovi materiali e nuove tecnologie che hanno permesso nuove forme di espressione estetica: Light Blue (2001) di Olivier Cresp viene scelto come la prima opera destinata intenzionalmente a creare l'esperienza olfattiva delle sue componenti invece che di un insieme senza soluzione di continuità. Contemporaneamente, secondo la tradizione delle etichette delle mostre, ciascun profumo è accompagnato del nome e dalla data di nascita di ogni profumiere, dalla data della sua creazione e dall'indicazione del prestatore (di solito una società di cosmetici o una casa di mode, come Hermès e Estée Lauder) accanto a un gruppo di anonimi produttori di aromi e fragranze (tra gli altri Givaudan, Firmenich, IFF) per i quali è normale progettare aromi per Haagen-Dazs piuttosto che nuovi deodoranti domestici che secondo Burr sono "capolavori olfattivi". (Curiosamente, come nota il New York Times, nel contesto degli aromi il prestito coincide con la donazione, dato che dei vaporizzatori diffonderanno l'equivalente di seicento flaconi da 100 millilitri di eau de toilette nel corso dei tre mesi di apertura della mostra).
Le dodici opere d'arte olfattiva di Burr costituiscono una panorama sorprendentemente sintetico dei profumi più importanti degli ultimi 121 anni, nell'intento di collocare il profumo in un più vasto contesto storico artistico.
"The Art of Scent", vista dell'allestimento di Diller, Scofidio + Renfro al MAD Museum di New York
"The Art of Scent", vista dell'allestimento di Diller, Scofidio + Renfro al MAD Museum di New York
La citazione di un gigante della chimica come la IFF costituisce un altro richiamo, ricordando al visitatore che, oltre all'apprezzamento sensoriale, estetico dell'aroma cui Burr tanto acutamente incoraggia, una fragranza si può anche leggere nel contesto dei requisiti commerciali che ne hanno ispirato la creazione. In una saletta laterale la mostra accenna a questo aspetto con i video di alcuni 'aromartisti', che illustrano il modo in cui traducono le indicazioni del committente in esperienze olfattive e integrano le indicazioni di campioni di pubblico per creare una serie versioni modificate. Jean-Marc Chaillon – creatore, tra altre fragranze di grande successo, di Euphoria for Men di Calvin Klein – ammette senza problemi che progettare un profumo è un dialogo, e che un aroma è compiuto solo "quando tutti sorridono". Sulla parete opposta i visitatori possono servirsi del proprio naso per valutare il processo progettuale. Cinque cartoncini campione presentano la versione finale di Trésor di Sophia Grojsman accanto a quattro versioni a differenti fasi di elaborazione. La progressione è ben lungi dall'essere lineare, e ha invece il suo centro nella creazione di differenti 'accordi', ovvero combinazioni armoniche di molecole, che riguardano insieme la struttura, la complessità e la longevità. La prima versione ha un forte aroma di geranio e di rosa, mentre la seconda è completamente differente: aroma di legno e di muschio. Coma a sottolineare agli occhi dei non iniziati la natura alchemica del progetto delle fragranze Grojsman osserva che il prodotto finale "non cambia granché" rispetto alla quarta versione, la quale, secondo me, ha una sottile, sgradevole sfumatura di carta, profondamente estranea alle note di rosa cipria e sandalo vanigliato della fragranza reale.
"The Art of Scent", vista dell'allestimento di Diller, Scofidio + Renfro al MAD Museum di New York. Photo Ric Kallaher
"The Art of Scent", vista dell'allestimento di Diller, Scofidio + Renfro al MAD Museum di New York. Photo Ric Kallaher
L'elemento finale della mostra non fa che approfondire il senso del mistero: uno schermo interattivo dove i visitatori possono ritrovare tutte le dodici fragranze e scegliere le definizioni che ritengono più precise. Grazie alla combinazione di recettori differenti (la scienza ipotizza che la mancanza di pressione selettiva sulla capacità olfattiva abbia prodotto notevoli variazioni nella specie umana, come se fossimo tutti quanti ciechi ai colori in modi lievemente diversi) e alla mancanza di un vocabolario condiviso per descrivere l'odore, le definizioni popolari sono onnipresenti. Le intuizioni analitiche che parevano tanto chiare davanti all'elegante orinatoio di Elizabeth Diller si diffondono con la stessa rapidità degli aromi, lasciando il visitatore piacevolmente perplesso e non meglio informato. Nicola Twilley (@nicolatwilley)

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