Questo articolo è stato pubblicato su Domus 958, maggio 2012
Di forma variabile e percorsa da sottili sfumature luminose, la collezione di lampade In-Ei Issey Miyake realizzata da Artemide produce delle intriganti sfumature di luce e ombra, una luce soffusa, giapponese, creata attraverso il design algoritmico e l'applicazione di principi matematici. "Vedendole, l'emozione è immediata: conoscendole, lo stupore e la meraviglia si mescolano alla consapevolezza di trovarsi di fronte a un futuro che pensavamo più lontano e non credevamo così bello". Così Ernesto Gismondi, presidente e fondatore di Artemide, presenta In-Ei, che in giapponese significa "ombreggiatura, sfumatura".
Yoshinobu Ashihara, nell'Ordine nascosto, associa la cultura occidentale della luce alla parte superiore di un albero, mentre l'estetica dell'ombra giapponese alla parte inferiore, alle radici sotterranee. Quella occidentale risulta essere una cultura estroversa, che ama e cerca la luce, mentre quella del Sol Levante dimostra una natura introversa. Da una parte c'è una predilezione per luci e ombre nette, dall'altra per le sfumature.
Qualità percettiva
L'intero progetto, sintesi fra creatività e analisi matematica, si basa su un tessuto speciale capace di assumere e mantenere forme in 3D partendo da un semplice foglio piano. Seppure a un primo sguardo il materiale di cui sono composte sembra washi (la carta tradizionale giapponese) le lampade sono realizzate con
un materiale selezionato per la sua capacità di resistenza e per il fatto di presentare una
texture tattile simile alla carta washi.
Algoritmi di luce
Figlia del progetto 132 5, la collezione di lampade In-Ei di Issey Miyake realizzata da Artemide rappresenta un'evoluzione tecnologicamente innovativa delle tradizionali lampade di carta giapponesi.
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- Salvator-John A. Liotta,Aya Shigefuji
- 28 maggio 2012
- Tokyo
Nel suo Libro d'ombra, Jun'ichiro Tanizaki annota la differenza percettiva che la carta ha nella cultura occidentale e in quella orientale: "La carta, lo capisco, è stata inventata dai cinesi, ma la carta occidentale è per noi qualcosa che serve esclusivamente a essere usata, mentre la carta cinese e quella giapponese ci danno una certa sensazione di calore, calma e riposo. Lo stesso effetto del bianco è differente: la carta occidentale esalta la luce, la carta orientale la accetta, la assorbe e la ingloba gentilmente".
Piegature a memoria di forma
In-Ei fa parte del progetto "132 5", che Miyake porta avanti, attraverso il Reality Lab., con la collaborazione di due ingegneri, uno scienziato informatico, quattro giovani e Jun Mitani, un docente universitario di matematica appassionato di origami. '1' si riferisce al pezzo unico di tessuto da cui nasce ogni creazione; '3' alla tridimensionalità; '2' deriva dal fatto che inizialmente il tessuto è piegato in una forma bidimensionale; '5', che segue uno spazio vuoto,
si riferisce alla metamorfosi delle forme piegate.
Nello specifico, le pieghe che determinano le forme delle lampade In-Ei sono realizzate tramite un processo molto complesso che utilizza, fra l'altro, delle macchine a ultrasuoni e una tecnologia originale, brevettata da Miyake. Grazie al materiale di cui sono composte, queste lampade mantengono perfettamente la loro forma senza necessitare di alcuna struttura interna. Lo speciale processo di presso-stiratura produce pieghe strutturali a memoria di forma, rendendo così le lampade
degli oggetti estensibili che possono essere ripiegate e messe via in un attimo.
In-Ei fa parte del progetto “132 5”, che Miyake porta avanti attraverso il Reality Lab. con due ingegneri, uno scienziato informatico e un docente universitario di matematica appassionato di origami
Il Reality Lab. ha innanzitutto esplorato le potenzialità di "132 5" nel mondo dell'abbigliamento, per poi passare a quello della luce, ma solo l'incontro con la competenza di Artemide ha consentito la realizzazione di In-Ei Issey Miyake. L'affinità di visione fra Artemide e il Reality Lab. di Miyake nasce anche dalla centralità che i temi della sostenibilità hanno per entrambi: "Nei miei progetti, non parto mai dalla forma, parto sempre dal materiale. Non mi succede mai di associare un materiale a una forma, ma l'esatto contrario. È a partire dal materiale che ho a disposizione che 'compongo'. Quando non ho il materiale che voglio, allora, provo a inventarlo". Non a caso, il tessuto su cui si sviluppa il progetto è un materiale innovativo con inedite capacità di diffusione della luce: è una fibra rigenerata, derivata al 100% dalle bottiglie di pet, che nasce grazie a nuove metodologie produttive che consentono di ridurre del 40% il consumo d'energia e le emissioni di CO2 che si avrebbe con la produzione di nuovi materiali. Ne nascono forme molto evocative che Artemide anima con sorgenti led, la tecnologia oggi più rilevante sotto il profilo della sostenibilità.
La bellezza non è nella cosa in sé
Ernesto Gismondi ha un passato di ingegnere missilistico ma ha scelto di credere più nella luce data dagli scoppi della fantasia che non in quella prodotta dagli scoppi delle bombe. Lo spirito che Gismondi mette nel collaborare con Issey Miyake, designer visionario e fine innovatore, è lo stesso di quello che, negli anni Ottanta, metteva nel supportare gli oggetti prodotti dall'anarchia creativa del gruppo Memphis. "Sono particolarmente orgoglioso di questa collaborazione", racconta Gismondi. "Issey Miyake dedica il proprio eccezionale impegno artistico a una ricerca attenta alle esigenze dell'uomo e della sua vita, lo stesso impegno che anima The Human Light, la filosofia che guida la missione Artemide. Con Miyake si è attivata innanzitutto una sintonia di valori e di visione".
Issey Miyake viene da Hiroshima, la stessa città del suo amico e maestro Isamu Noguchi: "La mia scuola era al di là del 'Ponte della pace' che Kenzo Tange commissionò a Noguchi. Ogni giorno attraversavo il ponte in bicicletta e ogni volta pensavo che quello era design". Nel presentare il suo progetto, Noguchi disse a Tange che aveva in mente una sola parola: Ise. E infatti questo ponte è imbevuto dello spirito impermanente di Ise, il santuario scintoista più sacro del Sol Levante, dove non è solo il complesso costruito a contare, ma soprattutto la relazione dinamica con la foresta che lo circonda. Smontato e rimontato ogni venti anni, nel santuario di Ise è conservato lo Yata no Kagami (Specchio Sacro), uno dei tre tesori sacri del Giappone: uno specchio di metallo che riflette la figura non in modo chiaro, ma opaco. Yukio Mishima scriveva che non è lo specchio in sé a essere sacro, ma ciò che esso rimanda, ovvero il suo riflesso. Dello stesso spirito è imbevuta la collezione di lampade In-Ei, che Miyake racconta citando un passaggio del Libro d'ombra: "La bellezza non è nella cosa in sé, ma nell'interazione tra luce e ombra creata dall'oggetto".
A favore del futuro
Durante il nostro incontro, Issey Miyake parla del suo amico-maestro Isamu Noguchi e sostiene che la collezione Akari di Noguchi non si può assolutamente paragonare a In-Ei, perché ci troviamo davanti a due oggetti completamente differenti, sia per forma che per materiale e contenuto: da una parte, ci sono delle forme arcaiche ispirate a quelle di una natura vista a occhio nudo; dall'altra, forme derivate attraverso il ricorso al design algoritmico, quindi dai ragionamenti sul codice intimo della natura, geometrico ma cellulare. Si tratta di due tipi di design 'organici', ma differenti. Continuando nel lavoro di comparazione, abbiamo da una parte Noguchi con la carta tradizionale che ha bisogno di una struttura, dall'altra Miyake con un materiale ultra-innovativo, auto-portante. Sicuramente entrambi sono imbevuti dello stesso spirito avanguardista, ma In-Ei è avanti, figlia del nostro tempo: Miyake, insieme ad Artemide, segnano un punto a favore del futuro.