Sono stato invitato a Pechino a partecipare a una delle mostre allestite in occasione della Triennale: What if…, a cura dello studio Dunne & Raby, presso il National Museum of China. Da attore e da spettatore di questo 'capriccio' sono stato presente alle serate inaugurali – che erano più numerose delle mostre di design e degli eventi stessi. Al mio arrivo ho trovato a Pechino una manifestazione grande quanto l'intera città. Come se fossimo tutti lillipuziani in una triennale in casa Gulliver. La Cina non solo amplia la tradizione fantasmagorica delle cerimonie inaugurali, ma la porta a nuovi, spettacolari livelli. Ovviamente dare spazio e gestire eventi di questo genere per la Cina è un modo fondamentale di acquisire una posizione culturale di livello mondiale adeguata a quella politica ed economica che ha recentemente raggiunto, affermando la nuova importanza di una comunità creativa prima isolata.

Sono poi comparsi i presentatori, che hanno invitato a raggiungerli gli onorevoli ambasciatori del design al seguito della manifestazione internazionale: siamo riusciti a riconoscere Alberto Alessi, Paul Cocksedge, il presidente del London Design Festival Sir John Sorrell, la direttrice del Dansk Design Center Merete Brunander e altri ancora. È seguita una serie stupefacente di scene che comprendevano un bimbo, una lavagna, una domanda ad Alessi su come vede il futuro, una risposta incomprensibile che tutti hanno applaudito e infine l'ingresso di cinque membri del governo che hanno azionato cinque giganteschi cicalini scatenando gli effetti stroboscopici dell'astronave.

Queste concessioni alla spettacolarità hanno messo in ombra le mostre, che comprendevano Creative Junctions, Good Guys, Rethinking Bamboo, Reason Design Emotion, oltre alla già citata What if… Mi sono venuti in mente i problemi della città ospite, città di cui Ai Weiwei ha dato una celebre definizione: "Un incubo… un incubo continuo".

O non sta piuttosto crescendo in questo momento una diffusa, genuina curiosità? Sarebbe scorretto non sottolineare il fatto che i contenuti di questo festival mostrano una qualità crescente, che molti eventi si sono svolti in quartieri relativamente piccoli del denso tessuto urbano di Pechino e che i responsabili degli eventi hanno scelto proposte d'avanguardia di curatori e designer internazionali. Va riconosciuto che ciò, nel contesto politico attuale, rappresenta un passo avanti.






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