Joris Laarman. Digital déco

da Domus 900 febbraio 2007I segni di una nuova creatività digitale nelle nuove sedie-scultura di Joris Laarman. Testo di LouiseSchouwenberg Fotografia di Daniel Nicolas A cura di Francesca Picchi

I segni di una nuova creatività digitale nelle nuove sedie-scultura di Joris Laarman. Testo di Louise Schouwenberg. Fotografia di Daniel Nicolas. A cura di Francesca Picchi

Tradizionalmente, l’artigianato è associato all’aura del pezzo unico, a forme archetipiche volutamente segnate dalla mano dell’uomo. Per contro, i media contemporanei sono legati primariamente a ingegnosi metodi di produzione e alle forme austere tipiche dell’approccio funzionale. Nel conflitto tra tradizionalisti e innovatori, la critica ha usato a più riprese gli stessi argomenti.

Negli anni Novanta, per esempio, i tradizionalisti hanno ricevuto un inaspettato sostegno da parte del mondo del design d’avanguardia, in quanto le tecniche da loro utilizzate sembravano fornire un’ottima risposta ai “banali oggetti usa-e-getta” prodotti in serie. I metodi di produzione industriale erano ormai in grado di generare non solo oggetti prodotti in serie, ma anche raffinati prodotti personalizzati. Intanto la produzione manuale ad alto contenuto di manodopera era diventata più accessibile grazie al dislocamento in Paesi caratterizzati da un basso costo del lavoro come Cina e India.

Tradizione e innovazione non erano più agli antipodi: piuttosto, esse avevano acquisito vicendevolmente un nuovo significato (come sostiene Hella Jongerius, tenace sostenitrice di questo approccio). Se nel corso degli anni Novanta la scelta della tecnica – sia essa tradizionale, nuova, o un mix tra le due – era ancora piuttosto esplicita, i successivi sviluppi hanno portato alla nascita di un nuovo stadio. Fatto a mano o high-tech non ha più alcuna importanza: quello che conta è che il tutto ‘funzioni’. La collisione – oppure il matrimonio – tra vecchio e nuovo ha creato una ricchezza di possibilità tale da far sì che possiamo permetterci di fantasticare intorno a un’estrema libertà nel design.

Giorno dopo giorno, la comunità del design acquisisce nuovi metodi produttivi e reclama tecniche tradizionali ormai dimenticate. Oggi, non vi è linguaggio visuale che sia fuori portata per la nostra immaginazione: i più recenti metodi di Rapid Prototyping affermano che il limite è il cielo. Manca poco perché le tecniche Rapid Manufacturing (la traduzione diretta dell’informazione digitale nell’oggetto fisico senza processi intermedi di riproduzione industriale) diventino una realtà. C’è da credere che – fatta eccezione per i confini imposti dalla funzione – i limiti tecnici o i tradizionali processi di riproduzione non porranno più ostacoli al processo creativo del design. E i designer, come applicano questa ritrovata libertà? Esplorando nuove logiche e nuove frontiere.

Tornando alla natura, per esempio, come avevano fatto prima di loro molti artisti e architetti. Oltretutto la bellezza è sempre sembrata una qualità inerente alle forme naturali. Così, Joris Laarman si è rifatto alla natura servendosi di un programma 3D (spesso utilizzato dall’industria automobilistica) che calcola le esatte dimensioni degli oggetti in base ai processi naturali di crescita di alberi e ossa. Il programma permette al designer di rivoluzionare i processi di progettazione e di ottimizzare la distribuzione e il peso del materiale. Laarman naturalmente dirige l’intero processo impostandone i parametri, e la sua firma compare sul prodotto finale. Ciò nonostante, egli parla esplicitamente di ‘razionalizzare’ la bellezza sostenendo che la responsabilità della forma non appartiene unicamente a lui.

Diversamente da altri designer, come per esempio il francese Patrick Jouin, Laarman non utilizza il metodo Rapid Prototyping per realizzare i suoi prodotti, ma solo per creare. I risultati conseguiti, come indica anche il tavolo Cinderella di Jeroen Verhoeven recentemente acquisito dal MoMA, testimoniano a tutti gli effetti l’aprirsi di una nuova epoca creativa. Louise Schouwenberg

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