“La profondità va nascosta. Dove? Alla superficie”. La frase è di Hofmannsthal, pronunciata all’inizio del XX secolo è diventata, forse inconsapevolmente, una delle chiavi per comprendere il nuovo secolo appena iniziato. Dal canto suo Wittgenstein, uno dei profeti della contemporaneità, aveva scritto: “Ciò che è nascosto, non ci interessa”.
Il mondo si mostra a noi come una superficie multiforme e inesauribile. Oggi su questa superficie composta di strade, vie, oggetti, pareti verticali e orizzontali, schermi, vetri, carte, veicoli, mobili, corpi, si è iniziato a scrivere: parole, segni, lettere, cifre, ideogrammi, disegni, decorazioni. Tutto intorno a noi è tatuato, inciso in modo più o meno indelebile sulla superficie stessa del mondo. I disegni segreti, tracciati un tempo nelle profondità della psiche, appaiono sulla faccia superiore del corpo individuale, ma anche del corpo sociale, così che nulla resta celato, sottratto allo sguardo. È come se un intero continente di emozioni fosse emerso dal sottosuolo, dalle profondità ctonie, palesandosi sulla faccia superiore del mondo. La pelle è diventata la realtà primaria di ogni cosa che cade sotto il nostro sguardo; non solo gli esseri umani o gli animali sono dotati di pelle – interfaccia tra il Sé e il Mondo – ma anche gli oggetti presentano una loro pelle: morbida o ruvida, leggera o pesante, liscia o scabra, non importa.
Forse è per questa ragione che i designer hanno cominciato a tatuare le ‘cose’ che producono: piastrelle, tavoli, ripiani, divani, sedie. Come il tatuaggio e il piercing sono sistemi rituali per appropriarsi di sé, modi per trasformare la percezione di se stessi da passiva in attiva, così le opere dello Studio JSPR, di POLKA, di Steinbock e Friedman, di Jethro Macey, di Happle e Molenschot, appaiono come sistemi per rendere più sensibile la pelle dei pavimenti, dei bagni, dei tavolini, la superficie su cui camminiamo, appoggiamo bicchieri e fogli di carta, su cui ci sediamo o facciamo la doccia.
La pelle parla di se stessa attraverso incisioni e sovrapposizioni, togliendo e mettendo colore, inchiostro, materia. L’idea del mondo come superficie inviolabile, confine che non può essere superato, se non attraverso il tatto o la visione, è superata dal tatuaggio e dalle molteplici pratiche di segnatura. In questo modo gli oggetti diventano più simili a noi, nostre estensioni visive e tattili o, forse più probabilmente, siamo noi ad essere delle estensioni tattili e visive degli oggetti che ci circondano. Quale confine esiste tra il braccio su cui è inciso un dragone azzurro e la pelle del divanetto su cui il medesimo dragone ha aperto le ali e scivola dalla seduta verso il pavimento? E se in bagno, nella doccia, i tubi invece di celarsi dietro le piastrelle si palesano sulla superficie, vogliono prepotentemente apparire? O ancora, e se il pavimento assume la forma di un fiore pixellato, una texture che si rende evidente sotto la pianta nuda dei nostri piedi, forma sconnessa e insieme ordinata del mondo?
Tutto ci-parla. Non solo, come credevano i linguisti e gli psicoanalisti, il linguaggio ci-dice, ma anche il mondo continua a dialogare coi nostri sensi in forme sempre più sottili e impalpabili: da pelle a pelle. Tuttavia niente è più inafferrabile della pelle che ci circonda, ci delimita e ci difende. Oggi diventiamo noi stessi fondendoci con l’altro che attorno, sotto, sopra, di fianco, è in stretto contatto con noi: pelle su pelle.
Marco Belpoliti








Il progetto del marmo - site visit a Carrara
Sedici giovani architetti internazionali hanno partecipato a Carrara a due giornate intensive di formazione organizzate da FUM Academy e YACademy, con visite alle cave di marmo e un workshop progettuale dedicato all’uso del materiale.