Riccardo Blumer esplora le incredibili qualità della balsa e ne ricava la più leggera delle sedie. Testo di Maria Cristina Tommasini. Fotografia di Donato Di Bello.

Tutti pensano di conoscerla. Gli architetti e gli amanti del modellismo ne apprezzano la lavorabilità e l’incredibile resistenza in rapporto al peso: è la balsa, un legno così leggero da sembrare finto. Più leggero del sughero, è usato in svariati campi: nell’industria nautica, per realizzare boe e galleggianti, nelle pipe come filtro, nell’edilizia come isolante. Pochi forse sanno che è impiegato anche nella costruzione di un’icona dell’industria automobilistica americana: il pavimento della Corvette, la vettura sportiva della Chevrolet che quest’anno festeggia il mezzo secolo di vita, è realizzato con un materiale composito a sandwich, la cui anima è di balsa. Con la sua struttura alveolare, la balsa contribuisce a ridurre le vibrazioni e il rumore, rendendo il pavimento dell’auto dieci volte più rigido che se fosse realizzato con il solo materiale composito.

Il segreto della leggerezza della balsa si svela al microscopio. Le cellule sono grandi e hanno pareti molto assottigliate: la percentuale di materia solida per spazio aperto è la minore possibile. Nella maggior parte dei legni, le cellule sono tenute insieme da un pesante legante, chiamato lignina. Nella balsa, la lignina è al minimo: solo il 40 per cento del volume di un pezzo di balsa è sostanza solida. Per stare in piedi, l’albero di balsa ha bisogno che ogni sua cellula s’imbeva d’acqua sino a diventare rigida – come un pneumatico d’auto gonfiato d’aria. Il legno di balsa verde ha un contenuto d’acqua in peso pari a cinque volte quello della sua sostanza legnosa; tagliato il tronco, il legno verde deve perciò essere accuratamente essiccato in forno, con un processo che dura due settimane, sino a che la percentuale d’acqua si riduce al sei per cento.

Il legname essiccato ha un peso che varia dai 64 ai 385 chilogrammi per metro cubico; la resistenza è direttamente correlata al peso. Gli alberi di balsa (Ochroma lagopus) crescono nelle foreste tropicali del centro e sud America, in particolare in Ecuador, ad una velocità sorprendente: sei mesi dopo la germinazione sono già alti più di tre metri e maturi per il taglio in un periodo che varia dai sei ai 10 anni, dopo aver raggiunto altezze anche di 30 metri. Non sono possibili piantagioni e la crescita rimane tuttora spontanea; il taglio è effettuato con il machete, i tronchi sono trascinati da buoi sino al fiume più vicino e di qui alla segheria per il primo taglio in grandi tavole, cui segue l’essiccazione e quindi l’assemblaggio in balle per la spedizione.

Lavorata in blocchi, tavolette, fogli e listelli, la balsa è un materiale costoso, che comunemente si utilizza in piccole quantità e per piccoli oggetti – la maquette di un progetto oppure il modellino di un aereo, appunto. Chi mai avrebbe pensato di farci una sedia?

La balsa ha colpito la fantasia di Riccardo Blumer, un progettista che sembra aver fatto della leggerezza la propria bandiera. Parafrasando Italo Calvino e l’incipit di una sua Lezione americana, si potrebbe affermare che Blumer, alle soglie della maturità – è nato nel 1959, si è laureato al Politecnico di Milano, ha lavorato con Mario Botta e ora insegna all’Accademia di architettura di Mendrisio – sostiene le ragioni della leggerezza perché pensa “d’aver più cose da dire” sull’argomento. Di fatto, il suo modo di lavorare oscilla tra la ricerca della leggerezza e gli studi sulla riflessione e rifrazione della luce. Visitando il suo studio-laboratorio, ricavato in un piccolo ex oratorio a Casciago, a qualche chilometro da Varese, ci si perde tra campioni di materiale, prototipi, lampade e sedie ‘sezionate’ e analizzate; ma ciò che colpisce di più sono alcuni modellini per la verifica del comportamento del vetro al passaggio della luce, nonché uno strano specchio che “non specchia”, progettato per Danese e mai entrato in produzione: restituendo l’immagine senza rovesciarla, l’oggetto offre all’osservatore una verità che disorienta.

Affascinato dalle qualità del legno, Blumer ne ha già portato le performance all’estremo. La balsa, con la sua perfetta struttura alveolare naturale, così minuta da rendere impossibile imitarla, sposando leggerezza a resistenza, gli ha aperto un territorio di ricerca inesplorato, che ora comincia a svelare alcuni tesori, in parte raccolti nello studio-laboratorio. Blumer ci viene incontro a bordo della Twike, una vetturetta elettrica a due posti, con tre ruote e pedali, prestata da un collega svizzero. Il tragitto in salita dalla piccola stazione ferroviaria in disuso al paese è breve e accompagnato dagli sguardi curiosi dei pochi passanti.

Il suo pezzo più famoso come designer – ma Blumer si sente soprattutto architetto – è Laleggera, una sedia prodotta da Alias che porta all’estremo la forza del foglio di impiallacciatura, di solito usato per rivestire e dare una superficie nobile al materiale sottostante. Al telaio di legno massello sono applicati (sopra e sotto) due fogli di tranciato, che già da soli garantirebbero la resistenza della scocca: nella cavità che si crea tra i due sottili strati di impiallacciatura viene iniettata la resina poliuretanica, con funzione antisfondamento, e alla quale uno sguardo frettoloso (o una descrizione non approfondita) potrebbe attribuire un ruolo che in realtà non ha.

Nel 1998 Laleggera ha ricevuto il Compasso d’Oro, forse sorprendendo lo stesso produttore che, pur credendo al progetto, non immaginava un successo tale da richiedere uno stabilimento di produzione ad hoc. Blumer si sofferma volentieri a descrivere la sua ‘leggera’, una sedia che ha la stessa struttura dell’ala di un aliante e dalla quale è nata un’intera famiglia di oggetti (tavoli, tavolini, sgabelli, panche). Rispetto a Laleggera, il nuovo progetto rovescia il ruolo affidato ai materiali naturali e sintetici. La balsa forma la massa interna della nuova sedia, mentre una pelle di vetro filato e tessuto, incollata alla balsa mediante resina trasparente, protegge il legno e lo contiene, gli dà resistenza senza alterarne la leggerezza.

Blumer, con l’aiuto dei suoi collaboratori e di Bernardo Zanotti – un ex falegname dell’Aermacchi, che ben ricorda la balsa per averla a suo tempo lavorata (s’impiegava nella costruzione della struttura delle ali degli aerei) – ha messo a punto una sedia che pesa solo 1.300 grammi (la Superleggera di Gio Ponti ne pesa 1.750), priva di viti o parti metalliche, ottenuta incollando e sagomando listelli di balsa e che ha superato i più severi test di resistenza. Alias ha deciso di produrne 100 esemplari firmati e numerati. Il progetto è stato presentato lo scorso aprile in occasione del Salone del Mobile di Milano, con una mostra presso lo Spazio Calderara che ripercorreva l’intero percorso di ricerca, durato tre anni: dai primi goffi studi formali ai prototipi, al modello definitivo immerso in una vasca d’acqua. Ovviamente, galleggiava.