Una casa-manifesto di Hiroshi Hara (1936-2025), creatore di icone e maestro di maestri

L’architetto giapponese che ci ha lasciati a 88 anni aveva fatto evolvere la lezione radicale dei Metabolisti, esprimendola in progetti e concept destinati a diventare emblematici: uno di questi, la Niramu House, usciva su Domus nel 1981.

Attraversando un’epoca intera della storia giapponese, a partire dal secondo dopoguerra, Hiroshi Hara era riuscito ad incarnarne la molteplicità di espressioni in architettura: è per questo che nel 1981, la Domus di Alessandro Mendini lo aveva incluso assieme a nomi come Arata Isozaki e Tadao Ando – Guest Editor Domus nel 2021 – in un numero monografico sul Giappone moderno, presentato con un saggio dal titolo già eloquente: “A portrait of the architect as a young Japanese”.

Nato nel 1936 a Kawasaki, laureato a Tokyo, era lì che aveva cominciato ad insegnare come associato alla facoltà di Architettura – tra i suoi studenti il premio Pritzker Riken Yamamoto e Kengo Kuma – ma era poi all’Istituto di Scienze Industriali della stessa università che avrebbe completato la sua carriera, incarnando quell’incontro di forma e tecnica proprio di una cultura, e di sue espressioni come il movimento Metabolista degli anni ’60. Gli edifici che avrebbe poi progettato sono tutti articolazioni di questo incontro, dal monumentale Umeda Sky Building del 1993 col suo osservatorio sospeso su Osaka, la stazione di Kyoto, lo spazio ibrido del Sapporo Stadium e le case sperimentali in Sud America. La Niramu House a Tokyo è anche lei un esperimento, di ridefinizione di un archetipo come la casa giapponese, che Domus pubblica nel giugno 1981, sul numero 316.

Domus 618, giugno 1981

Un ritratto dell’architetto da giovane giapponese

Generalmente quando si parla di architettura contemporanea si crede che non esista alcuna differenza tecnologica tra Giappone ed Europa: in realtà una sensibile differenza esiste da un punto di vista culturale. Non si tratta tanto di un minor grado di finitezza della nostra architettura rispetto a quella delle altre nazioni industrializzate, quanto di una certa mancanza di considerazione che l'architettura giapponese pratica nei confronti del suo intorno.

I nostri edifici, cioè, funzionano perfettamente, se per funzione intendiamo un quid astratto e indipendente da ogni preesistenza. Da questo punto di vista, è tuttavia singolare osservare come noi pratichiamo modi di vita occidentali in pubblico e costumi tradizionali in privato. Di solito, viaggiando per affari, soggiorniamo in alberghi di tipo occidentale ed occidentali sono i menù dei nostri banchetti di matrimonio. D'altra parte, però, usiamo abitualmente i bastoncini per i nostri pasti e a casa dormiamo su stuoie alla maniera giapponese, sebbene anche in questo campo i mobili occidentali stiano invadendo i nostri piccoli spazi. Un sacco di gente ascolta musica classica e canzoni occidentali, ma nei raduni informali, soprattutto nelle aree rurali, sono molto apprezzate le ballate tradizionali.

La cerimonia del té e l'arte di disporre i fiori sono ancora considerati come elementi indispensabili alla perfetta educazione delle ragazze da marito, ma vengono raramente praticate in casa. Questi ed altri atteggiamenti culturali sono stancamente acquisiti come vecchie regole sempre più isolate dalla vita di tutti i giorni. Eppure tutto coesiste in Giappone! II « moderno » è considerato occidentale, e la maggior parte dei giapponesi trova estremamente difficile distinguere ciò che è genericamente moderno da quello che è solamente europeo. Così il post-modernismo ha due aspetti: uno post-contemporaneo, l'altro pan-culturale o post-europeo.
 


Queste discontinuità dell'architettura giapponese sono il risultato di rapidi cambiamenti sociali, della mobilità di classe, dei mutamenti della forza lavoro, del decremento delle unità familiari, ecc. Il ritmo di tali cambiamenti ha subito una rapida accelerazione soprattutto dalla seconda guerra mondiale in poi. Prima di tale evento, infatti, quei pochi edifici di tipo occidentale esistenti erano destinati quasi esclusivamente a particolari gruppi sociali. Oggi, invece, la coesistenza stilistica è un dato di fatto! I giapponesi cominciano a rendersi conto che cultura e storia li dividono dall'Europa e dal resto del mondo e che il modernismo è un fenomeno generalizzato e astorico. Da tale consapevolezza scaturisce un nuovo atteggiamento verso i problemi della conservazione storica come dimostra il movimento per la salvaguardia di municipi e banche costruiti verso la fine del secolo da architetti giapponesi educati all'estero: splendide sintesi progettuali in molti casi di influssi stranieri e di apporti locali. L'architettura indigena giapponese è stata accuratamente conservata per secoli: ed ora gli storici si sono volti allo studio di taluni esempi più importanti di architettura importata.

Il Giappone ha sempre nutrito viva curiosità per il mondo straniero e le sue innovazioni. Caratteristica del costume nazionale molto diffusa un centinaio d'anni fa, all'epoca della voga cinesizzante, dal costume alla filosofia all'arte. Nella vita quotidiana, i giapponesi hanno sempre preferito il nuovo al vecchio.

Domus 618, giugno 1981

Hiroshi Hara, Niramu House, Tokyo

Apertura all'intorno e flessibilità spaziale caratterizzavano tradizionalmente l'abitazione giapponese, radicandola al paesaggio e rinforzandone la sottesa aspirazione alla convivialità. I rapidi sconvolgimenti della modernizzazione, i cambiamenti dei modi di socializzazione e l'intensivo sfruttamento del suolo metropolitano hanno reso tali caratteristiche sempre più ineffettuali e impraticabili.

Questa Niramu House — appartenente come le precedenti Awazu House, Hara House, etc. alla stessa serie delle Reflection Houses — vuole essere un tentativo teorico-progettuale di rifondare un nuovo stile della casa giapponese. Un'ala, dunque, addensa uno spazio chiuso attorno a un nucleo fortemente caratterizzato da pareti curve simmetriche e diaframmi trasparenti; l'altra, invece, sviluppa un tradizionale spazio aperto. La casa combina così metodi tradizionali e moderni, fa scontrare, approdando ad una nuova sintesi, eterogeneità ed omogeneità.

Ultimi articoli d'archivio

Altri articoli di Domus

Leggi tutto
China Germany India Mexico, Central America and Caribbean Sri Lanka Korea icon-camera close icon-comments icon-down-sm icon-download icon-facebook icon-heart icon-heart icon-next-sm icon-next icon-pinterest icon-play icon-plus icon-prev-sm icon-prev Search icon-twitter icon-views icon-instagram