Tra mostri e tarocchi: una performance sonora a Bomarzo

“Una cosa mostruosa” è una odissea contemporanea: non solo nei meandri del bosco voluto da Vicino Orsini nel Cinquecento, ma anche dentro noi stessi.

“Il mondo è un bosco” dice il professor Antonio Rocca mentre ci guida tra le imponenti sculture del Sacro Bosco di Bomarzo, il più antico parco a tema dell’epoca moderna. L’ha studiato per decenni, è venuto a vivere qui in zona “non ve lo consiglio, già è desolato ora, immaginatevi quando qui c’erano soltanto Vicino Orsini e i suoi sassi” e oggi i temi della sua ricerca sono al centro di un evento che forse nessuno si sarebbe immaginato che potesse succedere davvero. 

“Una Cosa Mostruosa” è stata concepita come “un'odissea sonora, narrativa e visiva sulla cuspide tra Ermetismo Rinascimentale ed Ecologia del Digitale […] attraverso un triplice intervento: una performance musicale di Etrusca 3D (Francesco Cavaliere e Spencer Clark), un'interpretazione immaginifica di Giulio Scalisi e una visita guidata del Sacro Bosco con il Antonio Rocca, storico dell’arte e museologo specializzato nella storia della Tuscia rinascimentale — probabilmente la persona più informata al mondo sulla storia e la simbologia del Sacro Bosco. 

Immaginatevi che il 17 Luglio 2021 si sia aperto un varco spaziotemporale che congiungeva l’iper-presente (o iper-presenza) e il passato remoto del Parco dei Mostri, complesso monumentale ideato dal principe Vicino Orsini nel 1547. Come si legge dal sito, “‘Una Cosa Mostruosa’ ha come fulcro la memoria in quanto mito, virtualità, spazio, concetto-immagine.” 

“La simbologia di questo luogo è connessa alla nascita dei tarocchi come strumento di divinazione,” ci racconta Rocca. All’epoca, quello che noi ora vediamo come un percorso scultoreo in peperino, con enormi statue grigie divorate dal verde, si presentava coloratissimo e articolato come il simbolismo di cui è intriso: “c’era Giove Ammone, il dio degli oracoli, il Basilisco che rappresenta l’eternità, l’idea che non ci sia distinzione tra il divenire e l’eterno. Anzi, soltanto quando sovrapponi il momento e l’eternità puoi accedere alla rivelazione”.

E così tutto si connette, dai tarocchi-memory disegnati da Giulio Scalisi che derivano da una riflessione sulla memoria (potete giocarci nella home del sito di UCM disegnato da Gluqbar) ai riferimenti immaginifici alla cultura etrusca presenti nel lavoro performativo di Francesco Cavaliere e Spencer Clark, fino allo studio della simbologia ermetica presente nel Sacro Bosco, che ha impegnato per decenni il professor Rocca, la voce che ci parla nelle orecchie mentre ripercorriamo insieme a lui il sentiero iniziatico ideato dal principe Orsini.

“Dio parla un’unica lingua elevatissima, ermetica ed esoterica, che successivamente è stata declinata in tutte le religioni,” ci spiega Rocca all’ingresso del parco. “E i saggi sono coloro che si avvicinano alla sorgente del senso, alla verità originaria precedente alla corruzione del linguaggio e del tempo, seguendo a ritroso una linea immaginaria che, dai greci passa agli egizi, agli etruschi e arriva ai romani.” 

Etrusca 3D e Vittoria de Franchisal al Sacro Bosco di Bomarzo. Foto Giacomo de Franchis
Etrusca 3D e Vittoria de Franchisal al Sacro Bosco di Bomarzo. Foto Giacomo de Franchis

L’idea di animare il Sacro Bosco con elaborazioni artistiche contemporanee è venuta a Vittoria de Franchis (che, oltre a curare la comunicazione di Terraforma, è responsabile di altri progetti visionari come la residenza-laboratorio Nuova Atlantide e il festival digitale Avantgardening). Conosco Vittoria da tempo e ho visto crescere in lei l’idea di contaminare uno dei luoghi della sua vita, quel bosco antico e misterioso, con nuove forme artistiche di cui il suo percorso è intriso. Così ha raccolto attorno a sé alcuni collaboratori, in primis il suo “socio” Giampaolo Scapigliati (in arte Lamusa II) per realizzare l’irrealizzabile, un sogno divinatorio, la sera del 17 Luglio 2021, sotto i buoni auspici di una Luna in Scorpione.

“Ho sempre fantasticato di realizzare un concerto al Sacro Bosco, entrando nel vivo della multidimensionalità narrativa di Bomarzo e sopratuttto di vedere il borgo popolato da chi, come me, vuole ascoltare delle storie e raccontarle trasformando”, racconta Vittoria de Franchis a Domus, aggiungendo come una delle cose per lei più emozionanti di “Una Cosa Mostruosa” sia stata vedere arrivare, con il passare dei giorni, persone “da vari punti d’Italia (e non solo!), che si incontravano nei vicoli, per caso e chiacchievano di ermetismo ed etruschi”. E dice che sogna Bomarzo come punto di riferimento a livello artistico, narrativo e di ricerca. 

“Una Cosa Mostruosa è la creazione di un locus amoenus, uno spazio fantastico-per-il-fantastico ma anche uno spazio di speculazione e approfondimento”. Il progetto, aggiunge, che  ha come primo intento quello di far scaturire una riflessione molto concreta sul contemporaneo, in particolare sull’ecologia del digitale, attraverso l’arte. “Penso che questo tipo di spazi surreali ma anche iper-reali siano fondamentali, oggi più che mai, per la generazione di alternative che ci permettano di trasformare il dramma che abitiamo.” 

Sentivamo parlare di questo evento da molti mesi, prima che si intuisse la sua reale possibilità, e forse per questo sono certa che molte persone abbiano vissuto, come me, l’arrivo di una data effettiva e della concreta possibilità di acquistare un biglietto con un carico emotivo che andava oltre la semplice euforia di partecipare a concerti concreti dopo questo iato di virtualità. Si percepiva che sarebbe stato qualcosa di diverso, qualcosa di mostruoso, stando al senso etimologico della parola Mostro “nella sua duplice etimologia (portento e svelare)” come ha sottolineato Vittoria in un’intervista a NOT

Siamo abituati ad assimilare contenuti-snack premasticati, che richiedono da parte del fruitore uno sforzo pari a zero. Li riceviamo ogni giorno nei nostri feed e, quasi passivamente, assecondiamo la nostra bulimia di input: immagini, concetti e parole che ci passano davanti in rapida successione, per i quindici secondi di una storia che dura 24 ore e poi scompare. Il nostro concetto di tempo è condizionato da questa scansione frenetica di stimoli, e i nostri organismi non hanno nemmeno il tempo di metabolizzare quello che ricevono che subito devono passare ad altro. Il risultato è che forse stiamo dimenticando come ricordare, e il fatto stesso che ricordare sia un processo che richiede sforzo quasi fisico, ci richiede di rimanere nel momento e prolungare questo momento fino a farlo diventare un percorso.

La parte veramente mostruosa della cosa successa a Bomarzo è il tempo impiegato per arrivarci, in primis a chi lo ha realizzato (un lavoro di mesi, in alcuni casi anni), ma anche a chi, come me, ne ha semplicemente fruito: già soltanto il tempo che ci siamo presi per arrivare a Bomarzo, sommato al tempo-spazio del percorso all’interno del Sacro Bosco, seguendo passo passo il percorso iniziatico immaginato da Vicino Orsini 5 secoli fa, che ci ha portati fino al tempio degli Iniziati, un luogo incantato in cui il nostro corpo è stato dimenticato per il tempo della performance Etrusca 3D, un rituale sciamanico e favolistico in cui la parola/mito si scioglie in suono e tutto ciò che è razionale diventa irreale. 

Veduta dall'alto del Tempio in occasione Di Una Cosa Mostruosa al Sacro Bosco di Bomarzo. Foto di Giacomo de Franchis

Insomma, probabilmente dovremmo concederci più spesso di esercitare la nostra memoria per ricordarci che siamo in grado di andare oltre il visibile, al di là dei confini della razionalità e della leggibilità, che dentro di noi abitano mostri o demoni che ruggiscono parole incomprensibili e ancestrali, quelle di cui ci insegnano a vergognarci quando usciamo dal regno di gioco dell’infanzia, quelle di cui abbiamo paura, che deridiamo perché escono dagli schemi con cui siamo abituati a organizzare il mondo.

I mostri creano scompiglio, ti trascinano in un caos fertile che inizialmente ti lascia stordito — cosa che immagino sia successa a chiunque abbia preso parte a questo esperimento — ma allo stesso tempo ribaltano la tua prospettiva tanto da farti chiedere se forse non stiamo vivendo nel sottosopra sbagliato. Momenti come questo non sono semplici da creare, ci vuole sicuramente una spinta iniziale di persone che non si accontentano di contribuire all’ordinario, ma scelgono la strada tortuosa dello straordinario, del favoloso, del mostruoso. E per fortuna. Viva i mostri.

Immagine di apertura: dettaglio del Sacro Bosco di Bomarzo Fotografia. Foto Giacomo de Franchis

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