Simone Forti. Pensieri fisici

Intervista. Alla Galleria Cortese di Milano, l’artista, coreografa, danzatrice e scrittrice ottantatreenne americana ricomincia a parlare con la danza.

Simone Forti Fly , 1969 Slide film, esposto in On An Iron Post Solo show September 18 - November 22, 2018

“On An Iron Post” rappresenta un ritorno inaspettato di Simone Forti con una personale all’interno di una galleria privata. La mostra si sviluppa in parallelo con Judson Dance Theater: The Work Is Never Done al MoMA di New York (dal 16 settembre 2018 a febbraio 2019), che traccia la storia di coreografi noti, artisti visuali, compositori e registi deglli anni Sessanta. Nata in Italia e cresciuta a Los Angles, l’artista è diventata una figura chiave nello sviluppo della performance contemporanea degli ultimi cinquant’anni. Artista, coreografa, danzatrice e scrittrice, Forti ha dedicato tutta se stessa alla ricerca di una consapevolezza cinestesica, in continuo dialogo con l’improvvisazione e la sperimentazione. La cooperazione con altri artista rappresenta un importante aspetto della sua pratica, a partire dai suoi mentori Anna Halprin e John Cage, fino ai musicisti come Charlemagne Palestine e Peter Van Riper. Nei suoi lavori più recenti, dal titolo News Animatio, ha iniziato a includere l’uso della parola parlata nella sua danza. E ha concesso, su questo tema, un’intervista molto speciale.

Quale tipo di ambiente culturale e creative ha nutrito la tua ricerca sul linguaggio del corpo quando eri agli inizi della tua carriera? Quali erano le tue forme di ispirazione?
Ho iniziato a danzare con Anna Halprin a San Francisco quando avevo 21 anni. Lei stava appena cominciando a lavorare con l’improvvisazione ed era molto ispirata nel seguire quella direzione. Alcuni di noi diventarono il suo laboratorio, condividendo questo intenso trasporto. L’attenzione alla sensazione rappresentava una chiave di volta, parallelamente all’attitudine per l’esplorazione. Lei ha creato l’accesso per indagare fisicamente, ad esempio, la forza di gravità, o lo spazio negativo tra i ballerini, oppure, nel piccolo, la libertà di movimento della sua spalla, o, ancora, per far assumere ai nostri corpi una sorta di qualità formale di un particolare gruppo di alberi.

E quali tipi di incontri, puoi oggi afferrare, hanno cambiato la tua pratica e la tua vita, inclusa la relazione con Peter Van Riper?
Ho lavorato con Anna per quattro anni prima di trasferirmi a New York dove ho trovato una classe di studenti che seguiva composizione e il cui insegnante era Robert Dunn, presso il Merce Cunningham Studio. Qui sono stata introdotta al lavoro di John Cage che stava utilizzando elementi della casualità, per arrivare al suono che sin poteva sentire in completa purezza, senza distrazioni derivanti dalle abitudini culturali e dalle aspettative. Ho compreso che avrei potuto inventare approcci che mi avrebbero restituito quel che io sentivo sarebbe stato necessario. In quel momento avevo bisogno della semplicità dettata dal mio corpo che performava determinati obiettivi senza alcun tipo di stilizzazione.. Questo è quel che è successo quando ho concepito le Dance Contructions nel 1961. Questi lavori utilizzano normali momenti quotidiani per visualizzare una relazione con gli oggetti come un limite ricreato con alcune corde e disposto con una certa inclinazione, invitando i performer a scalarlo fino a risalirlo.

Come l’improvvisazione potrebbe demolire i muri della coscienza eretti tra il pensiero e i gesti corporei? E come, da un altro punto di vista, i pensieri potrebbero definitivamente plasmare o sciogliere i nostri corpi?
Per molti anni ho improvvisato il movimento mentre parlavo. Ho chiamato questa pratica News Animations. Io esploro le mie intuizioni frammentarie sulle modalità con le quali gira il mondo mentre si fanno pensiero che può essere detto, parlato. Queste intuizioni possono prendere la forma di modelli mentali di energie in azioni, che io poi incorporo. Spesso un nuovo pensiero può spingermi a correre, oppure a fondermi con il pavimento. In quei giorni trovavo così difficile poter parlare a parole del mondo che mi circondava.

Simone Forti Flag in the Water, 2014 Video durata: 19' 46"
Simone Forti, Flag in the Water, 2014, Video, durata: 19’46”, esposto in “On An Iron Post”, Galleria Raffaella Cortese, settembre 2018

Che cosa significa l’espressione On an Iron Post nei confronti della mostra personale?
Sono molto felice di esporre un lavoro recente, un trittico di video. Come centro di gravità della mostra “On An Iron Post”  si presenta come un legame fisico  con l’oceano, un fiume e una riva del lago, con la sabbia, l’acqua e la neve. Ogni video in qualche modo fa riferimento alla definizione più estesa di mondo, un una massa di giornali, con una bandiera astratta e con una vecchia radio che si avviava a manovella. Non c’è nessun messaggio sottinteso, ma, piuttosto, un invito a lasciare che il proprio corpo promuova le proprie idee e pensieri.

Potresti cortesemente descrivere il recente corpus di lavori che mostrerai a Milano, assieme al trittico video?
Il mio lavoro più nuovo è un set di tre video, adesso visibili da Galleria Raffaella Cortese. Il primo lavoro, Zooma News, ha preso luogo sulle spiagge dell’Oceano Pacifico dove ho sciolto una pila di giornali su un surf mentre io mi innestavo completamente con la sabbia e le onde. Flag In The Water è stata girata sulle rive del fiume Mississippi, nel quale ho immerso una bandiera americana astratta. In A Free Consultation, che ha trovato come set le rive del Lago Michigan, io mi muovo sulla pancia sulla neve, sulle sponde del lago mentre faccio suonare una piccola radio a manovella. Il titolo di questo video proviene da un frammento di una campagna pubblicitaria che ho sentito in radio. In tutti e tre i video io sono guidata dalla necessità di lasciare andare i miei pensieri, mentre mi lascio impregnare fisicamente da componenti del terreno e con alcuni prodotti della nostra civilizzazione come i giornali, le bandiere o la radio. La mostra “On An Iron Post” include anche elementi come disegni su cornici vuote e una slide di una mosca esposta su una lavagna luminosa.
 

Potresti esprimere un pensiero o una chiave di lettura che accompagni i visitatori, affinché i loro corpi conservino le proprie idee e i propri pensieri?
Il titolo, “On An Iron Post” è stato trovato casualmente, aprendo un libro di poesie di William Carlos Williams. Mi piace l’idea che non provi in alcun modo a definire la mostra mentre aggiunge un’latra immagine specifica.

Titolo mostra:
Simone Forti. On An Iron Post
Date di apertura:
Dal 18 settembre al 22 novembre 2018
Sede:
Galleria Raffaella Cortese
Indirizzo:
via Stradella 7, Milano

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