The Strange Sound Of Happiness, un docu-film di Diego Pascal Panarello

Il regista si racconta in modo autentico e poetico, attraverso uno strumento ancestrale, lo scacciapensieri: un piccolo pezzo di ferro che, se fatto vibrare, suona la musica del cielo e dello spazio.

Diego Pascal Panarello, The Strange Sound of Happiness

The Strange Sound of Happiness è una storia reale che l’autore racconta in chiave fantastica. Dopo anni fuori casa, Diego torna in Sicilia dove non ha né un lavoro né piani per il futuro, ma il suono dello scacciapensieri gli indicherà la via che lo condurrà dalla calda Sicilia alla fredda Jacuzia… Da molti critici definito docu-fantasy, il film ha un approccio documentaristico in cui la realtà si confonde con la fantasia. Le animazioni, realizzate dall’artista cult Alvise Renzini, primitive e allo stesso tempo futuristiche come il suono dello strumento, ci invitano abilmente a perderci nel mondo segreto dei sogni.

Il film nasce da un pretesto che purtroppo è anche una difficile realtà italiana. Viviamo in una società in cui se non hai un lavoro non sei nessuno. Ma di lavoro, purtroppo non ce n’è. Qual è il nodo centrale da cui è nato il film, lo strumento musicale o il problema sociale?
Il film nasce sicuramente dallo strumento. È nato nel momento in cui ho emesso il primo suono. Ho provato una sensazione di piacere e ho pensato che quel piccolo pezzo di ferro volesse dirmi qualcosa. Non sapevo ancora che avrei fatto un film e in realtà avevo già iniziato. È stato un lungo processo di ricerca, in un periodo della mia vita in cui, tornato in Sicilia dopo varie esperienze all’estero, ero disoccupato. Poi questa avventura si è rivelata un’opportunità lavorativa che potrebbe servire d’esempio ad altre persone nella mia stessa condizione, senza troppe prospettive per il futuro, ma che magari, appassionandosi a cose apparentemente insignificanti, potrebbero scoprire dei mondi inaspettati come quello che ho scoperto io attraverso questo film.

Com’è possibile che uno strumento così semplice e caratteristico esista in due luoghi tanto lontani tra loro, la Sicilia e la Jacuzia? Esistono altri Paesi in cui si suona il marranzano?
Lo scacciapensieri si nasconde da sempre negli angoli di ogni cultura, nel senso che esiste ovunque: se lo chiedi a un austriaco, ti dirà che proviene dall’Austria; un giapponese ti dirà che viene dal Giappone; e così via. È uno strumento universale che appartiene all’umanità, che rappresenta l’essere umano con le sue similitudini e le sue differenze. In qualche modo, abbatte i concetti di confine e appartenenza nazionalista. Perché in Jacuzia abbia trovato la propria mecca, questo rimarrà per me sempre un mistero.

 

In Sicilia l’uso del marranzano sta morendo? Che valenza ha avuto storicamente?
In Sicilia il marranzano sta vivendo un’epoca di rinascita anche grazie al Movimento dei Giovani Suonatori che promuove le antiche tradizioni siciliane. Prima ancora di diventare “lo strumento dei mafiosi”, era uno strumento che si utilizzava per la meditazione, un passatempo da sempre legato alla solitudine della vita pastorale.

Che ne pensano i siciliani della tua scoperta? Hai desacralizzato un mito!
I siciliani “più estremisti” si sono arrabbiati. Gli altri hanno accettato il film come una storia. Quando si fa un film e si racconta una storia, non si possono accontentare tutti, bisogna seguire la linea narrativa del film. Ho lavorato sul binomio del caldo-freddo, della Sicilia-Jacuzia, posti lontani che ho cercato di avvicinare attraverso il ponte del marranzano senza troppo approfondire le tradizioni siciliane, che seppur interessanti, non hanno trovato spazio nel film che si apre invece alla visionarietà, ai momenti onirici e ai momenti poetici che a volte hanno più a che fare con la mia storia personale che con la storia dello strumento.

Lo scacciapensieri si nasconde da sempre negli angoli di ogni cultura, nel senso che esiste ovunque: se lo chiedi a un austriaco, ti dirà che proviene dall’Austria; un giapponese ti dirà che viene dal Giappone; e così via.

Dal film sembra di capire che in Jacuzia il marranzano sia uno strumento sacro. Fino a che punto lo è?
Il Khomus, che letteralmente significa “uomo magico”, è riconosciuto ufficialmente come strumento nazionale. Tutti ne posseggono almeno uno a casa e tutti lo suonano benissimo. Imparano a scuola sin da bambini e con lo scacciapensieri fanno tante cose. Lo usano per diletto, per parlare con i morti, nei riti sciamanici, per fare le ninne-nanne e anche come tema decorativo. A forma di marranzano fanno torte, aiuole, statue di ghiaccio, orecchini, ciondoli. Ma in realtà dietro a tutto ciò c’é forse una realtà politica: la Jacuzia ha un territorio grande come tutta l’Europa con soltanto un milione di abitanti, come se gli abitanti di Palermo fossero distribuiti in tutta Europa. Non hanno i nostri Michelangelo, Raffaello, Donatello e, quindi, incentrano la loro cultura esportabile su poche cose. Lo scacciapensieri è una di queste: un piccolo simbolo che li rende forti all’estero.

“Un uomo piccolo piccolo, dalle profondità dello spazio aprirà una porta e a noi arriverà. I suoi occhi bruceranno come lava, il suo viso sarà scuro come chi ha fatto un lungo viaggio. Il marranzano gli svelerà un mondo segreto senza inizio e senza fine e lui lo racconterà. E sulle sue onde voleremo lontano…”. L’uomo piccolo piccolo, Diego, sei tu?
Questa piccola filastrocca che di tanto in tanto viene fuori nel film è tratta da un antico poema che predisse l’unione della Jacuzia col resto del mondo attraverso lo scacciapensieri. Parla di un uomo piccolo che attraversa un tunnel spazio temporale e c’è chi a visto nel mio arrivo una strana coincidenza. Io nel film lo lascio intuire perché c’è qualcosa di verosimile: in qualche modo, anche attraverso di me, la Jacuzia oggi è più conosciuta nel resto del mondo.

Adesso che hai aperto la porta, continuerai a cercare di sapere di più sullo scacciapensieri o ci lascerai fluttuare nello spazio siderale?
Senza dubbio vi lascerò fluttuare nello spazio e io mi perderò assieme a voi.

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