Triennale: Intense proximity

Okwui Enwezor, direttore artistico di questa Triennale, tenta l'ibridazione del tessuto culturale parigino, coniugando il meglio della ricerca francese con l'agenda etnografica e antropologica delle realtà emergenti nel contesto artistico internazionale.

Costruito sul modello di fruizione rizomatica, ma con le caratteristiche del grande evento, la Triennale si appropria della considerevole e rinnovata offerta di spazi per l'arte contemporanea della città. In leggera sincronia e in occasione della riapertura del Palais de Tokyo (il nuovo direttore è Jean de Loisy), le sale dell'istituzione, finalmente ampliate fino a occupare interamente i suoi 22.000 metri quadrati sono fino ad agosto investite dalla direzione artistica di Okwui Enwezor.

Coadiuvato da un team di esperti e talent scout della scena artistica internazionale – Mélanie Bouteloup, Abdellah Karroum, Émilie Renard, Claire Staebler – Enwezor tenta l'ibridazione del tessuto culturale parigino con il titolo Intense Proximity, coniugando il meglio della ricerca francese con l'agenda etnografica e antropologica delle realtà emergenti nel contesto artistico internazionale. Una galassia di eventi, che investe realtà espositive satellitari come Bétonsalon o Le Credac d'Ivry e nel suo fittissimo calendario anche il Grand Palais che ha ospitato una Soup/No soup di Rirkrit Tiravanija e culminerà con l'edizione 2012 di Monumenta affidata a Daniel Buren. Sulla carta, l'offerta espositiva è vertiginosa e pensata probabilmente per competere su scala espositiva con altri eventi europei dell'estate come l'edizione numero tredici di Documenta.
<i>Intense Proximity</i>, Triennale di Parigi, dal 20 aprile al 26 agosto
Intense Proximity, Triennale di Parigi, dal 20 aprile al 26 agosto
Il Museo Galliera si fregia di una colossale opera di El Anatsui che ricopre la facciata dello splendido padiglione-cantiere. La capillarità delle installazioni e proposte – un giornale della Triennale online e un'intensa attività collaterale di mediazione culturale – è pianificata con l'intenzione di permettere al pubblico di godere pienamente di questa "primavera-estate" artistica di alto profilo. Dal Louvre fino alle mediatizzate periferie, la Triennale eredita la difficile missione politica di sottolineare le caratteristiche innovanti della scena francese, con un appuntamento iniziato nel 2006, alla sua prima edizione, maldestramente denominato La Force de l'Art.
<i>Intense Proximity</i>, Triennale di Parigi, dal 20 aprile al 26 agosto
Intense Proximity, Triennale di Parigi, dal 20 aprile al 26 agosto
Serve davvero un periplo urbano per visitare le sedi espositive e un occhio al calendario che continua a proporre eventi e proiezioni. Bétonsalon segue una sua traiettoria antropologica con la mostra: Tropicomania, la vita sociale delle piante, proponendo un inedito punto di vista tra esotismo, agronomia e commercio; e per giugno è prevista la proiezione di Ananas di Amos Gitai, un raro film del 1984 programmato al Museo di storia naturale: davvero una profezia della globalizzazione e del suo pensiero. L'universo gender, queer e tossico è esplorato in una produttiva residenza ai Laboratoire des Aubervilliers da Pauline Boudry e Renate Lorenz, che con il loro lavoro hanno rivisitato archivi della polizia, documenti del passato fotografie e film, esplicitando la storia o le storie cancellate o rese illeggibili del movimento assolutamente fondante per l'estetica contemporanea.
Il filtro etnografico scelto dal curatore tiene sulla carta e il catalogo è magnifico. Molto meno interessante è invece la narrativa quando evolve e si snoda nelle sale
<i>Intense Proximity</i>, Triennale di Parigi, dal 20 aprile al 26 agosto
Intense Proximity, Triennale di Parigi, dal 20 aprile al 26 agosto
Performance e un convegno animato da Nana Adusei-Poku, anche se un poco confinate nei laboratori di Aubervillieres, espandono alcuni dei motivi centrali presenti nel catalogo, ma timidamente rappresentate nel display e nella formulazione centrale del direttore artistico Okwui Enzwenor. Le opere in mostra al Palais de Tokyo sono decisamente più patinate e gli artisti e i lavori a cui viene chiesto di trattare l'intrigante racconto etnografico del catalogo sono spesso scelti con una propensione all'intenzione decorativa tipica dei grandi eventi spettacolari. Tutti assolutamente ponderati nell'apporto teorico gli artisti in mostra: da Alfredo Jaar a Carol Rama, autrice di lavori molto più belli e che potrebbero competere con la scala di questi spazi. Più spesso, sono gli artisti stessi i pionieri nella critica alle istituzione; Adrian Piper o un vero outsider come Zdenek Kosek, quando esposti, continuano a essere vere spine nel fianco e rivelatori dell'impossibile unitarietà e definizione del contesto artistico contemporaneo. Il filtro etnografico scelto dal curatore tiene sulla carta e il catalogo è magnifico. Molto meno interessante è invece la narrativa quando evolve e si snoda nelle sale. Il lavoro degli artisti – un esempio è George Abeagbo – sembra confinato e segregato e persino schiacciato nella sua forma effimera. La forma bazaar, l'accumulazione o la distratta giustapposizione che si produce nella sua quintessenziale bellezza, stride con la forma showroom, leccata dell'arte pronta per il white cube.
<i>Intense Proximity</i>, Triennale di Parigi, dal 20 aprile al 26 agosto
Intense Proximity, Triennale di Parigi, dal 20 aprile al 26 agosto
L'impressione generale è che qui non si possa prescindere dal fatto che una bella foto Paradise #jungle di Tomas Struth – e ce ne sono 4 – debbano essere una quinta contemporanea da milioni di dollari ed essere deliziosamente installate per pesare ideologicamente di più di un film di Jean Rouch. Il problema di questa mostra sta nel discorso di Dakar di Sarkozy del 2007 con quell'uomo africano che non è ancora entrato abbastanza nella storia, è nel razzismo e populismo che contraddistingue la creazione in Francia di un Ministero dell'immigrazione e dell'identità nazionale e collide con questo palcoscenico elettorale per politici che poi si fanno fotografare sullo sfondo dello skatering di Ulla von Brandeburg e non di fronte ai ricchissimi e sontuosi lavori trash di El Anatsui. La piccola e discreta placca al pianoterra in acciaio e plexiglas, incisa anche in caratteri braille, ricorda che l'inaugurazione del nuovo Palais de Tokyo è avvenuta una settimana prima della corsa elettorale per la presidenza. Il Quay Branly è un'eredità della presidenza Chirac e il post-illuminismo di cui si vorrebbero ereditare le movenze con questa Triennale è un ingrediente difficile da stemperare in un mondo globalizzato.
<i>Soup/No Soup</i> di Rirkrit Tiravanija al Grand Palais, lo scorso 7 marzo. Da destra a sinistra: Rirkrit Tiravanija, lo chef che ha cucinato la zuppa, Chloé, regista generale dell'evento, organizzato dal Centre national des arts plastiques (CNAP). Photo Marc Sanchez
Soup/No Soup di Rirkrit Tiravanija al Grand Palais, lo scorso 7 marzo. Da destra a sinistra: Rirkrit Tiravanija, lo chef che ha cucinato la zuppa, Chloé, regista generale dell'evento, organizzato dal Centre national des arts plastiques (CNAP). Photo Marc Sanchez
Fino al 26 agosto 2012
La Triennale: Intense Proximity
Palais de Tokyo, Bétonsalon – Centre for art and research, Centre d'art contemporain d'Ivry – le Crédac, Galliera, musée de la Mode de la Ville de Paris, Grand Palais, Instants Chavirés, Les Laboratoires d'Aubervilliers, Musée du Louvre
Boris Achour, <i>Séances</i>, al Credac (fino al 3 giugno). Immagine tratta dal film <i>Naissance du mikado</i>, 2012, video muto di 13 minuti. 
© Boris Achour
Boris Achour, Séances, al Credac (fino al 3 giugno). Immagine tratta dal film Naissance du mikado, 2012, video muto di 13 minuti. © Boris Achour

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