Nel cuore della Hudson Valley, Forma Architects ha realizzato una casa compatta ma strategicamente aperta sul paesaggio, nata dall’ambiziosa scelta dei due co-fondatori dello studio (e amici) – Miroslava Brooks e Daniel Markiewicz – di acquistare insieme un terreno libero in mezzo alla natura e di progettarvi un’abitazione in comproprietà.
Nel corso della pandemia, l’ansia di relazioni interpersonali e di un rapporto “catartico” con lo spazio aperto ha spinto i due architetti a rivalutare le loro formule abitative (uno residente a Brooklyn con la moglie, l’altra in affitto con il marito a Stamford in Connecticut), assieme alle ragioni economiche del difficile accesso alla proprietà.
Tra lock-down, revisioni del progetto e traslochi, questo cubo di legno scuro sospeso tra un bosco e un piccolo lago ha preso la natura di un laboratorio di architettura resiliente, che propone un possibile modello abitativo alternativo: la comproprietà di uno spazio intenzionalmente ridotto per contenere al massimo l’impronta ecologica del costruito nel paesaggio (e i costi) senza sacrificare qualità abitativa ed efficienza gestionale, aprendo la strada a nuove forme di domesticità minima e condivisa.
La casa su tre livelli, situata in un contesto prevalentemente boschivo di 9 acri a Copake, a nord di New York, è progettata in stretta relazione percettiva e fruitiva con il contesto circostante. Un essenziale cubo rivestito in cedro scuro si erge sulla sommità della collina fondendosi con le tonalità del bosco; squarci nell’involucro esterno giocano con linee ortogonali e inclinate plasmando il portico al piano terra e le aperture superiori, e disegnando fronti differenziati a seconda dell’orientamento e delle visuali.
In contrasto con i toni scuri del rivestimento esterno, gli interni schiudono spazi nitidi e radiosi, grazie alle pareti immacolate e rivestimenti in legno chiaro, e alla luce naturale che filtra dalle generose vetrate.
Un layout chiaro e funzionale ha garantito la massima flessibilità e ottimizzazione degli ambienti per soggiorni stagionali o residenze a lungo termine, preservando l'autonomia e la privacy degli ambienti notturni e mettendo in condivisione quelli diurni.
Al secondo pian, la zona giorno, crea con le sue grandi finestrature un nucleo centrale luminoso e si pone come cuore pulsante della vita comunitaria, intorno a cui ruotano gli spazi domestici; il camino fa da perno tra cucina, sala da pranzo e soggiorno, esaltando il carattere funzionale e simbolico del “focolare”.
Lungo la facciata ovest, la disposizione delle tre camere da letto con bagno privato consente a diverse tipologie di utenza (dalle famiglie, ai viaggiatori individuali, agli stessi comproprietari) una varietà di soluzioni autonome.
L’opera si inserisce nel solco che unisce l'Existenzminimum del Movimento Moderno – la ricerca sullo spazio “minimo” (ma dignitoso) e tecnologicamente replicabile per la classe operaia, concepito per abbattere i costi e rispondere all’urgenza abitativa – a esperimenti più recenti di “micro-case”, magari anche in co-gestione, sia in città sia a contatto con la natura: luoghi che racchiudono in pochi metri quadrati il senso dell’abitare (e il sollievo di una minima impronta economica ed ecologica), confermando – con Amleto – che ci si può sentire “re di uno spazio infinito" anche da dentro un "guscio di noce”.
- Progetto:
- House on a Hill
- Progetto architettonico:
- Forma Architects
- Gruppo di progetto:
- Miroslava Brooks, Daniel Markiewicz, Kyle Troyer
- Appaltatore:
- Kalmen Construction
