Questo articolo è stato pubblicato in origine su Domus 1085, dicembre 2023.
Cascina San Carlo, costruita nel 1915, è un frammento del passato agricolo del quartiere milanese Crescenzago. Oggi è, però, anche simbolo di come il progetto, in sinergia con le reti sociali, possa radicalmente trasformare i luoghi in cui viviamo. La configurazione dell’area è il frutto dell’intenso sfruttamento delle risorse acquifere da parte dell’industria negli anni Sessanta (fra tutti, Magneti Marelli e Falck), e della costruzione del quartiere Adriano da parte del gruppo Ligresti negli anni Ottanta, da cui la cascina si salvò grazie alla resistenza che i suoi abitanti opposero. Dal 2017, il quartiere è oggetto di una consistente riqualificazione da parte del Comune e del Piano Periferie del Governo.
La cascina è stata trasformata da un progetto avviato nel 2016 e concluso nel 2022, concepito da B22 e Carlo Venegoni, e realizzato tramite un processo di raccolta fondi. Il cluster di edifici, che comprende servizi abitativi per famiglie con fragilità, un padiglione civico e spazi pubblici verdi, bonificati e riqualificati, ha preso il nome di Son Cascina San Carlo – dove Son è acronimo di “Speranza oltre noi”, come la Onlus che ne è committente. L’intervento è ispirato alla legge 112/2016 del “Dopo di noi” in materia di assistenza in favore delle persone con disabilità grave prive del sostegno familiare. La struttura è anche frutto del lavoro intenso di una rete sociale – sottolinea Venegoni – che comprende Luciano Scotuzzi, presidente di Son Onlus, e Don Virginio Colmegna, presidente della fondazione Casa della Carità.
Il progetto architettonico interpreta l’orientamento suggerito da queste premesse rigenerando le tracce storiche, agendo in termini di sostenibilità ambientale e supportando le fragilità delle famiglie attraverso spazi per l’inclusione sociale. Tutte queste caratteristiche rendono l’intervento unico nel suo genere in Italia.
Il complesso è formato da quattro volumi, di cui uno preesistente. I due più settentrionali, di nuova costruzione, ospitano le unità abitative dove genitori anziani e figli con fragilità cognitive possono convivere non rinunciando alla privacy. Al primo piano, inoltre, si trovano gli ambienti destinati ai caregiver, con grandi lucernari affacciati verso il verde. A sud del lotto, il padiglione all’ingresso del lotto e l’edificio esistente ospitano due associazioni con vocazione sociale e un alloggio per l’autonomia. Inoltre, il padiglione è dotato di una sala con laboratorio di cucina aperta ad attività civiche e pubbliche, un ponte verso il quartiere che, in orari serali, viene riservato all’uso dei residenti. Proprio quando non c’è luce, questo “landmark discreto” – come lo definisce Stefano Tropea, fondatore di B22 – si fa lanterna e “si rende visibile al quartiere”.
I nuovi volumi riprendono la forma di uno stabile fatiscente, demolito prima dell’intervento: assumono così prospetti articolati, caratterizzati da un drammatico incremento di altezza in corrispondenza dei grandi lucernai. Molta cura è posta nella posa del mattone, materiale con cui sono realizzati i tre corpi di nuova costruzione. In alcuni punti si dirada o affonda rispetto al filo del muro lasciando posto a vuoti che ricordano le tipiche costruzioni agricole lombarde. Le finestre, incorniciate da serramenti di legno e alluminio verniciato, all’interno diventano piccoli spazi abitabili. Il vecchio edificio è stato recuperato e portato ad alti livelli di prestazioni energetiche.
Raro è trovare in progetti di questa tipologia un disegno così attento anche nei dettagli più mondani, fino alle gronde e ai pluviali. Ciò è dovuto all’attenta ricerca sulla domesticità, che in questo caso risponde anche ad aspetti percettivi legati alle disabilità cognitive, ma che attraversa tutta la pratica dello studio B22, dalla torre di alloggi sociali di Cascina Merlata (2015) alle quasi concluse residenze cooperative di via Savona 120, entrambe a Milano.
