Razionalismo milanese nella città degli angeli

Marcello Pozzi porta qualità dell’esperienza abitativa e misura umana in un quartiere in trasformazione di Los Angeles, tra echi di Asnago e Vender e di Gio Ponti. 

Mentre alcune generazioni di architetti si sono formate “imparando da Las Vegas”, per evocare Scott Brown, Venturi e Izenour, altre hanno invece continuativamente imparato da Milano, dal suo razionalismo modernista e dal suo breve ma intenso postmodernismo edonista.

Queste 2, o 3, scuole di pensiero progettuale convergono nel lavoro di Marcello Pozzi, architetto italiano e milanese, che da più di vent’anni fa base a Los Angeles, realizzando negli Stati Uniti, spinto da un mercato immobiliare in cerca di qualità, progetti a grandi scale ad uso collettivo, tra alberghi e uffici, dalla costa ovest alla costa est.

Complice l’ultima crisi sanitaria, e sull’onda della precedente crisi economica e quindi sociale che soprattutto negli U.S.A. ha bloccato lo sviluppo di grandi interventi per grandi masse, l’architettura più interessante si sta applicando a occasioni più contenute, più a misura d’uomo e d’ambiente.

È unendo la scala umana alla scala urbana, con un certo razionalismo contemporaneo, riscoprendo le sue radici milanesi, che progetta l’ultima realizzazione a L.A., per un piccolo condominio in un quartiere ancora popolare che si sta riqualificando.

Con un’idea ambiziosa di ricostruire brani di città, realizzando una serie di “pietre miliari” proprio dove ormai più di 50 anni fa si parlava di non-città, di non-luoghi, per l'impossibilità di riconoscere un minimo ordine nel quale orientarsi, questo intervento appena inaugurato si compone di un volume chiaro e netto, come una dichiarazione d’intenti.

La richiesta di organizzare un gruppo di residenze in un corpo collettivo si trasforma così nell’occasione di ragionare su spazi comuni, flussi, distribuzioni, punti di vista, aperture verso il paesaggio e vani interni a cielo aperto, che nell’insieme determinano un organismo che funziona intorno a una corte ombreggiata aperta e che è punteggiato da cavedi luminosi che fanno da cerniera tra le unità abitative. Il risultato vede un insieme di circa 30 appartamenti, con una porzione dedicata all'affitto per “equo canone” riservata ai meno abbienti.

Il volume compatto ma al tempo stesso permeabile, risulta semplice e minimo, pulito e sobrio, in mezzo a vecchie “architetture senza architetti” e a un rumore visivo delle nuove architetture americane, che seppur ridimensionate tendono sempre a voler mostrare determinati attributi, soprattutto con un regolamento edilizio che invita a interpretare lo “Spanish Style”.

Sulle nitide facciate, alcuni piccoli scarti volumetrici, ampi serramenti nelle zone giorno e soprattutto un sapiente gioco compositivo di balconi e ringhiere animano i prospetti che offrono all’abitante un affaccio tridimensionale che nella sua asimmetria rende dinamico il risultato.

Proprio qui si riconosce un omaggio dichiarato alla capacità compositiva di Asnago e Vender, fatta di regola ed eccezione, e nello spazio si riflettono anche le intuizioni di Gio Ponti, come il patio di Villa Planchart su cui un poetico soggiorno si affaccia senza barriere.

Il clima mite è un dato progettuale propositivo e il piano terreno ospita così spazi attrezzati per la condivisione quotidiana, mentre i 3 piani dell’abitazione sono distribuiti intorno al giardino tramite dei corridori a ringhiera, come la tradizionale tipologia popolare milanese delle corti a ballatoio.

Domina il bianco delle facciate che sono state proporzionate con rapporti armonici e, in attesa di una vegetazione rampicante prevista che animerà e proporzionerà alcuni brani esterni e tutta la corte interna, le porte verde salvia e i soffitti rosa antico temperano il gioco di chiaroscuri che dialogano con l’azzurro profondo del cielo californiano. Sotto questo cielo, sul tetto terrazzo comune, accogliente e arredato, si ammira un panorama a 360° con downtown e i suoi grattacieli a sud, in una cornice continua fatta dai profili sinuosi delle colline di Hollywood.

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