C’è un vuoto nel bosco

Anche la manutenzione dovrebbe far parte delle pratiche di progetto. Ground Action lo dichiara e lo fa con 250 mq di intervento nel paesaggio sulle rive del Sile, nella provincia di Treviso.

Un vuoto di 250 mq per 10 metri di altezza, a cui si arriva attraverso un percorso labirintico scavato in una fitta vegetazione. Sono 2.500 i metri cubi di massa vegetale sottratta a un pioppeto sulle rive del Sile, in provincia di Treviso.  Qui il collettivo veneto-siciliano Ground Action – fondato da Matteo D'Ambros, Sergio Sanna e Roberto Zancan – ha creato (e continua a mantenere) uno spazio circolare per sottrazione.

In questo luogo, dove si produce il cippato, il gruppo ha realizzato quello che definisce un “manifesto intorno alla manutenzione della natura, che si oppone al giardinaggio e al paesaggio tradizionali”.  La Radura – questo il nome dell’intervento – ha ospitato in questi anni diversi eventi, in particolare nei momenti di manutenzione e taglio, quindi durante i solstizi e gli equinozi.

Un luogo "nascosto ma vicino alla civiltà", non di facile accesso.
Lo spazio si raggiunge infatti attraverso un sentiero – che un po’ disorienta, quasi un accesso rituale – in un’atmosfera che dà, di ciò che le è esterno, una sensazione ovattata.

Nel video, La Radura durante l’installazione-banchetto“Ultima notte d'estate”, tenutosi a settembre 2019, in collaborazione con il collettivo HPO. Riprese di Dario Rizzi

Concettualmente, questo luogo si distanzia dall’idea di giardino che “nega la natura” dice Ground Action, e continua: “il nostro intervento è una via di mezzo, ma nulla ha a che fare nemmeno con il Terzo Paesaggio”. Mi spiegano che a questo pezzo di campagna, coltivato in maniera tradizionale, si è sottratta una massa vegetale corrispondente alla quantificazione di assorbimento di CO2. In parole più semplici, se pensiamo alla quantità di cippato sottrata con l’operazione, questa corrisponde alla quantità necessaria per riscaldare una casa per un anno. La sottazione di questa massa è avvenuta nella ‘costruzione’ di quello che si percepisce paradossalmente come un interno, pure malleabile nelle declinazioni d’uso.

Al centro di questo teatro naturale restano due platani, un rovere e una pianta che pare un pruno: tutte spontanee. Nel processo manutentivo-performativo del taglio, racconta il gruppo, si decide cosa mantenere e cosa no, e ci si rende consapevoli di una crescita a cui si rinuncia.
Ciò intende contrapporsi all’idea di genio, invitando a riconsiderare ciò che non è mai stato pensato come di valore artistico: il gesto della manutenzione, quello del contadino che con la terra e con le piante continuamente progetta e riprogetta il territorio. Mi nominano Joseph Beuys e “Sweeping Up”, performance realizzata nel 1972, dove l'artista spazzava la Karl-Marx-Platz a Berlino, dopo la parata del May Day.
Se pensiamo quindi al paesaggio come elemento di valore artistico, allora perchè non considerare i gesti del lavoro depositato nel tempo, da chi a quel paesaggio ha dato forma, come artistici?

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