Verso un’architettura dell’equità

Prendendo come riferimento il modesto e sperimentale Arcadia Education Project, Saif Ul Haque riflette sull’adeguatezza di soluzioni semplici ma innovative, attuate rispettando dei vincoli, ma puntando a farle diventare modelli che ci traghettino verso il futuro.

Questo articolo è stato pubblicato in origine su Domus 1050, ottobre 2020.

Prendendo come riferimento il modesto e sperimentale Arcadia Education Project, abbiamo riflettuto sull’adeguatezza di soluzioni semplici ma innovative, attuate rispettando dei vincoli, ma puntando a farle diventare modelli che ci traghettino verso il futuro. Le questioni complesse devono essere esaminate in profondità prima che si verifichino problemi che, a loro volta, si trasformano in sfide che richiedono strategie attentamente elaborate per essere superate.

Queste ultime si trasformano poi in azioni, il cui successo o fallimento si accompagna a felicità o dolore. Nella sua fase iniziale, l’architettura è inserita in un quadro di questioni che a poco a poco ci guidano a individuare soluzioni da valutare e mettere alla prova nel tempo. Questo processo a catena ha un posto importante nell’evoluzione della professione.

Tematiche

Il rapido riscaldamento globale che ha prodotto il cambiamento climatico è probabilmente la questione di cui si è discusso con maggiore continuità negli ultimi tre decenni. È il risultato di oltre due secoli di azioni umane, in generale intese a migliorare la qualità della vita ma che sono anche all’origine di molti problemi affrontati ora globalmente sotto la guida delle Nazioni Unite, secondo piani e calendari codificati.

Poi c’è la recente pandemia da Covid-19, che ha colto il mondo completamente alla sprovvista e che ha causato gravi problemi. Benché riguardi in primo luogo la salute e il benessere, ha rivoluzionato in modo importante lo stile di vita di quasi tutti i Paesi del mondo. Senza la tecnologia digitale sarebbe stato difficile mantenere operativa ai livelli attuali la nostra vita.

Entrambe queste problematiche hanno implicazioni esistenziali e sono collegate all’agire umano, e quindi all’architettura. Il loro carattere universale è un dato di fatto ed è necessario affrontarle con azioni concertate. Gli insediamenti umani e l’architettura di ogni forma e scala sono parte essenziale di queste azioni.

Il master plan del campus universitario di Jahangirnagar presso Dacca progettato da Muzharul Islam alla fine degli anni Sessanta presenta la sua visione per un insediamento basato su aspetti sociali e ambientali. Immagine © Chetana Sthapatya Unnoyon Society

Sfide

Per affrontare le questioni del cambiamento climatico e della pandemia servono capacità di scelta e decisione: ai problemi bisogna trovare una soluzione. Si tratta di sfide enormi che richiedono un grande impegno e un lavoro a lungo termine. Le trattative che hanno portato all’Accordo di Parigi del 2015 – volto a proseguire lo sforzo globale coordinato per contrastare la minaccia del cambiamento climatico – sono state lunghe e difficili.

Ecco le indicazioni dell’importante articolo 2:
1. Il presente accordo, nel contribuire all’attuazione della convenzione, inclusi i suoi obiettivi, mira a rafforzare la risposta mondiale alla minaccia posta dai cambiamenti climatici, nel contesto dello sviluppo sostenibile e degli sforzi volti a eliminare la povertà, in particolare:
a. mantenendo l’aumento della temperatura media mondiale ben al di sotto di 2°C rispetto ai livelli preindustriali e proseguendo l’azione volta a limitare tale aumento a 1,5°C rispetto ai livelli preindustriali, riconoscendo che ciò potrebbe ridurre in modo significativo i rischi e gli effetti dei cambiamenti climatici;
b. aumentando la capacità di adattamento agli effetti negativi dei cambiamenti climatici e promuovendo la resilienza climatica e lo sviluppo a basse emissioni di gas a effetto serra, con modalità che non minaccino la produzione alimentare;
c. rendendo i flussi finanziari coerenti con un percorso che conduca a uno sviluppo a basse emissioni di gas a effetto serra e resiliente al clima.

Senza la tecnologia digitale la pandemia avrebbe causato sofferenze e disagi maggiori

2. Il presente accordo sarà attuato in modo da riflettere l’equità ed il principio delle responsabilità comuni ma differenziate e delle rispettive capacità, alla luce delle diverse circostanze nazionali.

I firmatari dell’accordo sono in generale indicati come Paesi sviluppati e in via di sviluppo; ne condividono gli obiettivi con un impegno differenziato Dal 2015 a ora sono stati fatti progressi significativi, ma c’è stata una battuta d’arresto nell’agosto 2019, quando gli Stati Uniti hanno annunciato la decisione di ritirarsi dall’accordo.

Nella pandemia la rapidità della diffusione del coronavirus ha richiesto misure d’emergenza per contenerne l’espansione. Lo sviluppo del vaccino viene considerato una misura di protezione dal contagio, ma per affrontare l’impatto sul nostro modo di vivere dovremo adottare ulteriori misure. Per quanto dolorosa, l’esperienza della pandemia ci lascerà lezioni importanti per il futuro.

Tradurre tutti gli aspetti relativi a queste tematiche in sfide per l’architettura è uno dei compiti cruciali che ci aspettano: dobbiamo riconsiderare l’architettura alla luce di queste realtà. Per quanto riguarda il cambiamento climatico, sono stati già identificati percorsi a lungo termine che riguardano diversi ambiti d’azione: energia, insediamenti umani, industria, uso del territorio, oceani e aree costiere, trasporti e acqua, oltre all’area trasversale della resilienza. I percorsi, che richiedono una mobilitazione inedita e consentiranno agli attori interessati d’intraprendere azioni sono stati divisi in tappe: entro l’anno in corso, il 2030 e il 2050. Ognuna di queste aree tematiche ha ricadute sull’architettura e implicazioni che riguardano la professione. Per quanto riguarda la la pandemia, lo studio e l’analisi dell’esperienza saranno una guida per il futuro. Due importanti lezioni finora apprese dalla pandemia sono il fatto che siamo in grado di ridurre i consumi, con un’incidenza diretta sul cambiamento climatico, e che senza la tecnologia digitale la pandemia avrebbe causato sofferenze e disagi maggiori.

L’Arcadia Education Project School in Bangladesh di Saif Ul Haque Sthapati ha ricevuto l’Aga Khan Award for Architecture 2019. Per la giuria si tratta di una dimostrazione significativa di “come costruire una soluzione conveniente e praticabile con materiali disponibili in loco”. Foto © Saif Ul Haque Sthapati

Il percorso che ci attende

È evidente che l’architettura è destinata ad avviare un cambiamento radicale. Non è esagerato dire che le azioni previste dai Climate Action Pathways e l’esperienza relativa al Covid-19 richiedono di reinventarla. Molte delle prassi adottate attualmente hanno un’impostazione ridondante che richiede modelli più innovativi per essere sostituita. Ci sono segnali che indicano come gli architetti abbiano già lavorato per contrastare il cambiamento climatico grazie a contributi adottati nei vari Paesi.

La nuova architettura, così come si sta configurando, è incline a rispondere alle richieste di equità sociale e ambientale che riguardano ogni scala di insediamento e il relativo, delicato rapporto con l’ambiente a livello locale e globale. Lo sviluppo della rete di collegamenti a livello globale contribuirà senza dubbio alla diffusione di questo orientamento, in modo che nessuno ne sia escluso. Serve poi intensificare gli sforzi nei confronti delle opere, della committenza e della didattica.

Con opere d’architettura ci si riferisce in primo luogo agli oggetti costruiti, senza tenere in considerazione un ampio numero di opere che rimangono allo status di disegni o testi. È ovviamente il costruito a incidere in modo più rilevante sul percorso evolutivo dell’architettura, ma il contributo dei disegni e dei testi non è meno importante. Il contributo di tutte le opere per realizzare una nuova visione dell’architettura è fondamentale.

L’architettura esiste perché serve all’uomo. Gli architetti ricevono gli incarichi da singoli individui e dalle collettività. Le esigenze sono determinate dalla società e sono di natura evolutiva. Anche i criteri di valutazione dell’architettura cambiano e i committenti devono essere tenuti al corrente delle novità. Serve sviluppare un rapporto empatico per contribuire all’evoluzione di un’architettura equa dal punto di vista sociale e ambientale.

La didattica occupa un posto importante nella formazione dei futuri architetti. Una maggiore presenza dell’idea di equità nei programmi di studio valorizzerà le competenze richieste dalla costruzione di un futuro equo. La sensibilità per la giustizia sociale e ambientale e l’uso della tecnologia digitale vanno di pari passo nella costruzione di una società inclusiva e di un pianeta sostenibile. All’architettura servono tempi lunghi per evolversi. Adeguarla al cambiamento climatico e alle lezioni dell’esperienza della Covid-19 è la direzione in cui procedere: un percorso verso un’architettura dell’equità.

L’interno di un’aula. “Il progetto si sforza di elevare la vita delle persone, contribuisce allo sviluppo sociale ed economico e fornisce un percorso per soluzioni ai problemi globali dell’innalzamento del livello dell’acqua e dell’accesso all’istruzione nelle comunità rurali” (dalla relazione della giuria dell’Aga Khan Award for Architecture, 2019). Foto © Aga Khan Trust for Culture/Photo Sandro di Carlo Darsa

Per tracciare questo percorso futuro bisogna attingere alle esperienze del passato. L’ottimismo riguardo al cambiamento che abbiamo condiviso su queste pagine trova un’analogia nell’evoluzione pluridecennale della modernità architettonica del Sudest asiatico postcoloniale, che ha portato alla cultura architettonica viva e fiorente che abbiamo oggi. Il ruolo del clima e della società è stato cruciale per questa evoluzione. Gli sforzi di precursori come Minnette de Silva e Geoffrey Bawa nello Sri Lanka, Achyut Kanvinde, Balkrishna Doshi e Charles Correa in India e Muzharul Islam in Bangladesh sono stati fondamentali nella creazione di questa modernità architettonica postcoloniale. Il lavoro di queste importanti figure è stato completato tramite il coinvolgimento di architetti di fama mondiale, come Le Corbusier e Louis Kahn, le cui opere tengono anch’esse conto del clima e della società.

In Bangladesh, Muzharul Islam ha avuto un ruolo che ha trasceso i limiti della sua professione e si è ampliato fino a invitare Louis Kahn, Paul Rudolph e Stanley Tigerman a lavorare nel Paese, partecipando personalmente alla politica nazionale e impegnandosi insieme con giovani architetti nella ricerca di un’architettura fondata sul sociale, sulla cultura e sull’ambiente. Le idee di Muzharul Islam continuano a essere importanti: una fonte di ispirazione vitale per generazioni di architetti del Bangladesh.

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