La prossima rivoluzione dell’urbanistica passa dagli occhiali smart

Il massiccio lavoro “Living Shenzhen” di W.A.R. (Warehouse of Architecture and Research) è una ricerca realizzata in collaborazione con MIT e CNR con l’obiettivo di ripensare gli strumenti per la pianificazione urbanistica e scardinare la logica delle scelte “dall’alto”, a partire dalla Silicon Valley della Cina. L'intervista.

Presentata durante la Biennale di Shenzhen 2019 curata da Carlo Ratti (UABB, Bi-City Biennale of Urbanism\Architecture of Shenzhen and Hong Kong) , “Living Shenzhen” – “Eyes of the city” di WAR è una complessa ricerca su nuovi possibili metodi di mappatura delle città, che approda per 72 ore a Roma. L’obiettivo è di progettare lo spazio urbano rispondendo ai bisogni veri dei cittadini: sono questi ultimi, infatti, a osservare, filmare e infine mappare i percorsi quotidiani attraverso degli ‘smart glasses’ i cui dati vengono usati localmente con obiettivi comunitari, senza scopo di lucro. Parliamo quindi di tecnologia utile al progettista e alla comunità, per rispondere in maniera chirurgica a desideri e necessità degli abitanti. 

Sarà capitato a tutti, infatti, di non capacitarsi del perché certi raccordi autostrdali siano così pericolosi o mal progettati, o di pensare che in certi incroci una rotonda risolverebbe il problema del traffico. Altre volte avremo pensato che molte piste ciclabili sarebbero più efficaci con piccoli accorgimenti di segnaletica, e così via. 

Il lavoro di W.A.R. (Wharehouse of Architecture and Research) insieme a MIT e CNR, propone una risposta concreta ai disastri dell’urbanistica “dall’alto”, dove il rituale della vita si sostituisce alle mappature a tavolino attraverso la tecnologia dell’ “eye tracking”, ossia facendo indossare a un gruppo di persone degli occhiali smart per registrare ciò che guardano esplorando la città, in questo caso Shenzhen. Un modo semplice per misurare il grado di sicurezza e comfort urbano che fornisce informazioni preziose (e volontarie) a chi gestisce lo sviluppo della città. Il risultato di questa ricerca si concretizza in un metodo adottabile dalle amministrazioni di tutto il mondo. 

Living Shenzhen by WAR, exhibition in Rome
Living Shenzhen by WAR, exhibition in Rome

Quanti e quali soggetti avete coinvolto per mappare la città?
Abbiamo coinvolto un campione ristretto di studenti dell’università di Shenzhen. Suddivisi in studenti locali ed internazionali, in ugual numero tra uomini e donne. Complessivamente abbiamo coinvolto una decina di nazionalità. Molti studenti vengono da facoltà affini alle tematiche della ricerca (urbanistica, big data, architettura, geografia etc.). Avanzando una proposta di metodo, più che un’indagine compiuta sul tema, il campione chiaramente non è esaustivo.

Esiste anche l’ipotesi di una mappa delle zone verdi  o dei percorsi della fauna locale?
Per quanto riguarda la sottomappa delle aree verdi, è assolutamente possibile ipotizzarla in quanto, compreso e delineato il metodo, i campi di applicazione sono molto vasti. Escludiamo però l’analisi dei percorsi della fauna locale in quanto la tecnologia eye-tracker oggi non può essere applicata in modo coercitivo sugli animali, ma va indossata come un paio di occhiali (per altro molto delicati e costosi!).

Che tipologia di occhiali avete usato?
Eye-tracking glasses, i cui dati sono stati prima depositati in un tablet da campo, successivamente analizzati attraverso software in dotazione all’Università di Shenzhen, quindi gli occhiali servono solo a raccogliere i dati. Abbiamo utilizzato un prodotto europeo, top di gamma, realizzato da Tobii e fornitoci da Psytech, un player con sede a Shanghai, sempre in collaborazione con l’Università di Shenzhen. Le aziende che producono questi hardware si contano sulle dita di una mano. Per questa ricerca ci siamo rivolti a chi garantiva prestazioni più elevate nell’utilizzo del dispositivo all’aria aperta. Esposti alla luce solare diretta, questi hardware presentano ancora delle criticità, hanno considerevoli margini di miglioramento per quanto riguarda l’affidabilità della lettura oculare in esterna.

Che criteri di mappatura avete usato?
Abbiamo accuratamente selezionato una serie di aree che avessero in comune una pluralità di tessuti, in particolare gli Urban Villages e il tessuto generico, fenomeno tipico di Shenzhen e della aree metropolitane cinesi. Abbiamo identificato cinque aree nel distretto di Futian rappresentative di questa coesistenza tra urban villages e città generica e per ciascuna area invitato i volontari a camminare liberamente all'interno di questi tessuti. Abbiamo prevalentemente registrato di mattina, in giorni feriali. 

Qual è la finalità di questo lavoro?
Stiamo provando a comprendere da cosa venga attratto il nostro sguardo quando interagiamo in ambito metropolitano e in che modo questo influenzi la percezione soggettiva della città. L'obiettivo è quello di scardinare una logica - non più sostenibile né tollerabile - della pianificazione urbana dall'alto e di delineare un metodo capace di inserire aspetti esperienziali e sensoriali nel processo di pianificazione.

I risultati hanno confermato le aspettative o hanno rivelato qualcosa di inedito?
Hanno confermato una modalità di interazione distinta, tra persona e ambiente urbano, nei diversi tessuti della città (oltre a specifiche differenziazioni soggettive). Questa intuizione, fino ad oggi empiricamente sostenuta da illustri architetti come Lynch e Rossi tra gli altri, è finalmente quantificabile, dunque oggettivamente dimostrabile, e più facilmente inseribile nei processi di progettazione che prevedono l'utilizzo di parametri numerici (es: tecnologia BIM). La strada é ancora lunga, ma possiamo affermare che la soglia è stata varcata.

Locandina dell'evento Living Shenzhen a Roma
Locandina dell'evento Living Shenzhen a Roma

La ricerca nasce da una richiesta esplicita da parte dell’amministrazione locale?
Sebbene la UABB abbia questa vocazione a far interagire le nuove tecnologia con l’ambito urbanistico, la proposta è sorta spontaneamente, ha ricevuta grande interesse da parte dell’università di Shenzhen e degli addetti ai lavori della UABB. Purtroppo, con la crisi sanitaria, prima in Cina poi in Italia, non siamo riusciti a dar seguito ad alcuni possibili sviluppi immediati. Ci auguriamo di proseguire quanto interrotto al più presto. 

Come intendete concretizzare questo progetto? Come si inserisce  di fatto nelle politiche urbane?
In un mondo ideale il metodo più pragmatico per inserirla nella pianificazione urbana “concreta” sarebbe quello di renderla imprescindibile a livello normativo, una volta dimostratone l’efficacia come strumento progettuale. Siamo ancora assai distanti da uno scenario del genere, è necessario gettare le basi per dei progetti pilota, man mano sempre più affidabili.

Quali sono le peculiarità di Shenzen? E le prossime città che prenderete in considerazione?
Shenzhen, insieme a tutta l'area PRD (Pearl River Delta), è una città straordinaria. Cresce a ritmi sbalorditivi, siamo un gruppo di architetti globetrotters, ma una realtà del genere non l'avevamo mai vista. Sono costantemente abnegati a costruire la città di domani. La peculiarità è certamente questo affastellarsi di tessuti incoerenti ma paradossalmente in equilibrio tra loro, una complessità tipica di una geografia urbana ben più matura, qui ottenuta in meno di cinquanta anni di storia. Prossime città: rimodellando il metodo, qualsiasi città. Ci sono alcune condizioni che vorremmo approfondire: città post trauma, città portuali, città enclave.

Ci raccontate che ruoli hanno avuto rispettivamente MIT e CNR?
WAR si è fatto regista della ricerca ma ha avuto bisogno del know how e degli strumenti degli istituti di ricerca. Il MIT ha partecipato con il Senseable City Lab, laboratorio specializzato nella ricerca sulla città attraverso la tecnologia avanzata, e assieme al CNR sono stati indispensabili nell’elaborazione dei dati raccolti dagli eye-tracker. In questa fase è stato inoltre cruciale il contributo dell’Università di Big Data di Shenzhen.

Qual è il vostro rapporto (se esiste) con le città informali la cui essenza dipende proprio dalla libera fruizione e costruzione dello spazio?
Come studio con sede a Roma, la città è per noi un tema fondante. Le dinamiche di sviluppo che regolano la conformazione urbana ci esaltano.  Più che alle città informali siamo interessati a ciò che ne è dell’architettura oltre alla progettazione. Ci interessa il rapporto che si instaura tra oggetto e narrazione, progetto ed individuo, società e comunicazione. Shenzhen in questo si è rivelata ideale. Un agglomerato iper antropizzato, contenente più città al suo interno. Una megalopoli a corrente alternata che in modo apparentemente randomico si ripete con una certa esattezza. A noi interessava l'accostamento/collisione tra queste diverse nature. 

Qual è la differenza tra pianificare la città in base ai dati (i sensori degli occhiali) e pianificarla in base ai desideri (espressi tramite assemblee di quartiere, eccetera)?
I dati traducono i desideri in modo meno arbitrario di come sia già stato fatto troppe volte. La svolta sono i Big Data, le logiche che li guidano. Avere a disposizione una grandissimo numero di dati quantitativi permette di ottenere informazioni molto precise, un tempo ottenibili esclusivamente con metodi di ricerca qualitativi ma molto dispendiosi in termini di tempo e costi. Il confine tra queste due modalità di ricerca un tempo inconciliabili e che determinavano una relazione inversamente proporzionale tra specificità del dato e quantità del dato si sta sempre più assottigliando. Il solito problema tra partecipazione indotta o dedotta.

Come si relaziona la vostra ricerca, nata in epoca pre-pandemica, ai avvenimenti globali legati al covid-19?
È un quesito problematico. Sarebbe interessante, come prima cosa, ritornare proprio a Shenzhen e riproporre la stessa ricerca dopo l'emergenza sanitaria. Questa emergenza ha enfatizzato alcune criticità, accelerando un cambio di prospettiva su diversi temi cruciali, tra cui certamente vi è quello degli spazi antropizzati. 

La ricerca è stata ideata e portata a termine prima che tutto questo sconvolgimento globale accadesse, inevitabilmente abbiamo poi sentito la necessità di fermarci a riflettere. Eravamo fino a poco tempo prima in Cina a sperimentare un nuovo metodo di percezione e analisi della città. Eravamo completamente immersi in una metropoli che ci meravigliava in ogni suo angolo. Poi siamo passati alla vita chiusi in casa, mentre tutta l’umanità ha vissuto digitalmente in una non-città chiamata internet. Abbiamo avuto quasi la sensazione che la città potesse non esistere più. La cosa chiara è che la città rimane il luogo delle interazioni umane nel campo del reale, quindi quantificarlo, questo reale, è imprescindibile. 

Crediamo che Living Shenzhen possa essere anticipatrice di alcune dinamiche d’ora in avanti non più ovviabili, tra cui il coinvolgimento della tecnologia eye-tracker, per ottimizzare le aspettative della città di domani. Custodiamo un’istantanea di una città che probabilmente non sarà più la stessa.

Evento:
72 hours short circuit
Titolo mostra:
Living Shenzhen
A cura di:
WAR - Warehouse of Architecture and Research (Gabriele Corbo, Jacopo Costanzo, Valeria Guerrisi) + Paolo Santi
Date di apertura:
24-27 settembre 2020
Dove:
Garage, Via Nomentana 331, Roma
Promosso da:
DGCC- MiBACT, ideato e organizzato da Open City Roma, MAXXI e Ordine degli Architetti PPC di Roma e provincia

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