Le politiche urbane del post-lockdown come occasione per trasformazioni radicali

L’urbanistica tattica sta consentendo di adattare velocemente lo spazio metropolitano per fronteggiare il Coronavirus. Questo momento è però anche un’occasione per molte città per migliorare a lungo termine lo spazio urbano.        

Da settimane assistiamo al succedersi di notizie sugli adeguamenti che le città nel mondo stanno adottando per garantire il distanziamento fisico accogliendo le necessità di spostamento degli abitanti. Questi adeguamenti, a ben vedere, vanno pressoché tutti in una medesima direzione: dedicare sempre più spazio a pedoni e ciclisti, evitando il sovraccarico dei mezzi di trasporto pubblico e l’uso dell’auto privata. “Ogni volta che è possibile, prendere in considerazione la possibilità di andare in bicicletta o a piedi” consiglia l’OMS nelle direttive sulla mobilità nel periodo della crisi sanitaria.

La pandemia di Covid-19 ha gettato quindi una nuova luce sulla relazione fra mobilità, spazio urbano e salute che sta accelerando la trasformazione delle città attraverso nuovi modelli di mobilità sostenibile. L’urgenza d’implementazione immediata di spazi ciclabili e pedonali, soprattutto in contesti urbani densamente abitati, sta portando sempre più alla ribalta lo strumento dell’urbanistica tattica. Nata come pratica bottom-up, questa consiste in un approccio volto al miglioramento dello spazio urbano.


Un esempio sono le piste ciclabili pop-up a cui sempre più città stanno attingendo. Questi interventi minimi e talvolta temporanei sono realizzati in tempi ristretti e con risorse limitate, di solito coinvolgendo una varietà di attori che va dal cittadino, alle associazioni e alle amministrazioni locali. Il termine è entrato dell’uso comune grazie al libro Tactical Urbanism degli urbanisti statunitensi Mike Lydon e Anthony Garcia, pubblicato nel 2015. Il sottotitolo del libro è eloquente: Short-term Action for Long-term Change, ovvero “azione a breve termine per un cambiamento a lungo termine”.


In questo periodo un sempre più massiccio numero di governi e amministrazioni sta attingendo all’urbanistica tattica allo scopo primario di estendere il sistema delle ciclabili: sono 300 i chilometri previsti a Lima, 130 km a Città del Messico, 35 km di Bogotá, 21 km a Barcellona.

La Nuova Zelanda, ad esempio, dopo aver usato questo strumento solo sporadicamente, è stato il primo Paese ad adottare l’urbanistica tattica come politica governativa ufficiale per fronteggiare gli effetti del Coronavirus. L’associate minister for Transport Julie Anne Genter ha annunciato il 12 aprile scorso lo stanziamento di nuovi fondi per la realizzazione di ciclabili e pedonali temporanee.


Diversamente, a Parigi, l’amministrazione di Anne Hidalgo prevedeva già un piano di trasformazione radicale della capitale entro il 2024. Il Plan Vélo nasce dall’idea che tutto il necessario all’abitante debba essere raggiungibile con una pedalata di massimo 15 minuti. Già a un anno dal lancio del piano, l’uso della bicicletta è cresciuto del 54%, complice anche lo sciopero dei trasporti durato 46 giorni a inizio 2019. La regione Île-de-France ha accelerato il cronoprogramma anticipando la realizzazione di 650 km di ciclabili e ciclabili pop-up entro la conclusione del lockdown francese, l’11 maggio, con un investimento di 300 milioni di euro.


In Italia, il 4 maggio è iniziata la Fase 2 con anticipo rispetto al resto Paesi dell’Occidente: per questo motivo il Paese rappresenta la “testa d’ariete” per la messa a punto di nuove strategie urbane.

A Milano, per garantire il distanziamento fisico, si è prima realizzata la strategia di adattamento Milano 2020 da cui è derivato poi il progetto Strade Aperte. Questo raccoglie un insieme di azioni pressoché immediate inclusa la realizzazione di 35 km di piste ciclabili, di cui 22 entro quest’estate. Per recarsi al lavoro, gli abitanti percorrono mediamente 4 km, una distanza molto più contenuta rispetto alle grandi città europee. Il progetto è il risultato di una collaborazione fra gli assessorati di Mobilità e Ambiente, con Marco Granelli, e di Urbanistica, Verde e Agricoltura, con Pierfrancesco Maran. Il Comune di Milano però non è nuovo agli approcci dell’urbanistica tattica, tutt’altro: l’esperienza è stata infatti inaugurata in forma strutturata con Piazze Aperte, in collaborazione con Bloomberg Associates, National Association of City Transportation Official (NACTO) e Global Designing Cities Initiatives.

Piazze Aperte. Il progetto di urbanistica tattica tra via Venini e via Spoleto nel quartiere NoLo. Foto Filippo Romano
Piazze Aperte. Il progetto di urbanistica tattica tra via Venini e via Spoleto nel quartiere NoLo. Foto Filippo Romano

Si nota però una grande incertezza delle amministrazioni di fronte a un virus di cui ancora si sa poco. In questa fase è infatti ancora grande l’enfasi sul lavoro da casa: queste prime azioni sul corpo delle città necessitano quindi di una ripresa graduale e controllata della mobilità urbana. L’urbanistica tattica permetterà nel frattempo una costante messa a punto e verifica degli interventi, un learning-by-doing per trovare via via soluzioni sempre più adeguate per le città, per le loro diversificate forme urbane e per venire incontro alle necessità dei cittadini.

L’adeguamento dello spazio urbano alla crisi sanitaria può quindi costituire uno stimolo a un rinnovamento urbano più radicale, lungimirante e dialogico, anche partendo dal presupposto che le città sono il nodo dove le diseguaglianze socioeconomiche si acuiscono. Per chi abita in città, queste disparità si traducono nell’assenza di un “diritto allo spazio”, che si declina in meno metri quadri in cui vivere, meno risorse in termini di spazio pubblico e verde a cui attingere, meno possibilità di mantenersi in salute, meno disponibilità di mezzi privati.


In quest’ottica, il C40 Cities Climate Leadership Group, un network di 96 città associatesi per combattere il cambiamento climatico, ha composto la Global Mayors Covid-19 Recovery, che per ripresa dalla crisi sanitaria non intende un ritorno al “business as usual”. In questa crisi, la task force – presieduta dal sindaco di Milano Giuseppe Sala – vede questa come un’occasione di miglioramento delle condizioni ambientali, sociali ed economiche delle città più a lungo termine.

Un caso ante-litteram è quello dei Paesi Bassi degli anni Cinquanta e Sessanta, momento storico in cui la macchina iniziava a prendere piede mettendo a rischio la sicurezza dei ciclisti. Negli anni, la congiuntura fra il bilancio degli incidenti – molti dei quali coinvolgevano bambini – e la crisi energetica del 1973, ha spinto i 34.000 membri e attivisti del sindacato dei ciclisti, il Fietsersbond, a esercitare pressione sul Governo. Quest’ultimo reagì mettendo in atto una serie di politiche per promuovere l’uso della bicicletta nelle città: abitudine che i cittadini olandesi hanno acquisito e, notoriamente, mai lasciato. Un esempio di come azioni “morbide” nello spazio urbano possano modificare le abitudini di una città e dei suoi abitanti per un tempo molto lungo.

I membri dell’Unione Ciclisti intervengono sulla Gedempte Oude Gracht applicando stampe per segnare la pista ciclabile. Immagine scattata fra il 1984 e il 1986. Immagine via Wikimedia Commons – Noord-Hollands Archief / Fotoburo de Boer
I membri dell’Unione Ciclisti intervengono sulla Gedempte Oude Gracht applicando stampe per segnare la pista ciclabile. Immagine scattata fra il 1984 e il 1986. Immagine via Wikimedia Commons – Noord-Hollands Archief / Fotoburo de Boer

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