David Adjaye progetta il padiglione del Ghana come “scambio tra due culture”

Adjaye parla della prima partecipazione del Ghana alla Biennale d’Arte di Venezia: un padiglione in terra battuta che riunisce sei artisti.

Quest’anno segna la prima partecipazione del Ghana all’Esposizione Internazionale d'Arte della Biennale di Venezia. "Ghana Freedom" riunisce sei artisti in una mostra curata da Nana Oforiatta Ayim.

Il titolo fa esplicito riferimento alla canzone di E.T. Mensah, composta all’indomani dell’indipendenza del Paese dal Regno Unito, avvenuta il 6 marzo 1957 – primo tra i paesi subsahariani dell’Africa ad avviare il processo di decolonizzazione. Abbiamo discusso dell’interazione fra il programma curatoriale e la progettazione del padiglione con l’architetto Adjaye, che anticipa: “il padiglione è in dialogo con l'idea di Venezia, un luogo che ha una storia mercantile e cosmopolita incredibile”.

“Non volevo quindi solo progettare un’architettura, ma volevo anche parlare dell’Africa invitata alla Biennale d'Arte e riconosciuta nel suo arrivare in Italia”, dice. “Quindi, la figura è una sorta di forma che viene poi rivestita con la sabbia ghanese”.

El Anatsui, Earth Shedding Its Skin (2019). Foto Giulia Di Lenarda
El Anatsui, Earth Shedding Its Skin (2019). Foto Giulia Di Lenarda

Il padiglione è costituito da un sistema a telaio leggero, rivestito da uno spesso strato di malta ed è formato da due ellissi piene e quattro mezze ellissi. Ogni elemento racchiude l'opera di un artista.

L’esperienza dello spazio si traduce in una somma di spazi interni, concepiti come i negativi di quelle che l’architetto ha definito strutture classiche ghanesi: “C’è anche un pericolo che deriva da questo tipo di strutture classiche in terra battuta: la gente le chiama ‘capanne’ e lo trovo piuttosto disgustoso. Queste forme legate alla terra vengono banalizzate come primitive”.

John Akomfrah, The Elephant in the Room – Four Nocturnes (2019). Foto David Levene
John Akomfrah, The Elephant in the Room – Four Nocturnes (2019). Foto David Levene

La scelta del materiale collega le tradizioni dell’intonaco veneziano e ghanese: “Abbiamo portato la sabbia dal Ghana, da un luogo appena fuori Accra, e l’abbiamo mescolata con un po’ di cemento lateritico, un sistema tradizionalmente utilizzato nelle case della zona del Sahel, in Ghana. Poi abbiamo chiesto agli stuccatori veneziani di metterlo in opera, di interpretare questa tecnica di intonacatura, dall’effetto grezzo. Quindi è davvero uno scambio tra queste due culture, dove l’una porta il materiale e l’altra porta la tecnica”.

Ibrahim Mahama, A Straight Line Through the Carcass of History 1649 (2016–19). Courtesy dell’artista e White Cube. Foto David Levene
Ibrahim Mahama, A Straight Line Through the Carcass of History 1649 (2016–19). Courtesy dell’artista e White Cube. Foto David Levene

Dall’esterno della struttura verso l’interno, il padiglione ospita le installazioni di El Anatsui e Ibrahim Mahama, la proiezione cinematografica di John Akomfrah, la video-scultura di Selasi Awusi Sosu, il lavoro fotografico di Felicia Abban, insieme al lavoro della pittrice Lynette Yiadom Boakye (1935), inteso come il nucleo del padiglione.

Felicia Abban, Untitled (Ritratti e Autoritratti) (anni Sessanta e Settanta). Courtesy dell’artista. Foto David Levene
Felicia Abban, Untitled (Ritratti e Autoritratti) (anni Sessanta e Settanta). Courtesy dell’artista. Foto David Levene
Partecipazione nazionale:
Ghana
Titolo della mostra:
Ghana Freedom
Date di apertura:
11 maggio – 24 novembre 2019
Curatrice:
Nana Oforiatta Ayim
Commissario:
Ministero del turismo, delle arti e della cultura
Artisti:
Felicia Abban, John Akomfrah, El Anatsui, Lynette Yiadom Boakye Ibrahim Mahama, Selasi Awusi Sosu
Architetto:
Sir David Adjaye
Sede:
Arsenale
Indirizzo:
Campiello Tana, Venezia, Italia

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