Domus è una rivista che riflette il presente. Con quasi cento anni di storia, l’incredibile autorevolezza conquistata e un’aura quasi distaccata dalla futilità del quotidiano, è facile travisare il suo ruolo. I suoi archivi sono oggetto di studio e riempiono scaffali di biblioteche universitarie in tutto il mondo. Tuttavia, Domus non è un libro di storia. Ha raccontato molte cose, in un equilibrio vertiginoso tra micro e macro, che è cresciuto da quando il medium si è spostato dalle edicole agli schermi degli smartphone (dove probabilmente stai leggendo questo articolo, NdR). Tra le tante cose che Domus ha sempre esplorato ci sono i luoghi, e lo ha fatto anche di recente. Qui di seguito troverete una raccolta delle storie più sorprendenti: da una Berlino sempre più normie con i suoi club in estinzione e gli squat trasformati in musei di massa, alle città della Colombia, all'architettura dell'Albania e molte altre scoperte. Vi invitiamo a intraprendere questo viaggio speciale in compagnia di Domus.
Un viaggio attraverso i luoghi che abbiamo raccontato quest’anno
Dalla città più pericolosa della Colombia, all’evoluzione dei club berlinesi, fino alle trasformazioni di Parigi, abbiamo selezionato quei luoghi che quest’anno ci hanno aiutato a capire il mondo attorno a noi.
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- La redazione di Domus
- 12 agosto 2024
La guida di Domus ai club di Berlino e alle loro architetture
Nel Marzo di quest’anno, la cultura techno di Berlino è entrata a far parte del patrimonio immateriale dell’Unesco, che tutela riti, tradizioni e festività di tutto il mondo. Una decisione che non ha mancato di suscitare qualche perplessità, ma per la quale ci sono ottime ragioni. Perchè se è indubbio che House e Techno siano nate negli anni ’80 dall’estro delle comunità afroamericane di Chicago e Detroit, è altrettanto innegabile che a Berlino la musica elettronica abbia incontrato un ambiente storicamente unico, che ne ha favorito proliferazione ed evoluzione in movimento di massa. Uno sviluppo impensabile senza le vaste riserve di spazi abbandonati di cui la capitale tedesca disponeva all’indomani della caduta del muro, quando il crollo della Ddr e la fine dell’insularità di Berlino Ovest hanno creato immensi vuoti urbani che le sottoculture giovanili, prima fra tutte la techno, hanno saputo prontamente riempire. Continua a leggere
Chi sta distruggendo l’architettura deco nella città più pericolosa della Colombia?
Ci sono molti modi per distruggere una città, quello più efficace è distruggerne l’architettura. E ci sono molti modi per distruggerne l’architettura, bombardare l’intera città facendola tornare all’età della pietra è semplicemente quello più drammatico. Altri modi altrettanto efficaci e molto meno degni di nota sono per esempio quello di demolire intere strisce di vecchi edifici con il pretesto di un rinnovo urbano, oppure lasciare che i proprietari li trascurino e abbandonino, o ancora suddividerli e convertirli in costruzioni residenziali o in spazi commerciali. A Cali, in Colombia, sono stati tutti messi in atto contemporaneamente. Continua a leggere
5 città del futuro in Africa, il continente più giovane del mondo
L’attore britannico Idris Elba ha da poco annunciato di aver raggiunto un accordo con il governo della Sierra Leone per lo sviluppo dell’isola di Sherbro, nel golfo di Guinea, attraverso la costruzione di una smart city ecologica ed energeticamente autonoma. Insieme al suo socio e amico Siaka Stevens, nipote dell’omonimo ex presidente della Sierra Leone, Elba immagina di creare al largo della terra paterna una sorta di Hong Kong africana, che potrebbe accogliere fino a un milione di abitanti e attirare imprenditori stranieri e talenti delle diaspore. In assenza, per ora, di un budget e di un calendario di costruzione chiaro, i promotori dicono di voler inaugurare le prime istallazioni turistiche entro i prossimi 5 anni. Continua a leggere
C’è una Venezia in Colombia: viaggio nel suo mondo acquatico
Da Google Maps appare come un’isola nel cuore di una vasta laguna. Eppure non si tratta di un’isola: della terra infatti non c’è traccia. Nueva Venecia, che ad oggi conta una popolazione di 3.000 persone, è costituita da un insieme di 400 case che, unite, sembrano “galleggiare” sull’acqua (in realtà, le abitazioni sono sostenute da robusti pali di legno che affondano nella bassa laguna). Continua a leggere
Come lo squat più famoso d’Europa si è trasformato in un museo ultra chic
Ci sono luoghi che, meglio di altri, incarnano lo spirito di un’epoca, trasformandosi in simboli che resistono alla prova del tempo. Per la Berlino dei primi anni novanta, questo luogo è stato sicuramente il Tacheles: una grande galleria commerciale di inizio secolo – o meglio, ciò che ne rimaneva dopo che le autorità della Germania Est ne avevano iniziato la demolizione – occupata nel 1990 da un colorito manipolo di attivisti e artisti, e divenuta in seguito icona alternativa della capitale. Una storia finita ingloriosamente nel 2012, con uno sgombero in sordina e una resistenza sorprendemente flebile. Continua a leggere
Come il Barbican è diventato uno dei luoghi più celebri e amati di Londra
Photo © Nigel Young / Foster + Partner
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Foto © Aaron Hargreaves / Foster + Partner
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Nel 1975 il fotografo David Hoffman, allora ventenne, fece visita al Barbican Estate. Come molti londinesi della sua generazione, era irritato dalla noncuranza con cui, nell’ambito del rinnovamento urbano del Dopoguerra, comunità ben consolidate venivano smembrate mentre la loro storia veniva cancellata. Al Barbican non vide nulla di incoraggiante: “Una struttura imponente e massiccia, apparentemente caduta dal cielo, il complesso del Barbican rappresentava l’impronta di un potere più ampio, noncurante e assoluto, sul nostro ambiente. Il suo grande peso, la sua inviolabile concretezza, il modo in cui assomigliava a una città murata, con intere aree recintate e chiuse agli estranei, tutto contribuiva a dire ‘qui tu non c’entri’. Era l’esatto contrario dell’accoglienza, puzzava di soldi ed era percorribile solo da chi conosceva i segreti dei suoi confusi labirinti e possedeva le chiavi giuste”. Continua a leggere
Le incredibili architetture dell’Albania comunista e la loro seconda vita
© Ossip van Duivenbode
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La struttura vede, nella definizione delle facciate esterne, un linguaggio asciutto e austero. Qui, il muro perimetrale si frammenta lasciando spazio alle finestrature che scandiscono e ritmano la facciata. Il volume pare quindi scomporsi tra pelle esterna e spazio contenuto, dove le masse opache della galleria nazionale paiono pesanti blocchi monumentali.
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L’architettura vede nel gioco dei volumi la sua espressività. L’ingresso, rialzato dal piano della strada, è sormontato da un corpo aggettante con un mosaico dedicato alla storia e valore degli albanesi. Il basamento, rivestito in pietra scura, retrocede rispetto al volume, lasciando così il corpo superiore come presenza urbana principale. La superficie è poi scandita delle finestre verticali, che disegnano gli unici elementi di discontinuità della facciata.
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Fortemente in sintonia con il linguaggio della Piramide di Tirana, la composizione di aggetti, pilastri ed elementi torreggianti del Palazzo dei Congressi si propone come un continuo dialogo tra pesantezza e leggerezza.
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Enver Hoxha fu il leader dell’Albania che, sotto l’egida del regime comunista, tra il 1944 e il 1985 decretò la costruzione di una nazione tra modernizzazione e isolamento. A seguito della liberazione dal fascismo, il successivo regime fece costruire una serie di architetture emblematiche che hanno costruito l’immaginario e la propaganda di un’intera nazione. Tirana, capitale albanese, diventò così anche fulcro di una trasformazione architettonica, cardine nella raffigurazione di un nuovo Stato, dotato di infrastrutture pubbliche e edifici di rappresentanza. Così porzioni di tessuto storico furono sostituite da progetti monumentali, come nel caso del Palazzo della Cultura che prese il posto dell’antico mercato ottomano e relativa moschea, mentre nuovi spazi collettivi dotarono la capitale di un nuovo aspetto. Continua a leggere
Com’è cambiata Parigi nell’anno delle Olimpiadi
Non è mai stata una candidatura dello sfarzo e dei progetti faraonici, quella con cui Parigi si è aggiudicata, nel 2017, l’ospitalità della XXXIII edizione delle Olimpiadi, a cento anni esatti dagli ultimi giochi tenutisi sul suolo francese. Dopo le esperienze in parte deludenti delle Olimpiadi di Londra ed Atene, che avevano sì concorso a rigenerare interi quartieri – seppure tra le accuse di una non virtuosa gentrificazione – ma con costi onerosi e fuori previsione, la capitale francese ha cambiato rotta invocando un registro più sobrio, in linea con gli obiettivi degli accordi di Parigi sul clima e con i suoi presupposti di sostenibilità. Continua a leggere
Sanremo è Sanremo: ma cos’è Sanremo?
Foto Giovanni Comoglio
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Una vista aerea: palme, cupole ricoperte di maioliche dorate, si sfuma sugli interni del casinò dove Loretta Goggi si avvicina spregiudicata a un tavolo da gioco cantando Io nascerò. Questo lo scenario televisivo 1986, ma lo si può replicare a piacimento, roulette più roulette meno, fino a oggi, sostituito al massimo da un più generoso drone. È in ogni caso l’immagine più completa che possiamo ottenere della città di Sanremo nei sei giorni di festival che la rendono capitale culturale d’Italia. Continua a leggere
Le case autocostruite Wayúu del deserto colombiano
Abbiamo visitato La Guajira, una delle regioni più povere e remote della Colombia, nonché riserva indigena più grande del paese, per documentare come l’architettura autoctona si è adattata a un contesto climatico estremamente sfidante. Continua a leggere
Immagine di apertura: Nueva Venecia. Foto Kurt Hollander