Quattro case al mare da sognare d’inverno

Tese all’armonizzazione con il paesaggio, quattro architetture sperimentano soluzioni lineari, perlopiù sviluppate con materiali locali, e filtrano le aperture sull’esterno per proteggere l’intimità.

Fino a qualche decennio fa, il progetto di una nuova casa al mare non sarebbe stato necessariamente sinonimo di linguaggio vernacolare. Pensiamo, un esempio su tutti, alla celebre Cupola progettata da Dante Bini per Michelangelo Antonioni nel 1970, che sperimentava con il cemento gonfiato per fondersi con il paesaggio attraverso una tecnica ed un segno volumetrico fino a quel momento inesplorato.

Oggi, il modello di un’architettura di rottura con i modelli tipologici preesistenti, soprattutto in un bacino del Mediterraneo segnato da una spiccata cementificazione, non fa più scuola. Al grido dell’armonizzazione, l’esperienza dell’architettura al mare si costruisce recuperando strutture preesistenti o creandone di integrate con la natura e le costruzioni circostanti.

Fluidificando la relazione tra gli ambienti interni e gli spazi esterni, la casa si apre al contatto tanto atteso con la natura, mentre allo stesso tempo si presta a ridefinire le relazioni di compresenza e dialogo visivo attraverso dispositivi che, al bisogno, schermano la vista e proteggono la privacy. Gli arredi, dal canto loro non scelgono la via della saturazione, ma fanno di un minimalismo non austero, spesso vivificato dalla componente artigianale, una condizione per marcare la differenza rispetto alle abitazioni urbane. La casa secondaria diventa allora un laboratorio dove sperimentare il distacco dall’accelerazione dell’ordinario, e il mare una presenza corroborante citata in maniera sottile e indiretta.

Casa Cabrita Moleiro

In Algarve, lo studio portoghese Atelier Data progetta il recupero di un vecchio complesso agricolo, denominato Casa Cabrita Moleiro, e costituito da una piccola casa, un mulino e spazi adiacenti recintati utilizzati per gli animali. Bianca e compatta, la nuova struttura è caratterizzata da una distribuzione orizzontale che trova un segno distintivo nei piccoli volumi rialzati che contribuiscono a frastagliarne il profilo.

Come in un piccolo fortino, la residenza usa gli spazi interstiziali tra i blocchi preesistenti per dare vita a nuovi luoghi di vita all’aperto cinti da mura, e si apre all’esterno solo di fronte alla piscina, facendo dello spazio tra living ed esterno l’epicentro della vita domestica. Il senso di protezione della privacy è rafforzato anche nelle stanze da letto, affacciate su piccoli terrazzi cinti da un alto muro che trova in una apertura semicircolare una piacevole breccia per osservare la costa. Gli interni, iperessenziali, fanno ricorso al pavimento all’abbinamento tra intonaco bianco e cemento cerato, animato soltanto da qualche sporadico arredo in legno.

Casa Fly

L’utilizzo di una tecnica costruttiva locale, quella della “pedra en sec” – una costruzione in pietra a secco dichiarata patrimonio dell’umanità dall’UNESCO nel 2018 – guida un altro progetto realizzato a Mallorca dallo studio slovacco beef architekti. Il ricorso a mura massicce, utilizzate anche in un’ottica di efficienza energetica, distingue le facciate organizzate su due livelli marcati da un imponente massetto in cemento lasciato a vista. Intervallate da ampie finestre a tutta altezza, le facciate si richiudono attraverso persiane in legno a pacchetto, che trasformano l’edificio in un blocco richiuso su se stesso e proiettando all’interno l’ombra delle proprie lamelle, creando una morbida penombra. Una volta aperte, la casa si trasforma aprendosi all’esterno e alla relazione con la piscina a bordo sfioro antistante, invito all’ozio e alla contemplazione della costa.

Villa a Paros

Dall’altra parte del Mediterraneo, a Paros, una piscina si ritrova nuovamente al centro dello spazio costruito. Proiettata verso ovest, e più esattamente là dove il sole tramonta in agosto per offrire anche in questo caso un’occasione privilegiata di contemplazione, la villa progettata da Studio Seleirn Architects si sviluppa come una sommatoria eterea di volumi bianchi che, posizionati su lastre in terrazzo sovrapposte, restituiscono la sensazione di levitare sul suolo e sulla superficie d’acqua. Il dialogo tra i materiali è esaltato dal ricorso al marmo Aliveri, che incornicia le finestre donando una nota di ricercatezza alla pulizia dei volumi.

Tornando alla piscina, vera protagonista dello spazio, una piccola intuizione ne accresce la personalità: rivestita di specchi sul fondo, finisce per riprendere le sfumature del cielo, magnificando l’esperienza dell’acqua.  

La Selva

In Puglia, non lontano da Ostuni, l’architetto Massimo Brambilla ristruttura una casa anni ’70, a sua volta esito dell’ampliamento di un piccolo trullo e costruita attraverso la sovrapposizione di blocchi adiacenti. Le stratificazioni degli interventi susseguitisi non sono stati rimossi, come testimonia il profilo irregolare delle finestre, mantenuto al suo stato originale. L’uso del bianco, un codice abbondantemente sperimentato dall’architettura locale, contribuisce ad uniformare gli spazi: all’esterno, l’uniformità della calce fa da legante tra i diversi volumi, mentre all’interno fa da trait d’union con la pietra leccese ed il cemento anche predisponendosi alla distribuzione di numerosi arredi in muratura, semplici volumi bianchi utilizzati tra la zona giorno.

Abbracciata dalla campagna, la residenza gode della cortina di verde offerta dalla prossimità degli ulivi e fa di una serie di spazi liminari – il porticato in legno, messo a sostituzione del precedente in cemento, la piscina piacevolmente sviluppata come su un lungo corridoio, e i giardini privati delle stanze – un’opportunità per esaltare la vita a contatto con il mondo rurale.

Nell'immagine di apertura, la villa a Paros progettata da Studio Seleirn Architects

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