“Noi non predichiamo dogmi”, Bruce Goff e l’American School of Architecture

La Scuola d’Architettura della Oklahoma State University presenta un’ampia mostra sull’eredità culturale di Bruce Goff, sulla sua didattica innovativa e sulla sua architettura sperimentale.

Nel 1947 alla Scuola d’Architettura dell’Università dell’Oklahoma venne assunto un nuovo docente: si chiamava Bruce Goff. L’incarico era un po’ inconsueto, perché l’interessato non possedeva nessuna credenziale accademica. Per fortuna ciò non fu d’ostacolo alla carriera di Goff: l’università lo nominò preside della scuola nel settembre dello stesso anno. Negli otto anni in cui ricoprì questa carica prima delle sue improvvise (e controverse) dimissioni, arruolò una quantità nuovi docenti e insieme realizzarono in Oklahoma una rivoluzione della formazione all’architettura.

Il lavoro che docenti e studenti realizzarono durante e dopo il mandato di Goff viene analizzato per la prima volta nei minimi particolari in una nuova mostra intitolata “Renegades: Bruce Goff and the American School of Architecture”, a cura di Luca Guido, con un’installazione progettata da Michael Hoffner. La mostra – attualmente chiusa a causa dell’epidemia di Coronavirus – presenta oltre 150 pezzi, tra cui 80 disegni originali, alcuni modelli realizzati in occasioni particolari e un’esperienza di realtà virtuale realizzata dalla Skyline Ink di Oklahoma City. L’allestimento, realizzato in modo eccellente in cartone alveolare, si ispira alla forma a spirale della casa Bavinger di Norman, in Oklahoma, recentemente demolita.

Nel 1947 Goff si era guadagnato una solida reputazione per la sua architettura innovativa e sperimentale, settore in cui la Scuola d’Architettura dell’Università dell’Oklahoma era carente. Fondata nel 1929 – una delle più giovani tra le scuole d’architettura americane – adottò prima un programma tipo Beaux-Arts che negli anni Trenta e Quaranta gradualmente si evolse in un Modernismo di ispirazione bauhausiana. Un bel progetto di chiesa in stile neogotico di Robert Vahlberg (1935) e il “Frontespizio” classicamente composto di una pubblicazione della Scuola nel 1936 illustrano le tendenze storicistiche dell’epoca.

A questa sezione fa seguito immediatamente la parte più ampia della mostra, dedicata alla didattica di Bruce Goff nell’ambito della Scuola e ai lavori cui diede origine. L’originale impostazione progettuale della Scuola è riflessa in un opuscolo pubblicato nel 1956-57 dalla National Association of Students of Architecture. A differenza dell’impostazione a pagine a specchio delle altre scuole d’architettura il contributo di quella dell’Oklahoma ne inverte letteralmente l’immagine con elementi in bianco su fondo nero. È noto che Goff affermava “Noi non predichiamo dogmi!”, e la scelta dei progetti in mostra lo prova ampiamente.

Di particolare interesse i progetti del quarto anno del laboratorio dello stesso Goff, ARCH 273, che costituiscono una straordinaria sequenza di disegni di eccellente fattura. Questi progetti nascono dall’interpretazione da parte degli studenti di qualità astratte, per cui mancano di qualunque indicazione programmatica e dei relativi elenchi di requisiti funzionali. E inoltre nella mostra la preponderanza dei disegni prospettici si accompagna a una sorprendente mancanza di piante, consueti punti di riferimento dei progetti d’architettura delle scuole, vecchie e nuove. Fanno eccezione due progetti del quinto anno, tra cui quello del 1957 di Ernest Burden per Uno studio d’architetto, accompagnati da disegni tecnici riprodotti come cianografie.

La terza parte della mostra è dedicata al patrimonio di costruzioni creato da Goff e dai suoi seguaci, tra cui spiccano le opere di Robert Faust, Herb Greene, Blaine Imel e Takenobu Mohri. La sezione, che presenta costruzioni situate per lo più in Oklahoma e sulla costa occidentale, documenta nei particolari la diffusione nel paese dei personalissimi progetti dell’“American School”.

Molte di queste costruzioni sono abitazioni monofamiliari progettate per committenti profondamente appassionati; solo poche rappresentano tipologie di edifici più grandi. Il che pone la questione delle ragioni per cui questa architettura di invenzione personale e di forme raffinate non si sia diffusa più ampiamente o non sia durata più a lungo. Certamente la natura sperimentale dei materiali edilizi (Goff era noto per l’uso di materiali industriali di risulta come le aste di perforazione petrolifera che costituivano la struttura portante della casa Bavinger oppure le costolature delle baracche Quonset per la struttura della casa Ford ad Aurora, in Illinois) non contribuiva a facilitare la manutenzione e la conservazione.

Nonostante una buona quantità di critiche positive su testate popolari degli anni Cinquanta i lavori di questa “American School” non si affermarono mai su scala nazionale. È interessante rivolgersi alla storia per cercarne una spiegazione, e forse se ne trova una in The Story of Architecture in America di Thomas Tallmadge (1927). In un capitolo intitolato “Louis Sullivan e le cause perse” l’architetto di Chicago scrisse un partecipe lamento sulla scomparsa di un’altra “American School” di architettura: “C’erano i contenuti, c’era l’entusiasmo, c’erano i leader, ma vi si opponevano tutte le ‘discontinuità’”. Appare chiaro che i “rinnegati” dell’Università dell’Oklahoma dovettero affrontare gli stessi problemi e che, come dimostra questa affascinante mostra, fecero ogni sforzo per affrontarli.

“Renegades: Bruce Goff and the American School of Architecture” era originariamente in programma fino al 5 aprile 2020 al Fred Jones, Jr. Museum of Art di Norman, in Oklahoma, ma a causa delle disposizioni emanate per contrastare la diffusione del Coronavirus il museo è stato chiuso al pubblico il 16 marzo. Al momento non è disponibile alcuna ulteriore informazione.

Immagine d'apertura: La casa per Al Struckus progettata da Bruce Goff nel 1982, Woodland Hills, Los Angeles

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