Future Architecture: pensiero connettivo nell’epoca della frammentazione politica

Una rete di istituzioni di portata europea invita semplicemente i giovani professionisti a proporre idee per il futuro dell’architettura. Il successo della piattaforma sta nell’ingenuità della sua missione e nei collegamenti che favorisce in tutto il continente, afferma George Kafka, nella cronaca del quarto convegno annuale della piattaforma in Slovenia.

Che cos’è la piattaforma Future Architecture? “L’equivalente in architettura del concorso Eurovisione della canzone”? “Un polo dell’ottimismo per riflettere sull’architettura”? “Una forma di diplomazia”? “Un mercato dei matrimoni a disposizione delle ricerche delle istituzioni culturali”? “Un’occasione unica nella vita”?

Ognuna di queste affermazioni è in qualche modo vera. A sentire i soci di Future Architecture, consiglieri e partecipanti, la piattaforma è una realtà complessa, spesso inefficiente e sotto parecchi aspetti indefinibile. Nei termini più semplici è una rete finanziata dall’Unione Europea che conta 21 soci di 16 paesi europei e un apporto annuale di partecipanti internazionali: professionisti emergenti dell’architettura, dell’urbanistica e più in generale dell’ambiente costruito. I soci sono istituzioni dell’architettura di tutta l’Europa, dagli affermati sostenitori della prima ora, come il Museo Svizzero d’Architettura di Basilea, il MAXXI di Roma e la Triennale d’Architettura di Oslo, fino alle più recenti gallerie e ai più nuovi festival indipendenti come Viper di Praga e la Biennale d’Architettura di Tbilisi, che ha aperto la sua prima edizione nel 2018.

Mentre le attrattive della piattaforma per i partecipanti sono evidenti, i vantaggi per i soci sono un po’ più complicati

Da quando, nel 2015, la piattaforma è stata istituita, ogni anno 25 partecipanti sono stati convocati attraverso un bando pubblico per “creativi emergenti che lavorano su progetti e idee di cambiamento per il futuro dell’architettura”.

“A me pareva un po’ stupido! ‘Idee per il futuro’ è un abbastanza ingenuo per un bando”, dichiara Bika Rebek, assistente alla Columbia University, già partecipante della piattaforma e oggi membro del comitato scientifico. Ma probabilmente l’ingenuità ha una parte nel suo successo. A paragone di una miriade di bandi pubblici che spesso richiedono lungo lavoro non retribuito, tasse d’iscrizione e moduli sconclusionati, FAP offre un iter piacevolmente semplice.

Per il bando 2019, dal novembre 2018 al gennaio 2019, ci sono state 357 candidature da 60 paesi. Alla chiusura le proposte vengono caricate sul sito web della piattaforma, dove sono visibili al pubblico. 25 di queste vengono “selezionate” – 18 dai soci della piattaforma, tre dagli ex partecipanti e una in base alla votazione del pubblico (gli altri tre sono i vincitori dello Young Talent Architecture Award, nato dal Mies van der Rohe Award) – e vengono invitati in un castello rinascimentale alle porte di Lubiana, in Slovenia, meglio conosciuto come Museo d’Architettura e Design (Muzej za arhitekturo in oblikovanje - MAO).

Lì si trovano la direzione di Future Architecture e l’ufficio del fondatore nonché direttore del museo Matevž Čelik, taciturno ex-architetto il cui schivo atteggiamento lo fa sembrare un pastore che guida a malincuore un indisciplinato gregge di architetti. Čelik, per far fronte ai tagli al bilancio sloveno della cultura dovuti alle misure d’austerità del 2015, per portare nuove iniziative nel museo si è candidato alla gara pubblica dell’Unione Europea riservata alle piattaforme di vari campi della cultura. Con la candidatura ha cercato di cambiare la percezione di ciò cui un’istituzione slovena può aspirare: “La cultura slovena è molto introversa, si ferma al confine”, spiega. “Volevamo dimostrare di non aver bisogno di essere i seguaci di qualcuno, ma che siamo anche in grado di fare da guida. In certo qual modo si trattava di raggiungere la fiducia in se stessi, non solo per noi ma per il resto della scena culturale slovena.”

Ogni febbraio, per tre intense giornate, Lubiana e il MAO ospitano le maggiori e le migliori istituzioni dell’architettura europea e i creativi emergenti del continente e al di là del continente per l’annuale Creative Exchange, la “borsa della creatività”.

Per chi vi prende parte il Creative Exchange è un’occasione rara di presentarsi a un pubblico insolitamente attento. “Da professionisti indipendenti, la maggior parte delle occasioni ci capitano quando ci candidiamo a un incarico oppure quando chiediamo a finanziatori oppure a grandi organizzazioni di sostenere la nostra causa”, spiega Akil Scafe-Smith, ex partecipante e cofondatore del collettivo di design Resolve. “Ma una volta che entri nella piattaforma di Future Architecture hai lo studio pieno di gente che cerca proprio te. Sta solo cercando te.”

La presentazione di Resolve a Lubiana è stata una sintesi del suo lavoro fino a oggi. Altri sono stati più specifici: un nuovo metodo di ventilazione degli edifici che usa materiali biologici; una soluzione per la speculazione edilizia fondata sul sistema Blockchain; una reinterpretazione dei ruderi sotterranei di Madrid; una scuola d’architettura per i bambini bielorussi; laboratori comunitari nell’edilizia residenziale sociale portoghese: solo sei esempi dei cento presentati da quando la piattaforma è stata fondata nel 2015.

Dopo la presentazione i partecipanti “selezionati” vengono accoppiati ai soci e per il resto dell’anno sono invitati a partecipare a laboratori, mostre, manifestazioni e pubblicazioni nelle città di residenza dei soci: tutto finanziato dall’Unione Europea. Resolve, per esempio, è stato alla Fondazione Calouste Gulbenkian di Lisbona, alla Settimana dell’architettura di Tirana, a Forecast a Berlino e alla Haus der Architektur di Graz. Come dice Tania Tovar Torres – architetto e fondatrice della galleria Proyector di Città del Messico, che ha partecipato alla piattaforma nel 2018 – “senza accorgermene, una manifestazione dopo l’altra, non stavo più presentando un progetto ma, strada facendo, stavo dando forma a una parte della mia attività professionale”.

La piattaforma entra nel suo quarto ciclo e a quanto pare questo svilupparsi di una collaborazione dialogante tra i soci è il risultato concreto più notevole

Mentre le attrattive della piattaforma per i partecipanti – viaggi internazionali, visibilità delle opere e delle idee – sono evidenti, i vantaggi per i soci sono un po’ più complicati. Aprendo le porte a nuovi talenti le istituzioni associate hanno occasione di discutere la loro attività con altre organizzazioni che possono praticare attività analoghe ma in situazioni radicalmente differenti. “Questo aspetto di consulenza tra istituzioni è una cosa che trovo interessante”, spiega Andreas Ruby, direttore del Museo Svizzero di Architettura, socio della piattaforma dal 2015. “Le realtà più consolidate possono confrontarsi con la versatilità, la creatività, l’originalità di realtà che si sono appena inventate.”

Questo dibattito tra istituzioni culmina durante il Creative Exchange all’assemblea dei soci, incontro privato dall’atmosfera un po’ da terapia di gruppo, un po’ da Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. “Ciascuno ha i suoi programmi e tutti cercano di capire come il loro programma può integrarsi [in quello della piattaforma]”, afferma James Taylor-Foster, curatore e anch’egli membro del comitato scientifico della piattaforma. “È un po’ una curiosa situazione da Nazioni Unite, è una forma di lavoro diplomatico.”

Per Čelik questo collegamento con tutto il continente, in un’epoca di frammentazione e di rinascita dei movimenti di estrema destra in tutta l’Europa, è fondamentale

La piattaforma entra nel suo quarto ciclo e a quanto pare questo svilupparsi di una collaborazione dialogante tra i soci è il risultato concreto più notevole. La presenza coerente di queste istituzioni significa che prendono forma delle collaborazioni; le organizzazioni più esperte danno consigli a quelle più piccole sul modo migliore di lavorare con i partecipanti e viceversa: voci nuove incoraggiano quelle più anziane a superare le loro ortodossie. La piattaforma sta elaborando una storia, da cui impara e tramite la quale continua a progredisce.

Di questa storia fa parte la rete in espansione che lascia dietro di sé. Tra gli ex partecipanti della piattaforma ci sono curatori della Biennale di Venezia, formatori della Ivy League e direttori di riviste. Secondo l’ex partecipante Manon Mollard, redattrice della Architectural Review, la piattaforma “ha aperto canali di dialogo con una nuova rete di potenziali collaboratori”.

Per Čelik questo collegamento con tutto il continente, in un’epoca di frammentazione e di rinascita dei movimenti di estrema destra in tutta l’Europa, è fondamentale. Afferma che “la paura che viene stimolata e amplificata dai politici crea la divisione e la possibilità che vengano ricreate frontiere ed eretti steccati”. Al contrario “la piattaforma guarda al futuro e crea collegamenti. È una cosa che spezza queste paure”.

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