Bordeaux. Il centro espositivo Arc en Rêve celebra 30 anni di architettura bengalese

Da Muzharul Islam a Marina Tabassum, la mostra “Bengal Stream” esamina la pluralità dell’architettura del Bangladesh a partire dagli anni ’80.

domus-bait-ur-ruf-mosque-dhaka-©Iwan-Baan-0

Dopo una serie di mostre dedicate al lavoro di architetti burkinabé, indiani e più recentemente cinesi, con "Bengal Stream" il centro espositivo Arc en Rêve (Bordeaux, Francia) guarda ora al Bangladesh. Curata dall'architetto Niklaus Graber e dallo storico dell'arte Andreas Ruby, l’esposizione - in programma fino al 3 marzo 2019 - esplora 30 anni di produzione architettonica nel paese in cui la lotta agli effetti del cambiamento climatico fa già parte della quotidianità.

Impegnata in un dialogo tra passato e presente, la mostra analizza innanzitutto il ruolo fondamentale svolto dall'architetto bengalese Muzharul Islam (1923-2012), il quale aveva cominciato a invitare architetti internazionali - come Paul Rudolf, Stanley Tigerman e Louis I. Kahn - a costruire nella capitale Dhaka già nella seconda metà del Novecento, creando un ponte fra tradizione e modernità. L’esposizione guarda poi alla scena contemporanea, raccontando il lavoro di alcuni dei discepoli di Islam, tra cui Shamsul Wares, Nahas Khalil, Saif Ul Haque, Kashef Chowdhury ed Eshan Khan. Sebbene abbiano una visione e un approccio alla pratica architettonica diverso, essi sono tutti legati dalla volontà di creare una comunità unita e militante che svolga un ruolo importante nella società contemporanea, dando il via e cofinanziando progetti a sfondo sociale e/o ambientale, parallelamente al proprio lavoro commerciale.

Coprendo un arco di più di tre decenni - dai primi anni ’80 ad oggi - la mostra presenta, in sei sale consecutive, oltre 60 progetti tra cui grandi complessi come il Museo dell'Indipendenza di Marina Tabassum (1997), il Nature Interpretation Centre disegnato da Vitti Sthapati Brindo Ltd e il progetto Loom Shed for Amber Denim (Gazipur, 2015), realizzato da Archeground Ltd. 

Descritto da Munir Muniruzzaman - ex consigliere militare del presidente del Bangladesh - come un "laboratorio globale", il paese del subcontinente indiano sta già vivendo in prima persona quello che potrebbe essere il futuro di molti altri paesi a causa degli effetti del cambiamento climatico. Un tema che, come sottolinea “Bengal Stream”, negli ultimi decenni è stato affrontato da molti architetti: dalle scuole galleggianti sviluppate dall’organizzazione bengalese Shidhulai Swanirvar Sangstha, a "Growing up", un giardino e parco giochi immaginato dallo studio di architettura Paraa, fino alla METI Handmade School (Rudrapur, 2005) dell’austriaca Anna Heringer.

 

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