Site-specific in the middle of nowhere

Come scorre la vita dopo Rural Studio? Giacomo “Piraz” Pirazzoli, ospite speciale ad Auburn, ne racconta il metodo che nasce da una rilettura attenta delle condizioni dei luoghi, dal dialogo con i committenti, da tecnologie possibili e materiali disponibili, in continuità con il tessuto sociale locale.

Rimandando al sito www.ruralstudio.org nonché all’ottimo Rural Studio at Twenty curato da Andrew Freear ed Elena Barthel (Princeton, 2014) eviterò qui di ripetere cose note a proposito di questo speciale design&build studio, fondato nel 1993 da D.K. Ruth e “Sambo” Mockbee come percorso formativo sul campo della Auburn University, a Newbern Alabama.
Rural Studio, Auburn, Alabama
Rural Studio, Auburn, Alabama. Morrissette Farm, assemblaggio e montaggio di un elemento costruttivo per la copertura, maggio 2015. Photo Elena Barthel (sopra) e Giacomo Pirazzoli (in apertura)

Passato dal 2001 sotto la direzione di Andrew Freear, Rural Studio è oggi un manipolo di posseduti dal demone del fare sociale, appropriato e pertinente che quotidianamente lavora nel tessuto umano e fisico della Black Belt di questa molto povera regione degli States.

I percorsi formativi sono due: uno di Bachelor, retto da Elena, e uno di Master, condotto da Andrew, con un Outreach per studenti esterni. Con Elena e Andrew – che nella vita sono coppia, evocando quindi gli Smithsons ovvero Venturi e Scott-Brown – collaborano figure solide quanto autorevoli, quali per esempio Xavier Vendrell, già promessa dell’architettura catalana, da tempo professore a Chicago.

Rural Studio
Rural Studio, Auburn, Alabama. Morissette Farm, greenhouse, fasi di montaggio. Photo Giacomo Pirazzoli
Dato che ragionare di architetture senza averne percezione serve poco, mi faccio due giorni di viaggio aereo con tre cambi, più un paio di ore di auto dalla North Carolina all’Alabama immerso in questo paesaggio orizzontale del Sud. Passo da Greensboro – capitale conclamata del pesce gatto – e lungo la strada vedo una prima traccia, il Farmers Market (2011); quindi arrivo finalmente a Newbern, dove riconosco la Stazione dei Vigili del Fuoco (2004) accanto alla Town Hall (2011), di fronte alla storica sede operativa di Rural Studio, Red Barn; ancora 300 m e trovo la Morrisette House (dal 2010), la fattoria con serra solare e le altre facilities in costruzione. Lì mi accoglie Elena Barthel, in cantiere con studenti e collaboratori per saldare serramenti e posarli in opera; purtroppo – per una ragione burocratico-assicurativa – non posso dar una mano da subito, così che faticherò a entrare nel rito collettivo del lavoro.
Rural Studio, Auburn, Alabama
Rural Studio, Auburn, Alabama
Anche dell’impegno etico di Rural Studio, che lavora insieme alla comunità locale come unità pratica dell’accademia di cui è parte, è stato scritto ampiamente. Stando in loco, dopo la sessione critica con gli studenti di Elena – insieme con Margaret Fletcher e William T. Dooley, che in due ore e mezza di auto ci hanno raggiunto da Auburn – si profila qualche nuova questione.
Rural Studio, Auburn, Alabama
Rural Studio, Auburn, Alabama
Emerge innanzitutto, il senso alternativo dell’operazione: i corsi design&build – un tempo parte brillante della tradizione formativa anglosassone – fanno parte dei programmi delle global universities e si tengono ormai soprattutto in luoghi-limite tra Africa e India, veri e propri “altrove”. Spesso vengono organizzati in collaborazione con ONG e organismi internazionali, ovvero nell’ambito di programmi generosamente finanziati da ministeri e dalle università stesse. Se si analizzasse sotto il profilo energetico qualche prodotto di tali corsi – mettiamo il caso di una certa pluripremiata scuola con ventilazione naturale ecc. – si arriverebbe alla conclusione che quella scuola, quand’anche ispirata a principi di sostenibilità, impiego di materiali locali, avrebbe raggiunto un costo complessivo (per biglietti aerei, vitto, alloggio, trasporti e quant’altro) almeno triplo di quanto sarebbe costata se realizzata con mano d’opera e progettisti solo un po’ meno global. Ovvero, con la stessa spesa si sarebbero realizzate tre scuole.
Rural Studio, Auburn, Alabama
Rural Studio, Auburn, Alabama
Siccome qui in Alabama i costi contano, si agisce diversamente fin dall’inizio, in continuità con il tessuto sociale locale, nel raggio di qualche miglio. Senza alcun pensiero iperlocalistico o folk, si progetta e si realizza un’architettura normale, non arrogante, non autonarrativa. Non c’è un brand (o stile) Rural Studio, c’è invece un caso per caso che nasce da una rilettura attenta delle condizioni dei luoghi, dal dialogo con i committenti, da tecnologie possibili, da materiali disponibili. La nozione di sostenibilità è così nella natura dei manufatti, come nel modo di produzione plurale, semplice, ma mai banale. In questa maniera cresce il cittadino architetto che è parte della comunità e che appunto lavora a nome collettivo – in un modo peculiare che non sembra somigliare a quello di Dudok a Hilversum nè a quello di De Carlo a Urbino.
Con questo fine, studenti e docenti interagiscono, senza il personalistico desiderio occidentale di studiare per andare a costruire in un qualche ricco “altrove” un grattacielo più alto o più storto di quello a fianco, e di firmarlo, come invece il superego dell’archistar – servo complice dell’iperlusso e quindi dell’ineguaglianza – comanda. Un’attitudine, questa, rivoluzionaria rispetto alla figura stessa dell’architetto con la leadership sulla quale invece si fonda ancora il pensiero dominante, non solo in Occidente.
Rural Studio
Il Lions Park (2006-) a Greensboro è un luogo dove i bambini giocano tra un suolo e una nuvola, entrambi fatti con fusti di recupero
Dal punto di vista dell’architettura, i risultati sono anche poetici – come il sistema di manufatti a Perry Lakes Park (2002-2005), in un sito naturale di grande suggestione – ovvero, come il Lions Park (2006-) a Greensboro ove i bambini giocano tra un suolo e una nuvola, entrambi fatti con fusti di recupero, per una leggerezza inventiva che ha forse paragone soltanto con il lavoro di Lina Bo Bardi. O ancora l’allestimento della Safe House Black History Museum (2010) nella casa dove Martin Luther King trovò rifugio due settimane prima di essere assassinato.

Quindi, la serie delle Case da 20.000 dollari (2005-): più che un esercizio di realtà, una sfida raccolta e rilanciata; con molte 20K $ House realizzate, finalmente abitate da famiglie che si sono impegnate in quest’avventura spesso portando culture diverse e ricchezze materiali scarse.

L’impressione stando qui – in questo paese dilatato di 120 anime, lontano da cinema, teatri e altre urbanità – è quella di far parte di un manipolo di resistenti felici; quando poi, ben prima della festa di fine anno, arrivano ex studenti ormai laureati a dar mano con entusiasmo, cerco di capire come va la vita dopo Rural Studio, insomma se questo corso design&build ha funzionato rispetto a quanto stanno incontrando fuori. Se, per esempio, la ricerca di semplicità fatta su quel tale giunto o dettaglio sia servita dopo, per vivere. Domanda che suscita risposte varie, ma consonanti, da ex allievi che – avendo forse concesso minor tempo alla speculazione teorica – lavorano con qualche significato rispetto all’essere al mondo.

Noto che in paese tutti conoscono Rural Studio e salutano Elena – avendola vista parecchio in cantiere con gli studenti, non in televisione.

© riproduzione riservata

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