Hadid: Serpentine Sackler

Nonostante le lamentele per la dissonanza del linguaggio e dello stile architettonico, a poche settimane dalla inaugurazione della Serpentine Sackler Gallery di Zaha Hadid, ciò che soprattutto si vede osservando l’edificio classico e il suo ampliamento è l’incontro di due tipi di potere.

La recente inaugurazione della Sackler Gallery di Zaha Hadid, sorella della Serpentine Gallery, segna il proseguimento di un lungo rapporto tra il centro d’arte collocato in una delle aree amministrate dai Royal Parks londinesi e lo studio internazionale d’architettura.

Nel 2000 Hadid progettò il primo dei padiglioni estivi della Serpentine Gallery, un lieve baldacchino a triangoli che sommessamente reinventava l’idea dei tendoni da giardino. Nel 2007 l’architetto e il suo socio Patrick Schumacher ricevettero un ulteriore incarico per un’installazione esterna di durata settimanale: un trio di candidi funghi che servisse da punto di riferimento ufficiale per gli invitati all’annuale festa sociale del Serpentine. La scelta dei curatori Julia Peyton-Jones e Hans Ulrich Obrist di incaricare Hadid, anch’essa membro del consiglio d’amministrazione, di creare una struttura permanente ha radici ultradecennali.

Zaha Hadid Architects, Serpentine Sackler Gallery. Photo © 2013 Luke Hayes

Da quando il mese scorso la Sackler è stata aperta, la ristrutturazione e l’ampliamento del Magazine (un’ex polveriera dei giardini di Kensington risalente alle guerre napoleoniche) hanno ricevuto commenti critici di varie sfumature. La struttura di Hadid è stata chiamata “aggressiva e banale” a confronto dell’edificio ottocentesco cui si accompagna, mentre il suo aspetto apparentemente effimero è stato paragonato a “un tendone da festa nuziale in lotta con un forte vento”. È vero che, procedendo verso la Sackler sul ponte della Serpentine, il suo tetto ondulato appare un’aggiunta provvisoria, un tendone d’occasione costato una cifra regale.

Zaha Hadid Architects, Serpentine Sackler Gallery. Photo © 2013 Luke Hayes

I lettori che non risiedono nella capitale britannica, dove Hadid ha aperto il suo studio nel 1980, possono chiedersi la ragione di tanto brusio. Il tetto della Sackler reca senza dubbio la firma di Hadid: curve inconfondibili, composite, integrate in una superficie senza soluzione di continuità, che in vari punti si gonfia e sfiora il terreno, e in certi altri lambisce le pareti libere di vetro. Ma l’ampliamento è anche molto piccolo: gli incarichi internazionali dello studio ZHA ostentano ben altri disinvolti giochi parametrici. È interessante che questo sia il primo edificio permanente di Hadid nel cuore di Londra, dato che il suo unico altro contributo costruito alla capitale britannica è la Evelyn Grace Academy school di Brixton.

Zaha Hadid Architects, Serpentine Sackler Gallery. Photo © 2013 Luke Hayes

La Serpentine Gallery è stata orgogliosa di ospitare nella sua area un segno di Hadid, che è anche il sigillo del suo impegno di collaborazione con architetti di primo piano nella serie dei padiglioni estivi. Perché affidare l’incarico di un edificio a ZHA significa, come dice Owen Pritchard descrivendo il profilo dello studio, acquisire “uno status symbol di lusso e di collocazione politica”. Se si tiene conto della posizione dei giardini di Kensington, la Serpentine Gallery ha giocato una mossa tattica da Monopoli in fatto di capitale culturale come di capitale finanziario.

Zaha Hadid Architects, Serpentine Sackler Gallery. Photo © 2013 Luke Hayes

Hans Ulrich Obrist si affretta a sottolineare che la Sackler non sta solo nel suo rutilante ampliamento, che di fatto non ospiterà alcuna opera d’arte, ma anche nel ristorante sushi e nello spazio per eventi della galleria. Si tratta di un Gesamtkunstwerk di Zaha, afferma, il che in termini d’architettura significa semplicemente che lo studio ha guidato l’intera ristrutturazione dell’edificio. I particolari sono accurati, con la costruzione di una sequenza di spazi espositivi come scatole cinesi. Una nuova piazza bianchissima circonda due ambienti interni oscuri di identiche dimensioni: le originarie ‘Sale delle polveri’ in mattoni della precedente vita dell’edificio. Questa piazza dal basso tetto, creata chiudendo e coprendo i vecchi cortili, farà da ordinario spazio di sosta, mentre le sale interne, prive di pareti intonacate e di illuminazione naturale, serviranno unicamente alle performance, alle opere audio e video, alla scultura. La facciata degli anni Venti dell’Ottocento resta com’è sempre stata, anche se il percorso verso l’ingresso principale è stato centrato, per creare un avvicinamento più simmetrico.

Zaha Hadid Architects, Serpentine Sackler Gallery. Photo John Offenbach. © The Royal Parks and Serpentine Gallery

La mostra inaugurale, risposta architettonica e scultorea dell’artista argentino Adrián Villar Rojas, in realtà maschera il restauro del Magazine, coprendone il pavimento di mattoncini rossi che tintinnano urtandosi tra loro quando ci si cammina sopra. Rojas usa l’argilla cruda per comporre un simulacro della facciata della polveriera, su cui si china un onnipresente elefante. È difficile immaginare che aspetto avrà lo spazio espositivo quando l’installazione sarà rimossa; anche la sua presenza percettiva certamente cambierà. Non so se dipenda dall’argilla spezzata di Rojas o dai mattoni grezzi della Sala delle polveri, ma l’insieme ha il rassicurante odore di un annesso umido, con i suoi materiali terrosi che fungono da impressionante antidoto alla nitidezza della porta accanto.

Zaha Hadid Architects, Serpentine Sackler Gallery. Photo © 2013 Luke Hayes

Un corridoio collega lo spazio espositivo principale con il ristorante adiacente, dove ci si trova sotto le onde di un paracadute, un soffitto a membrana di tessuto di fibra di vetro con tre strati di isolamento, rivestito di PTFE. L’architetto a capo del progetto, Fabian Hecker, sottolinea che la complessità dell’ampliamento stava nel realizzare una membrana che permettesse alcuni movimenti strutturali pur mantenendosi complessivamente stabile nel tempo, per soddisfare la normativa sugli edifici permanenti e i requisiti energetici (la Arup ha messo a punto un sistema di condizionamento sotto la pavimentazione e dei pannelli solari sul tetto). La geometria dei componenti del tetto ha dovuto essere sottoposta a severi controlli. La struttura tensile in opera è tesa tra un anello perimetrale e cinque piloni di acciaio lavorato, che hanno in cima dei lucernari. I piloni hanno l’aspetto di grandi cucchiai da minestra cinesi, mentre l’isola della cucina e del bar ricorda il Teflon color panna dell’interno degli aerei.

Zaha Hadid Architects, Serpentine Sackler Gallery. Photo © 2013 Luke Hayes

ZHA ha affinato i particolari funzionali di una mensa fino ad avvicinarsi alla levigatezza di un abitacolo da fantascienza. Il risultato è una curiosa mistura di superfici sterili e di forme che pretendono di essere sensuali. In contrasto con la sensazione avvolgente dell’interno, la trasparenza delle pareti di vetro permette di dare un’occhiata a un po’ di verde, ma non c’è vera corrispondenza con la topografia del parco, contrariamente a quanto era stato promesso, perché il tetto che sfiora il terreno blocca relativamente la vista all’intorno. Né bozzolo né padiglione aperto sull’esterno, l’edificio, con la sua intenzione di restare ‘effimero’ non sta né di qua né di là. L’ampliamento vale solo per l’intenzione, mentre la ristrutturazione della polveriera, nell’offrire un nuovo spazio espositivo (per quanto ridotto), appare seria.

Zaha Hadid Architects, Serpentine Sackler Gallery. Photo © 2013 Luke Hayes

La vivacità della struttura sta nel variare del suo aspetto a ogni nuovo punto di vista, caratteristica dell’architettura parametrica che rende fluidi i progetti di ZHA. In un saggio su Hadid pubblicato da Mute Owen Hatherley analizza le argomentazioni di Sam Jacob, che collegano l’architettura parametrica con lo strapotere della finanza. Il tetto curvilineo dell’ampliamento della Sackler Gallery sembra esprimere la medesima “mentalità liquida di un’economia millenaria” descritta da Jacob.

Zaha Hadid Architects, Serpentine Sackler Gallery. Rendering

E perciò, nonostante le lamentele per la dissonanza del linguaggio e dello stile architettonico, per il conflitto tra antico e avanguardia, ciò che soprattutto si vede osservando l’edificio classico e il suo ampliamento è l’incontro di due tipi di potere. Nell’incontro del tetto costruito con gli algoritmi con l’originaria parete di mattoni assistiamo a una disinvolta stretta di mano tra l’ordinato colonnato militare britannico e lo stile globalizzato dell’archistar. Almeno sotto questo aspetto le due metà della Sackler si ritrovano a loro agio l’una a fianco all’altra.