All'inizio degli anni Novanta, Norbert Kottmann collocò un cartello di cantiere nell'allora terra di nessuno di Potsdamer Platz, dichiarando che vi sarebbe stato costruito il Monumento alla Terza Internazionale di Tatlin. In origine, la torre di Tatlin era stata concepita come quartier generale e, insieme, monumento alla rivoluzione socialista internazionale, ma nel campo dell'arte è da tempo diventata simbolo dei sogni e delle utopie più diverse. Kottmann ha ribattezzato la sua versione "Parlamento delle Nazioni Unite di Eurasia". In barba a tali prospettive visionarie, in pochi anni su quel sito è sorto il Sony Centre, circondato dai suoi angeli custodi—una serie di grattacieli ancora più commerciali. Mentre la torre di Tatlin, mai costruita, è destinata a una ciclica riappropriazione da parte degli artisti, i rendering delle visioni architettoniche di oggi esistono per un motivo simile, ma spesso coronato da maggior successo: portare all'esistenza quanto è costruito dall'immaginazione.
Queste interpretazioni grafiche potrebbero anche essere considerate le forme più visibili, legali e pubbliche di arte urbana del Ventunesimo secolo. Riprodotte su cartelloni pubblicitari da un capo all'altro della metropoli, ci si parano dinanzi ogni giorno sotto specie di futurismo digitale, una versione in pixel di ciò che è ancora di là da venire.Così, all'interno e a fianco dell'architettura e dell'edilizia, a esse è legato l'improvviso apparire di un nuovo settore che si occupa della loro creazione. L'architettura ha sempre avuto un rapporto con la visualizzazione grafica, intesa come qualcosa di separato da piante e schemi. Mentre i disegni tecnici descrivono i requisiti funzionali di un edificio, i bozzetti trasmettono un'impressione della struttura finale altrettanto indispensabile al costruire, dato che parlano non tanto dei limiti fisici di viti, bulloni e materiali da costruzione, ma di ciò che Dan Hill definisce la "materia oscura" del progettare: i processi ambientali e legali, e l'instabile terreno dell'opinione pubblica. In un recente saggio apparso su The New York Times, Michael Graves ha scritto che "i disegni non sono solo un prodotto finale: essi fanno parte del processo di pensiero della progettazione architettonica. I disegni esprimono l'interazione delle nostre menti, degli occhi e delle mani". Secondo Graves, progettare in modo interamente digitale "è analogo all'ascoltare le parole di un romanzo lette ad alta voce, mentre il leggerle sulla carta ci permette per un po' di sognare a occhi aperti, di creare associazioni che superano quelle letterali delle parole stampate sulla pagina". La tesi secondo cui il computer ci ha fatto perdere qualcosa d'importante è un'idea che una nuova generazione di studi di visualizzazione grafica potrebbe contestare.


Quello che un tempo era il dominio dell’architetto è ora occupato dal lavoro dell’artista grafico



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