Giustizia è fatta

La nuova sede del Tribunale di sorveglianza di C+S Architects è un'agopuntura di architettura contemporanea in quel terrain vague che segna il confine tra città storica e terraferma.

Questo articolo è stato pubblicato in origine su Domus 964, dicembre 2012

A Venezia, il Moderno arriva sempre di soppiatto. Affiora negli interni (Aldo Rossi nel Teatro La Fenice; Tadao Ando alla Punta della Dogana; Renzo Piano alla Fondazione Vedova; Michele De Lucchi nella Manica Lunga della Fondazione Cini). Fiorisce nelle periferie della laguna (David Chipperfield con il cimitero dell'isola di San Michele; Cappai e Segantini, C+S Architects, con il depuratore dell'acqua e le infrastrutture che facilitano la visita dell'isola di Sant'Erasmo). Spunta inaspettato ai margini d'accesso della città (Santiago Calatrava con il suo ponte alla stazione della ferrovia). O s'insinua di nascosto (come il nuovo Tribunale di piazzale Roma) nelle articolazioni di un'ossatura che rassomiglia a un corpo steso a terra, più che avvicinarsi all'immagine canonica di un parco a tema che mette in scena l'antico'.

Una modernità porosa e selettiva, dunque, che rifiuta i gesti dimostrativi (di Palladio come di Le Corbusier), ma che si apre alla trasformazione puntiforme: accetta l'agopuntura e rifiuta la mano del chirurgo che potrebbe stirarne dal volto i segni del tempo. Per una tradizione praticata, ma non scritta, preferisce adattarsi a un'apparente permanenza, sfidando le capacità del progetto di leggerne le profondità, di scandagliarne gli spessori e, soprattutto, di percepirne i 'vuoti' non come sacche da riempire, ma come intermezzi deliberati di un labirinto urbano che si estende all'intero paesaggio lagunare. Come una scrittura, insomma, che con le punteggiature e i punti di sospensione costruisce una trama elastica e flessibile, riluttante a essere ridotta alla linearità di un racconto di maniera: neppure a quello, quindi, del mito di città antimoderna per definizione.
Photo Pietro Savorelli
Photo Pietro Savorelli
Da questo punto di vista, Venezia pone una sfida all'architettura, chiedendole di farsi misura, più che gesto: di esercitare, cioè, la sua perizia nell'arte di prendere le distanze, d'individuare i limiti, di stabilire altezze e configurare spessori. Di prendere la taglia, insomma, al corpo del costruito, facendolo risultare come commento operativo all'interrogativo della mutevole forma della città. Il 'punto' da cui si staglia il corpo sottile del Tribunale di sorveglianza è nel cuore dell'ex Manifattura Tabacchi che, dal 1786 alla definitiva dismissione nel 1997, ha riassunto il carattere industriale e infrastrutturale dell'area—alle spalle della città storica e soglia di frontiera verso il mondo della terraferma.
Risultato di un concorso internazionale indetto nel 2002, l’edificio è rivestito all’esterno con una pelle di rame preossidato, incisa da una trama geometrica. Questo materiale è stato scelto in omaggio alla tradizione storica, in quanto a Venezia identifica da sempre le coperture degli edifici monumentali. Photo Alessandra Bello
Risultato di un concorso internazionale indetto nel 2002, l’edificio è rivestito all’esterno con una pelle di rame preossidato, incisa da una trama geometrica. Questo materiale è stato scelto in omaggio alla tradizione storica, in quanto a Venezia identifica da sempre le coperture degli edifici monumentali. Photo Alessandra Bello
È Venezia prima di Venezia: un bagnasciuga stabile, nel quale gli automobilisti si trasformano in pedoni e viceversa, secondo i flussi di una regolare marea in entrata e in uscita, che l'elegante e possente gabbia vetrata dell'autosilo di Eugenio Miozzi aveva provato a rappresentare, negli anni Trenta, con la fiduciosa baldanza del Razionalismo. Un luogo anfibio, apparentemente disordinato e caotico, 'volgare', quasi, per le contaminazioni dei tanti linguaggi che ne fanno un retroscena del fastoso palco annunciato, poco più in là, dalla cupola di rame di San Simeone: una Venezia 'minore' che è, in realtà, l'hardware funzionale della macchina da festa che attende turisti e pendolari nel loro quotidiano assalto al centro storico. La dismissione dei corpi di fabbrica della Manifattura Tabacchi e la loro conversione nel programma di una futura cittadella della giustizia avevano fatto affiorare un tessuto di vuoti e di corti, che l'impennata del Tribunale riassume e riapre, mettendolo a disposizione dell'intera area attorno al piazzale. Maria Alessandra Segantini e Carlo Cappai hanno imparato, in questi anni, a muoversi a Venezia con passo deciso, ma felpato: soprattutto nelle aree estese dei suoi nuclei periferici. Se nell'isola di Sant'Erasmo avevano colto il valore paesaggistico del 'vuoto' interpretato attraverso una serie d'infrastrutture, a piazzale Roma hanno capito il carattere ibrido di un paesaggio di 'servizio', di un paesaggio interno ed esterno al tempo stesso—uno spazio d'attesa e transizione, spurio e, proprio per questo, vitale e stimolante, come forse nessun'altra parte della città.
Venezia pone una sfida all'architettura, chiedendole di farsi misura, più che gesto: di esercitare, cioè, la sua perizia nell'arte di prendere le distanze, d'individuare i limiti, di stabilire altezze e configurare spessori.
Verso piazzale Roma 
il volume presenta uno sbalzo di cinque metri, che sottolinea la presenza dell’ingresso. Oltre al tribunale, accoglie al suo interno tutti gli impianti tecnologici (centrali termiche e frigorifere) dell’intero blocco che, un tempo, ospitava la Manifattura Tabacchi. Secondo gli architetti, il nuovo edificio è una grande “infrastruttura abitata”. Photo Pietro Savorelli
Verso piazzale Roma il volume presenta uno sbalzo di cinque metri, che sottolinea la presenza dell’ingresso. Oltre al tribunale, accoglie al suo interno tutti gli impianti tecnologici (centrali termiche e frigorifere) dell’intero blocco che, un tempo, ospitava la Manifattura Tabacchi. Secondo gli architetti, il nuovo edificio è una grande “infrastruttura abitata”. Photo Pietro Savorelli
Comprendere la complessità significa rispettarla, senza tentare di racchiuderla in un'unica espressione emblematica e dimostrativa. Implica assecondarne la naturale tendenza a stratificarsi e a lavorare, quindi, per interpunzione, con la discrezione dei punti e delle virgole o con l'accentuazione del punto esclamativo: come, per esempio, la grande 'tesa' che connette la funzione civile dell'amministrare il potere giudiziario al tono fabbrile dell'infrastruttura, della 'macchina' dei servizi. L'edificio è come un guscio: può essere la carena di una nave (lo spettro degli smisurati transatlantici che fanno capolino in attesa d'imboccare il canale); una cavana, dove forse trova riparo la Giustizia; o, ancora, la sublimazione infantile del fantasma di una casa, che ricorda le esplorazioni surreali di John Hejduk a Berlino. Rivestito di lastre di rame, per sottolinearne l'appartenenza alla tipologia dell'edificio pubblico, questo parallelepipedo allungato sfida, fianco a fianco, la massa multipiano del parcheggio, determinando così la prospettiva di una strada che fa da accesso all'intera cittadella. Un cannocchiale con due fuochi: uno all'interno del recinto, l'altro sul ponte di Calatrava e la cupola di San Simeone. Un righello che misura la prospettiva delle due città, tendendone le estremità fino al punto di ricongiunzione: un'ombra, per il tono scuro ed ermetico delle pareti appena solcate da scarni tagli, che si allunga tra le strutture in cemento e i bassi muri delle vecchie costruzioni.
A sinistra: articolato su sette piani, l’edificio s’attacca alla struttura storica dell’ex Manifattura Tabacchi, il cui nucleo più antico risale al 1786. Insieme, costituiscono la nuova cittadella della giustizia. A destra: vista dal basso del grande scalone interno. 
La hall d’ingresso ospita anche spazi commerciali come bar, tabaccherie e negozi. Photo Pietro Savorelli
A sinistra: articolato su sette piani, l’edificio s’attacca alla struttura storica dell’ex Manifattura Tabacchi, il cui nucleo più antico risale al 1786. Insieme, costituiscono la nuova cittadella della giustizia. A destra: vista dal basso del grande scalone interno. La hall d’ingresso ospita anche spazi commerciali come bar, tabaccherie e negozi. Photo Pietro Savorelli

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