John Pawson: processo di sottrazione

Nel restauro della basilica dell'abbazia di Pannonhalma, bene dichiarato Patrimonio mondiale dall'UNESCO, l'architetto inglese recupera la semplicità che i monaci ungheresi pensavano perduta.

L'intervento di John Pawson nella basilica ungherese di Pannonhalma è stato studiato insieme con altri quattro progetti religiosi: una chiesa e una cappella di un monastero, una chiesa parrocchiale e una cappella privata. Rientra quindi in un periodo di analisi minuziose circa il modo in cui il suo pensiero spaziale, coerentemente sviluppato fin dagli anni Ottanta per diversi obiettivi secolari, può essere applicato anche ad architetture sacre.
I primi contatti con la comunità benedettina ungherese risalgono a una lettera ricevuta da Pawson nell'estate del 2006. Nella lettera, padre Asztrik descriveva la visita compiuta con un confratello all'abbazia cistercense di Nostra Signora di Novy Dvurm, nelle campagne boeme, progetto al quale Pawson stava lavorando da sette anni: "Lo scopo del nostro viaggio era vedere con i nostri occhi il monastero, la costruzione del quale avevamo seguito a distanza. E non siamo rimasti delusi. Abbiamo subito capito che ha molto in comune con la nostra chiesa del XIII secolo, costruita in stile cistercense da architetti italiani e francesi. Al ritorno, grande fu la nostra gioia perché avevamo trovato un architetto in grado di interpretare sia l'antico linguaggio degli spazi medievali sia la richiesta che sorge dalla preghiera viva di una comunità monastica".
Al tempo di questa lettera, i monaci avevano già compiuto una profonda riflessione sulle priorità della loro chiesa, partendo dall'analisi delle tre più importanti fasi della sua costruzione e trasformazione. Il nucleo iniziale della basilica venne costruito all'inizio del XIII secolo per una comunità relativamente ristretta. In questo periodo, l'edificio ospitava solo la messa e gli otto uffici divini che scandiscono la giornata dei monaci. Questi ultimi identificavano la forza dell'architettura medievale nel suo "uso dei simboli più che della didattica, il che le consentiva di essere universalmente comprensibile, costituendone, in un certo qual modo, la sua modernità".
Secondo la comunità monastica, il vasto programma di restauri, intrapreso negli anni Sessanta dell'Ottocento da Ferenc Storno, aveva invece frammentato questo linguaggio architettonico olistico e simbolico, sostituendolo con "l'allegoria, la didattica e lo storicismo, ai quali lo spazio medievale fornisce un eccellente sfondo romantico". Nel corso del XX secolo, la terza fase di trasformazione, realizzata sull'onda delle riforme del Concilio Vaticano II, aveva concentrato l'azione liturgica in una ridotta area al centro della chiesa, spogliando il santuario e la cripta degli obiettivi liturgici. Scopo preminente dell'intervento del XXI secolo doveva essere il recupero di ciò che i monaci identificavano come perduto, in termini di semplicità visiva, di globalità simbolica e di coerenza funzionale; in un processo di calibratura dei rapporti tra la congregazione, l'altare e il celebrante; e il recupero della luminosità della sezione ascendente e della pianta assiale della chiesa, simbolo dell'ascesa dell'essere umano verso Dio.
A sinistra: la fonte battesimale si trova sotto la torre della basilica di Pannonhalma, nella navata centrale. A destra: una nuova apertura, al posto di una precedente porta, permette ai monaci di raggiungere direttamente la chiesa dalla sagrestia inferiore
A sinistra: la fonte battesimale si trova sotto la torre della basilica di Pannonhalma, nella navata centrale. A destra: una nuova apertura, al posto di una precedente porta, permette ai monaci di raggiungere direttamente la chiesa dalla sagrestia inferiore
Il metodo di Pawson affonda le sue radici in un atto di sottrazione. Il primo esercizio è stato la produzione di una vasta sequenza di immagini, attraverso le quali mostrare, via via, le modifiche necessarie: dalle principali revisioni dell'interno alla rimozione delle statue montate sulle balaustre del santuario. Il processo è stato volutamente spinto all'estremo, in modo che architetti e committenti capissero le implicazioni di ogni scelta.
In termini funzionali, il planum costituisce la scena centrale delle attività che si svolgono nel corpo principale della chiesa: lo spazio dove si celebrano la liturgia e il cerimoniale, tra cui la professione solenne e i funerali. In questo punto mancava lo spazio necessario. La rimozione del pulpito, di dimensioni eccessive e funzionalmente obsoleto, costruito quando la chiesa veniva ancora usata come cattedrale, ha liberato in pianta altro spazio. Un altro alleggerimento spaziale è stato ottenuto aumentando l'inclinazione della scalinata che va da est a ovest, in coerenza con la precedente scala medievale.
Le azioni della vestizione, del momento della statio (un tempo di pausa) e della processione dei monaci erano tutte compromesse dalla sistemazione preesistente. Pawson ha lasciato sostanzialmente intatta la sacrestia barocca, spostando la statio dal corridoio della navata settentrionale alla sacrestia inferiore, dove la comunità può prepararsi alla liturgia in condizioni di indisturbata tranquillità. Una nuova apertura, dotata di scale, collega la sacrestia inferiore all'area della vestizione (già parte del complesso della biblioteca), mentre un nuovo ingresso permette alla comunità di passare direttamente dalla sacrestia inferiore alla chiesa, tramite una sequenza di scalini.
Nel disegno del rosone, i gesti visivamente predominanti sono la croce luminosa e l'intensità radiosa della parte centrale della finestra, là dove la lastra di onice si fa più sottile
Nel disegno del rosone, i gesti visivamente predominanti sono la croce luminosa e l'intensità radiosa della parte centrale della finestra, là dove la lastra di onice si fa più sottile
La parte più problematica dell'intervento di Storno riguardava la finitura delle superfici, in quanto allontanavano la basilica dagli ideali di semplicità del XIII secolo. Mentre gli affreschi dei soffitti sono stati puliti ma peraltro conservati, le decorazioni pittoriche della parete orientale del santuario sono state coperte. Le zone della parete, dove Storno aveva applicato della cenere per esaltare il carattere della pietra, sono state pulite per ottenere un tono più omogeneo, mentre le pareti tinteggiate sono state restaurate in modo da corrispondere fedelmente ai toni caldi della pietra naturale. È stata posata ovunque una nuova pavimentazione di pietra calcarea chiara. Proveniente da una cava di Süttö, nell'Ungheria settentrionale (e fornita in blocchi oltre che in lastre, per la realizzazione di gradini, banchi e plinti), questa materia funge da importante elemento di ancoraggio: in una mediazione tra elementi storici e contemporanei.
Il rosone di Storno rappresentava in qualche modo un'anomalia teologica, poiché collocava la figura di san Martino sopra quelle della Trinità. I suoi vetri scuri, inoltre, aggravavano la scarsa penetrazione luminosa. Il progetto di Pawson, invece, si rifà a precedenti antichi nell'uso della luce bianca nell'architettura monastica, tipicamente tramite vetro trasparente o alabastro. A Pannonhalma, gli elementi della finestra sono stati ritagliati da sottili lastre di onice laminata su vetro, in cui lo strato di pietra si assottiglia al centro per ottenere una maggiore intensità luminosa. Al posto delle consuete legature di piombo o di pietra, le sezioni di onice sono divise da strette separazioni di vetro trasparente inciso, in modo che i particolari del progetto si articolino in linee luminose.
Il nuovo rosone della basilica di Pannonhalma diventa il centro logico della trascendenza, in una narrazione teologica scandita dall'onice
A sinistra: il percorso visivo è guidato, lungo la navata, da una sequenza di punti di riferimento: l'altare, il pulpito e le tre finestre ad arco dell'abside. A destra: un comune linguaggio materico unisce tutti gli elementi attraverso l'uso di due differenti pietre: la pietra calcarea e l'onice
A sinistra: il percorso visivo è guidato, lungo la navata, da una sequenza di punti di riferimento: l'altare, il pulpito e le tre finestre ad arco dell'abside. A destra: un comune linguaggio materico unisce tutti gli elementi attraverso l'uso di due differenti pietre: la pietra calcarea e l'onice
Il nuovo rosone diventa il centro logico della trascendenza, in una narrazione teologica scandita dall'onice. Dal fonte battesimale d'onice, all'estremità occidentale, l'occhio viene guidato attraverso la navata, in una sequenza di punti di riferimento che comprende altare, leggio e le tre finestre ad arco dell'abside, fino al cerchio di luce celeste. Il linguaggio costruttivo unisce tutti gli elementi liturgici: ogni pezzo è costruito con elementi tagliati da blocchi di due varietà di pietra. Un plinto di calcare sostiene un coronamento d'onice.
A sinistra: l'onice, che nelle finestre sostituisce il vetro, è citato nel libro della Genesi come elemento presente nel Giardino dell'Eden. A destra: le sfumature rossastre dei banchi della chiesa in noce creano un'importante connessione visiva con i pezzi preesistenti di marmo
A sinistra: l'onice, che nelle finestre sostituisce il vetro, è citato nel libro della Genesi come elemento presente nel Giardino dell'Eden. A destra: le sfumature rossastre dei banchi della chiesa in noce creano un'importante connessione visiva con i pezzi preesistenti di marmo
Per valutare la trasformazione occorre tempo. L'intervento di Pawson a Pannonhalma sarà vissuto inevitabilmente con più partecipazione dalla stessa comunità, ma il suo influsso sarà avvertito anche dagli scolari, dagli abitanti del luogo, dai pellegrini, dai musicisti e dagli spettatori dei concerti. Il dispiegarsi della narrazione della "rivelazione attraverso la riduzione" offrirà ai visitatori la scoperta di più ampie verità sul destino dello spazio, quando si affronta un tale processo di svuotamento.
Alison Morris

Progetto: John Pawson
Design team: Stefan Dold Anna Schulenburg
Lighting design: Speirs and Major Associates, Mark Major, Philip Rose
Progetto esecutivo: 3h architecture
Zsolt Gunther, Katalin Csillag
Orsolya Pataj, Tamás Tavaszi
Progetto strutturale: András Vándor, Emese Olosz
Progetto degli impianti: ÉGTI 2003, Imre Benko
Progetto dell'impianto elettrico: OHM-PLAN, György Sleiner
Consulente per l'illuminazione: Be light Kft., Zoltán Morvai,
Gergely Papp, Péter Farkas
Consulente per l'acustica: aQrate Kft., Andor Tamás Fürjes
Superficie costruita: 650 mq
Fase di progettazione e costruzione: 2006–2012

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