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Tutti hanno diritto di suonare

Il padiglione della Polonia alla Biennale di Venezia ci propone un aspetto dell'architettura che tendiamo a dimenticare: il fatto che ogni parte di un edificio crea o trasmette suoni, che il silenzio in un edificio attivo non esiste.

Quest'anno ci sarà una buona mostra al padiglione polacco della Biennale? Nel corso della mia partecipazione ai lavori della giuria a volte ne ho dubitato. Poi ho capito che la Galleria nazionale Zacheta di Varsavia, che organizza la mostra, è costretta a lottare ogni due anni contro vere e proprie tempeste critiche per le sue controverse scelte nella selezione delle idee.

Niente di nuovo, quest'anno: oltre trenta progetti sono stati presentati al concorso per il padiglione della Polonia. Tuttavia a ogni busta aperta, a ogni progetto presentato, non riuscivo a credere ai miei occhi: possibile che in un paese così grande non ci sia gente in grado di proporre qualcosa di ragionevole? Per la maggior parte, i concorrenti intrepretavano l'espressione di David Chipperfield Common Ground, "territorio comune", in modo letterale, come spazio d'interazione condiviso. Per cui c'erano parecchie idee che proponevano di spargere sabbia sul pavimento del padiglione e distribuirci sopra delle sedie a sdraio, oppure di creare un prato e di metterci delle panche, per far sì che la gente comunicasse grazie alle condizioni da noi create.

Per fortuna, dopo aver guadato cumuli di lavori deludenti, alla fine abbiamo trovato un diamante grezzo: un progetto proposto dall'artista Katarzyna Krakowiak, con la curatela di Michal Libera. Come ci si aspettava, i due hanno proposto un progetto che sollevava la questione del suono in architettura.
Il Padiglione della Polonia a Venezia
Il Padiglione della Polonia a Venezia
Nella sua attività creativa, Krakowiak sperimenta gli spazi acustici. Le interessa in particolare il fenomeno dell'eco, il rumore prodotto dalla città. Nel quadro del ciclo Ekspektatywa (Bec Zmiana, 2010), ha elaborato e pubblicato un manuale per costruirsi degli auricolari personalizzati. Libera, da parte sua, è un noto critico musicale, organizzatore di concerti di musica sperimentale nonché ricercatore nel settore delle apparecchiature non convenzionali per la produzione sonora. Il risultato della collaborazione è stato un progetto intitolato Tutti hanno diritto di suonare, in cui l'interno dell'edificio resta quasi completamente vuoto in modo che l'intera struttura diventi un grande amplificatore dei suoni creati nei vicini padiglioni nazionali e nei Giardini. Per citare la presentazione della mostra: "Il progetto sarà un invito a sperimentare l'architettura come un gigantesco e complesso processo sonoro che mette in risalto i confini di ciò che viene considerato comune. L'architettura verrà presentata come un fondamentale sistema per ascoltare noi stessi per noi stessi: generando, trasmettendo e distorcendo dei suoni".
Il Padiglione della Polonia a Venezia
Il Padiglione della Polonia a Venezia
Krakowiak e Libera ci propongono un aspetto dell'architettura che tendiamo quotidianamente a dimenticare: il fatto che ogni parte di un edificio crea o trasmette suoni, che il silenzio in un edificio attivo non esiste. Ribaltando l'architettura, rendendone manifesti e trasformandone i suoni, acquistiamo una consapevolezza di una caratteristica dell'edificio che resta al di fuori della portata degli architetti – il tremore delle pareti, la vibrazione degli impianti – e che di solito viene considerata un "effetto collaterale" del processo progettuale, non contemplato nel progetto. Contemporaneamente, un edificio che fa da cassa di risonanza ad altri padiglioni nazionali è un'interpretazione spiritosa del tema della Biennale. Qui il "territorio comune" viene traslato in una dimensione universale e astratta di acustica e di generale debolezza umana… Come per origliare i discorsi degli altri.
L'architettura verrà presentata come un fondamentale sistema per ascoltare noi stessi per noi stessi: generando, trasmettendo e distorcendo dei suoni.
Il Padiglione della Polonia a Venezia
Il Padiglione della Polonia a Venezia
Per quanto possa apparire sorprendente, gran parte del finanziamento della mostra di quest'anno sarà destinata alla ristrutturazione del sistema di ventilazione del padiglione polacco, fuori servizio da parecchi anni, poiché, secondo i progetti, i suoni provenienti dagli altri padiglioni saranno trasferiti proprio attraverso di esso. Al di là dei risultati la mostra sarà certamente un successo: se non altro costringerà a ristrutturare il padiglione. Ma, per essere seri, il progetto di Krakowiak e Libera ha la potenzialità di competere per il Leone d'Oro. Come in ogni buon progetto l'idea è semplicissima ma si può interpretare in una grande varietà di modi. L'unico timore è che, se la linearità dell'idea sopravvivrà alla lotta per realizzarla, allora, affinché la mostra abbia luogo, gli altri paesi dovranno acconsentire a farsi spiare. In caso contrario la mostra perderà fondamento. E un altro problema sarà quello di trasferire la varietà di suoni, di rumori e di vibrazioni nel padiglione polacco in un modo nitido, che inviti il pubblico a visitare la mostra, e in un modo che ne renda chiare le origini.

Krakowiak e Libera si muovono nel solco delle migliori tradizioni della Biennale veneziana. Illustrano temi d'architettura senza ricorrere a banali presentazioni di fotografie o di diapositive di edifici. Parlano d'architettura in modo non architettonico. E in fin dei conti cercano di raggiungere l'irraggiungibile! In ogni modo dovremo attendere la fine d'agosto per vedere se questa idea interessante sarà stata presentata con sufficiente abilità nel padiglione della Polonia.
Il Padiglione della Polonia a Venezia
Il Padiglione della Polonia a Venezia

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