Niente di nuovo, quest'anno: oltre trenta progetti sono stati presentati al concorso per il padiglione della Polonia. Tuttavia a ogni busta aperta, a ogni progetto presentato, non riuscivo a credere ai miei occhi: possibile che in un paese così grande non ci sia gente in grado di proporre qualcosa di ragionevole? Per la maggior parte, i concorrenti intrepretavano l'espressione di David Chipperfield Common Ground, "territorio comune", in modo letterale, come spazio d'interazione condiviso. Per cui c'erano parecchie idee che proponevano di spargere sabbia sul pavimento del padiglione e distribuirci sopra delle sedie a sdraio, oppure di creare un prato e di metterci delle panche, per far sì che la gente comunicasse grazie alle condizioni da noi create.
Per fortuna, dopo aver guadato cumuli di lavori deludenti, alla fine abbiamo trovato un diamante grezzo: un progetto proposto dall'artista Katarzyna Krakowiak, con la curatela di Michal Libera. Come ci si aspettava, i due hanno proposto un progetto che sollevava la questione del suono in architettura.


L'architettura verrà presentata come un fondamentale sistema per ascoltare noi stessi per noi stessi: generando, trasmettendo e distorcendo dei suoni.

Krakowiak e Libera si muovono nel solco delle migliori tradizioni della Biennale veneziana. Illustrano temi d'architettura senza ricorrere a banali presentazioni di fotografie o di diapositive di edifici. Parlano d'architettura in modo non architettonico. E in fin dei conti cercano di raggiungere l'irraggiungibile! In ogni modo dovremo attendere la fine d'agosto per vedere se questa idea interessante sarà stata presentata con sufficiente abilità nel padiglione della Polonia.


Il valore della solidità
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