Project Heracles #14

La scelta di Marco Brizzi si è orientata verso le visioni dotate di un messaggio più semplice, ma non per questo semplicistiche o ingenue.

Puoi leggere qui la serie dei commenti a Project Heracles ricevuti fino ad oggi.


La prima sensazione è che la serie di cartoline raccolte da Domus per Project Heracles tenda a non esaurirsi. Come se le visioni ispirate da Lieven De Cauter e Dieter Lesage e poi incoraggiate dalla rivista fossero in grado di rigenerarsi. In realtà il numero delle ipotesi di progetto è limitato e si è fissato nello scorso luglio intorno alle 200 candidature, quando i risultati del progetto Heracles sono stati raccolti ed esposti al The Gopher Hole. A cosa è dovuta questa mia sensazione? Forse dalla reiterazione degli sguardi e dei commenti offerti nel corso dei mesi successivi dai diversi osservatori che si sono avvicendati sulle pagine web di Domus. Le letture e le interpretazioni dei progetti offerte dai diversi commentatori hanno prodotto un meccanismo interessante, giocato sulla persistenza delle immagini e sulla costruzione di un discorso. Troppo spesso le visioni progettuali, delle quali i media negli ultimi anni sono diventati voraci, vengano consumate nell'istante in cui si producono. A volte esse meriterebbero, invece, di essere in qualche modo digerite e lentamente assimilate. Le idee, le visioni hanno dei limiti precisi, non solo dettati dal formato della cartolina ma dettati dalla cultura che le produce e dal linguaggio che le esprime. Limiti che riguardano sia chi le elabora sia chi si suppone le raccoglierà. E lo stabilirsi di un confronto continuato tende, oltre a restituire dignità a quelle visioni, a dare loro lo spazio e il tempo di cui hanno bisogno.

Devo confessare che, nel comporre la mia selezione di cartoline, sono stato tentato dal prendere quelle delle quali non capivo troppo bene il senso. Avevo pensato di accogliere, quindi, l'invito di Giovanni Corbellini a sfruttarle come strumenti interpretativi. Una sorta di esercizio surrealista, peraltro per me non infrequente nel quotidiano confronto con progetti di architettura. Però, poi, ho pensato che questa strada, oltre a dichiarare troppo esplicitamente i miei limiti, avrebbe potuto offendere alcuni autori: ho quindi deciso di lasciare ai miei studenti il compito di esercitarsi con le ipotesi più criptiche e di misurare le ragioni di una mancata comunicazione. Mi sono orientato, allora, verso le soluzioni apparentemente meno architettoniche. Ho escluso i numerosi ponti e anche le città-ponte, per quanto esse costituiscano una serie interessante. E ho ricercato le visioni dotate di un messaggio più semplice, ma non per questo semplicistiche o ingenue.

Cartolina #65. [immagine in alto] Tra i numerosi fili tesi – ancora una volta, una sorta di passo indietro dal progetto? – e le rappresentazioni funamboliche ho preferito questo. Mi piace la nota ludica e trovo sufficientemente bizzarra la presenza di Helen Skelton, rubata a una performance nel Red Nose Day di Comic Relief. Qualche anno fa Alberto Iacovoni e ma0 avevano elaborato una riflessione sugli "omini" che abitano i fotomontaggi di molti progetti, soprattutto di concorso. Si è visto che esiste una vera e propria popolazione, nata nei magazine e ora cresciuta sul Web, che conosce da vicino, obliquamente, un'architettura che soffre sempre di più la distanza dalla gente.

Gian Piero Frassinelli, Firenze (Italia)

Cartolina #94. [sopra] La cartolina di Piero Frassinelli colloca sullo sfondo l'intervento progettuale vero e proprio, neutralizzandolo con il tratto e sottraendogli ogni prevedibile connotato architettonico. La gigantesca diga avrebbe potuto essere fatta a quadretti, tornando ad esprimere una relazione cosmica come accadeva nei progetti di Superstudio. Oppure a righe o a pallini a seconda del gusto corrente. Essa invece è velata, forse addirittura trasparente, così da interpretare il senso di naturalità che sta al centro del racconto e che vede il Mediterraneo come un'amplissima e fertile terra abitata. Sorprendente la condizione rurale, quasi edenica.

Frozen Cell, Angelos Floros, Atene (Grecia)

Cartolina #83. [sopra] Potrebbe esistere una relazione tra questa visione e quella appena citata. Qui le modificazioni climatiche all'origine dell'intervento si vorrebbero, grazie alle acque del Mediterraneo e nientemeno che con il beneplacito di Eolo, tali da mitigare il clima dei Paesi nordafricani. Potrebbe essere un nuovo campo di sperimentazione per le architetture meteorologiche di Philippe Rahm. In ogni caso, anche qui, poca infrastruttura e un generale suggerimento per ripensare il territorio.

Le idee, le visioni hanno dei limiti precisi, non solo dettati dal formato della cartolina ma dettati dalla cultura che le produce e dal linguaggio che le esprime. Limiti che riguardano sia chi le elabora sia chi si suppone le raccoglierà.
A rainbow is made of water and sunlight, Nikos Smyrlis, Atene (Grecia)

Cartolina #21. [sopra] Messo da parte la stucchevole retorica dell'arcobaleno, che sta dietro l'angolo, questa cartolina mi piace per la selezione degli elementi messi in gioco: acqua e luce (del sole, citato anche nel francobollo). Il tema del ponte è eluso e sublimato in visione che gioca anch'essa con elementi naturali. Molto più di un ponte, assai meno di un'iperbole: mi piacerebbe vedere come Carlo Ratti o Usman Haque svilupperebbero il tema.

Andrea Bruno, Torino (Italia)

Cartolina #96. [sopra] Sono sempre affascinato dall'uso dello storyboard e trovo che il suo impiego sia qui convincente, anche se avrei fatto a meno dell'immagine centrale. Un ponte, ma un ponte che separa e insinua il dubbio che ogni tentativo di avvicinamento e unificazione si produce in un gioco di separazione e di controllo militare. Corrotta dalla paura l'architettura può prestarsi a politiche di separazione e di emarginazione. La protezione, si legge nella descrizione del progetto, si nutre e cresce su se stessa. Fino alla dimensione globale nella quale tutto il pianeta è coperto, rappresentato da se stesso che si protegge. Mi pare qualcosa di meno irrealistico di una visione di Philip K. Dick e ammiro il sovvertimento concettuale.

Euroafrican bridge outposts for sale!, Pedro Kok, Utrecht (Olanda) / San Paolo (Brasile)

Cartolina #54. [sopra] Qui abbiamo un ponte apparente e l'ho scelto per questo. Simulacro dei paradossi o delle possibili conseguenze della realizzazione di un'effettiva struttura di collegamento tra Africa e Europa.

Andrea Sarzi Braga (Italia)

Cartolina #3. [sopra] Molti progettisti si sono esercitati sul fascino della distanza e sulle contraddizioni che si manifestano al confronto. Altri ricercano equilibrio, come in questo caso, che è interessante perché tende a neutralizzare per via grafica la differenza tra i continenti, così come tra mare e terra. La soluzione rende le parti combacianti come pezzi di un puzzle, lasciando comunque visibile un confine.