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Photography Museum in Charleroi

In Belgio, lo studio l'Escaut dà vita a un edificio dalla geometria multiforme e dalla pelle luminosa. Design l'Escaut. Testo Rita Capezzuto. Foto Gilbert Fastenaekens.

1+1=1 è la formula matematica – non propriamente corretta, ma significativa – che il gruppo l'Escaut ha elaborato per affrontare l'intervento sul Museo della Fotografia di Charleroi. Riportandola ai termini concreti del progetto da poco ultimato, la traduciamo intuitivamente come: preesistenza+nuovo=unità. La preesistenza è un antico convento carmelitano in mattoni, già sede del museo dal 1987; il nuovo è un'ala modernista con un profondo aggetto e uno strano rivestimento, simile a un codice a barre, ma delicatamente colorato; l'unità è la continuità che si realizza, e la nuova scenografia spaziale che tutto il costruito crea con il parco circostante.

Ritornando alla bizzarra somma algebrica, la sua libertà rivela la forza immaginativa e creativa del team dello studio, il cui lavoro si nutre di una disciplinarità allargata. Sempre più spesso oggi i giovani progettisti dimostrano una forma mentis molto ricettiva, attivando, per ogni ricerca o incarico affrontati, delle operazioni culturali in cui vengono convogliati a pari dignità saperi e conoscenze di vari campi d'interesse. Lo studio belga l'Escaut è nato nel 1989 con questa filosofia: in un clima di impegno civile, architetti e urbanisti lavorano a stretto contatto con interpreti della performing art – come attori, registi, scenografi – e, secondo necessità, con antropologi, artisti, paesaggisti. L'ampliamento del Museo della fotografia ha richiesto allo studio un lavoro di programmazione di sei mesi, necessari per poter stabilire i nessi di concatenazione degli spazi e delle funzioni tra l'esistente e la nuova ala, in un effetto domino.

L'accento scenografico impresso all'intervento ha guidato la soluzione architettonica, che affronta in termini molto chiari e decisi il problema dell'interrelazione con il giardino secolare circostante. Il grande sbalzo a C del nuovo edificio – realizzato con una struttura innovativa in pannelli di legno massiccio – non solo si protende con belle proporzioni verso il verde, ma lo richiama verso di sé e lo include. La geometria precisa dei volumi acquista un doppio valore, come costruzione spaziale ben articolata e come interfaccia tra il preesistente e il parco. L'effetto di risonanza con l'intorno è affidato anche all'opera dell'artista Jeanine Cohen estesa ai 900 metri quadri di facciata dell'estensione: dei sottili profilati di alluminio di dimensioni irregolari, montati fittamente in verticale, lasciano intravvedere sullo sfondo una superficie a colori pastello, mutevole sotto l'incidenza della luce naturale. Oltre a conferire leggerezza alla struttura, questo involucro vibrante dialoga con il tema dell'istituzione – che ospita una collezione di 80.000 fotografie e tre milioni di negativi – conferendo all'edificio una condizione di 'fotocomposizione' permanente.
Il museo
della fotografia ha
sede in un ex convento
carmelitano. Il volume
geometrico dell’ampliamento
si collega alla
struttura antica con
un passaggio vetrato,
ponendo l’accento
sulla relazione con il
parco circostante
Il museo della fotografia ha sede in un ex convento carmelitano. Il volume geometrico dell’ampliamento si collega alla struttura antica con un passaggio vetrato, ponendo l’accento sulla relazione con il parco circostante
Il trattamento di
facciata con profilati
d’alluminio è opera dell’artista
Jeanine Cohen
Il trattamento di facciata con profilati d’alluminio è opera dell’artista Jeanine Cohen
Scorcio delle
sale espositive.
Il
progetto di l’Escaut ha
previsto la riorganizzazione funzionale del
museo esistente
Scorcio delle sale espositive. Il progetto di l’Escaut ha previsto la riorganizzazione funzionale del museo esistente
Il giardino d’inverno a
doppia altezza ospita
alberi da frutto che
diffondono i loro profumi all’interno del
museo
Il giardino d’inverno a doppia altezza ospita alberi da frutto che diffondono i loro profumi all’interno del museo

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