Ritornando alla bizzarra somma algebrica, la sua libertà rivela la forza immaginativa e creativa del team dello studio, il cui lavoro si nutre di una disciplinarità allargata. Sempre più spesso oggi i giovani progettisti dimostrano una forma mentis molto ricettiva, attivando, per ogni ricerca o incarico affrontati, delle operazioni culturali in cui vengono convogliati a pari dignità saperi e conoscenze di vari campi d'interesse. Lo studio belga l'Escaut è nato nel 1989 con questa filosofia: in un clima di impegno civile, architetti e urbanisti lavorano a stretto contatto con interpreti della performing art – come attori, registi, scenografi – e, secondo necessità, con antropologi, artisti, paesaggisti. L'ampliamento del Museo della fotografia ha richiesto allo studio un lavoro di programmazione di sei mesi, necessari per poter stabilire i nessi di concatenazione degli spazi e delle funzioni tra l'esistente e la nuova ala, in un effetto domino.
L'accento scenografico impresso all'intervento ha guidato la soluzione architettonica, che affronta in termini molto chiari e decisi il problema dell'interrelazione con il giardino secolare circostante. Il grande sbalzo a C del nuovo edificio – realizzato con una struttura innovativa in pannelli di legno massiccio – non solo si protende con belle proporzioni verso il verde, ma lo richiama verso di sé e lo include. La geometria precisa dei volumi acquista un doppio valore, come costruzione spaziale ben articolata e come interfaccia tra il preesistente e il parco. L'effetto di risonanza con l'intorno è affidato anche all'opera dell'artista Jeanine Cohen estesa ai 900 metri quadri di facciata dell'estensione: dei sottili profilati di alluminio di dimensioni irregolari, montati fittamente in verticale, lasciano intravvedere sullo sfondo una superficie a colori pastello, mutevole sotto l'incidenza della luce naturale. Oltre a conferire leggerezza alla struttura, questo involucro vibrante dialoga con il tema dell'istituzione – che ospita una collezione di 80.000 fotografie e tre milioni di negativi – conferendo all'edificio una condizione di 'fotocomposizione' permanente.




