La sezione intende dunque verificare nuovi strumenti per la trasformazione della città contemporanea; alla ricerca di un'urbanistica differente, che non parta da un'astratta pianificazione a tavolino, ma sia in grado di crescere e di svilupparsi come un virus benefico, deformando ciò che già esiste, in modo imprevedibile: un'urbanistica capace di nutrirsi della vita e dell'energia presenti nella stessa urbanità. In questo senso l'evoluzione della città e della sua struttura spaziale e formale non è vista come la successione nel tempo di situazioni statiche, ma piuttosto come una condizione dinamica e volatile, in grado di tenere insieme le pressioni economiche, i bisogni e i desideri delle persone che la abitano. Se si attribuisce forza alle connessioni, e non ai nodi, si conferma la teoria secondo la quale l'essenza della vita sta nell'organizzazione e non nelle singole molecole.
Ripensare la città contemporanea a partire dalle connessioni significa quindi invertire la prospettiva della centralità dell'oggetto architettonico nella trasformazione del tessuto urbano e insieme a esso delle concentrazioni funzionali, e al contrario puntare l'attenzione sulle relazioni sociali e sui flussi vitali di una metropoli. I progetti interrogano la realtà della città di Roma e le visioni che ne scaturiscono non devono essere necessariamente reali o realizzabili. Lavorano prevalentemente in aree periferiche, nello spazio territoriale dai contorni non ben definiti tra città e paesaggio; lontano dal centro storico, dall'immagine iconica della Città Eterna.
All'interno di questo scenario ogni studio di progettazione ha scelto un'area o un tema da affrontare; nessun progetto propone visioni globali o totalizzanti, piuttosto operazioni progettuali contagiose e dilaganti, che per corrano strade non ancora battute, che sfruttino e rappresentino nuovi spazi e tessuti urbani. Territori senza forma, terre di mezzo: luoghi dove quartieri abusivi si alternano a vuoti urbani e residui di paesaggio naturale interrompono densi tessuti fisici e umani. Lì dove le relazioni sociali e spaziali sono insolite, indefinibili o semplicemente difficili da inquadrare, i progetti coglieranno il carattere confuso e vitale di queste aree non per negarlo, ma per cercare di renderlo esplicito e consapevole.
In questo senso Uneternal city si pone in alterità rispetto al suo antecedente storico: se i progetti redatti nel 1978 in occasione della mostra "Roma interrotta" si concentravano sul problema del disegno della città storica proponendo visioni urbane utopiche ed elitarie a partire dalla forma della città settecentesca, Uneternal city, partendo dagli stessi presupposti, propone un'interpretazione affatto diversa; non più legata alla fissità della città costruita, ma profondamente interessata alla trasformazione della città contemporanea e al suo rapporto con la storia e la memoria.
Che cosa sta succedendo alla Città Eterna? L'immagine che emerge è quella di una Roma del futuro, dove gli architetti aprono nuovi punti di osservazione sul paesaggio, modificando la realtà con la propria idea e la propria visione, spesso critica, a volte incantata. Successivamente, all'azione progettuale degli architetti si sono unite le forze di sette registi internazionali, ai quali è stato chiesto di aprire una finestra su un tessuto urbano in costante trasformazione, per catturare pochi minuti di una realtà mobile e inafferrabile come il mercurio, la quale, proprio come il mercurio, si offre quale mezzo più adatto per misurare la salute dell'organismo Roma.
In brevi storie e fotogrammi i registi evidenziano patologie e potenzialità della città, mettendo in luce aspetti e fenomeni che ormai da tempo hanno sovrapposto alla Città Eterna un'altra Roma. Uneternal city instaura un dialogo fra linguaggi artistici, proponendosi di svelare l'anima nascosta della città, non cercandola dunque nella Città Eterna, bensì in quella Città in Divenire nascosta oltre le mura aureliane. La Roma nascosta dietro ai suoi edifici.
