Infrastrutture come politica estera

Il piano di espansione economica cinese si configura in una costellazione di relazioni che vanno oltre le infrastrutture realmente costruite.  

Mentre molti Paesi del mondo cercano di sigillare il loro territorio tramite linee immaginarie, la Cina sta sfruttando i suoi confini per generare differenze e facilitare lo scambio economico. Si è parlato molto della Zona Economica Speciale di Shenzhen. Tuttavia, i più ignorano il contesto storico delle enclave nelle Concessioni, nella stessa Hong Kong e nelle emergenti zone di eccezione nel Delta del Fiume delle Perle (attualmente rinominato Greater Bay Area dal Governo cinese). Inoltre, la narrativa della Belt and Road Initiative (BRI) cinese – la Nuova Via della seta – si concentra sulle sue infrastrutture e non considera le operazioni legate alle imprese costruttrici di proprietà dello Stato. La Cina ha costruito un muro, e non ha funzionato: per secoli ha utilizzato un insieme d’infrastrutture, il rafforzamento delle frontiere e lo sviluppo urbano come modo per costruire legami economici tra le città.

Cultura dell’infrastruttura
Le opere del Governo cinese nell’ambito della Belt and Road Initiative sono spesso spiegate in termini di linee d’investimenti infrastrutturali che si estendono su una carta geografica. In realtà, questi interventi vanno ben al di là della costruzione di linee ferroviarie, porti, autostrade e oleodotti. Non sono semplicemente una sorta di sistemi hardware passivi. Certo, ci sono le tecnologie di costruzione avanzate, i sistemi di elaborazione portuale e molto altro ancora, ma questi linguaggi universali fatti di calcestruzzo e acciaio sono indicativi di ben altro.

Photo: Davide Monteleone

Enclave emergenti
In passato, la Cina ha tentato d’isolarsi dal mondo attraverso muri e scelte politiche, e la sua esplorazione di nuove forme di scambio internazionale è iniziata solo alla fine del 1800 con la creazione delle Concessioni. La più iconica, oggi, è la Concessione francese di Shanghai, ma queste “ambasciate allargate” hanno cominciato a comparire anche in molti dei suoi porti- chiave. La loro presenza, tuttavia, non era limitata alle fasce costiere. Esse sorgevano anche nei nodi ‘infrastrutturali’ del momento, che spesso assumevano la forma di vie fluviali interne. La regione di Wuhan (o Hankou, a quei tempi) è forse l’esempio migliore, poiché comprendeva Concessioni per gli imperi francese, tedesco, giapponese, russo e britannico.

La Cina sta usando secoli di esperienze in tema di forma urbana per costruire nuove tipologie di frontiere.

Il prototipo di Hong Kong
L’esempio più emblematico di Concessione è ovviamente l’isola britannica di Hong Kong. I risultati delle guerre dell’oppio hanno mostrato alla Cina non solo una Concessione, ma una zona portuale in rapido sviluppo, facilmente accessibile ai mercati più remoti. Col tempo, i vantaggi di questa città ai confini con il mondo sono diventati più manifesti. Entrambe le parti hanno sviluppato maggiori investimenti infrastrutturali per facilitare lo scambio di merci. Attraverso successive dispute, i confini in corrispondenza del porto di Victoria sono stati spostati all’odierna Tsim Sha Tsui (che oggi include il Centro Culturale West Kowloon, con il Museo M + di Herzog & de Meuron, il Centro Xiqu, gli edifici di UN Studio e altro ancora) e si sono estesi a Boundary Street, per spostarsi ulteriormente fino a includere quelli che sono giustamente denominati Nuovi Territori. Le possibilità legate a infrastrutture stratificate  e collegate, a confini variabili e al successivo sviluppo urbano sono diventate evidenti.

Photo: Davide Monteleone

Zone Economiche Spaziali
Questi concetti sono stati ulteriormente testati e sviluppati in Cina attraverso le Zone Economiche Speciali di Shenzhen. La forma costruita dell’area si è evoluta nel corso degli anni, e la più indicativa è forse rappresentata dal porto di Shekou, affidato alla China Merchants Group (ne parleremo in seguito), una zona rapidamente trasformata da porto industriale in insediamento  residenziale ad alta densità e destinazione culturale.
E non si tratta di un caso isolato. Si sono infatti manifestati ulteriori progressi tipologici nelle zone di eccezione, come Qianhai (Shenzhen attira il quartier generale dell’areoporto HK International) e, oggi, il Lok Ma Chau Loop (Hong Kong attira la tecnologia di Shenzen). Ciò rende più confusa giorno dopo giorno la distinzione tra Hong Kong e Shenzhen. 

Dalle Concessioni alle Costellazioni
Nelle stratificate narrative della Belt and  Road Initiative vi è molta enfasi sull’importanza storica delle antiche Vie della Seta e delle Spezie. Come accadeva per queste storiche rotte, anche oggi non parliamo di singole arterie commerciali, ma di reti emergenti: strutture dietro alle quali si celano le ambizioni politiche del Governo cinese di forgiare un proprio Piano Marshall e una sorta di neo-colonialismo. Alla radice si possono individuare le necessità economiche di un Paese in grande crescita, che ha bisogno di scambi per alimentare la sua auspicata espansione. Questo è il motivo per cui, in realtà, gli investimenti del BRI non sono semplici linee, ma piuttosto un insieme di punti sparsi. Punti a volte collegati, ma che più spesso vanno a formare qualcosa di simile alle costellazioni che vediamo in cielo: le linee sono talvolta reali, ma spesso formate da storie e diagrammi, piuttosto che da infrastrutture realmente costruite. 

Il cambiamento del  Sud-est asiatico
Guardando più da vicino i flussi di capitale internazionale in Eurasia, appare evidente come, nonostante la Cina occupi i titoli di testa, in campo ci siano in realtà molti altri giocatori. Giappone, Corea, India, Singapore e altri Paesi stanno investendo in modo massiccio in varie regioni nel tentativo di ottenerne i favori. E questa lotta per imporre la propria influenza richiede un pensiero strategico di livello superiore.

Photo: Davide Monteleone

Tre spinte
Sebbene le linee d’influenza non siano univoche, assistiamo all’emergere di fasce territoriali. Osservando le aree tattiche, possiamo vedere come il percorso che attraversa la Mongolia e la Russia raggiungendo l’Unione Europea in Polonia, Germania e Paesi Bassi sia più legato alle economie forti; mentre il percorso che da Khorgos, attraverso gli ‘-stan’ e Teheran, termina a Istanbul è ricchissimo di materie prime (petrolio, gas e così via). Benché si sia molto parlato del “filo di perle” lungo i porti dell’Oceano Indiano quale infrastruttura militare a lungo termine, esso mette in collegamento anche alcune delle più grandi popolazioni del mondo, tutte con un potenziale di crescita rapida (Myanmar, Bangladesh, India – via Sri Lanka, Pakistan, Medio Oriente, Africa orientale ed Europa orientale).

Stato-impresa
Sebbene gli sviluppi infrastrutturali in queste regioni siano opera del Governo cinese, essi coinvolgono quasi sempre una delle due società di proprietà dello Stato specializzate nella costruzione di porti e nello sviluppo. Da sole o insieme, Cosco e China Merchants hanno un ruolo nello sviluppo di ogni area portuale lungo l’Oceano Indiano. Ebbene sì, si tratta della stessa China Merchants che ha sede a Hong Kong ed è stata parte integrante della trasformazione della Zona Economica Speciale di Shekou (che ora include il museo della Design Society progettato da Maki & Associates). China Merchants si è persino espressa chiaramente a questo proposito, illustrando una politica di sviluppo basata sul concetto di PCC –  Port Parks City: Porti, Parchi (nel senso di zone industriali), Città – quale modello per costruire l’urbanistica attorno agli sviluppi infrastrutturali della Cina.

Photo: Davide Monteleone

SE Asia change
Looking closer at the international funding streams in Eurasia, one notices that China may grab all of the headlines, but in fact there are many players in the game. Japan, Korea, India, Singapore and many others are investing heavily in assorted regions as an attempt to gain favour. This wrestling for influence necessitates higher-level strategic thinking.

Linee sfuocate
Si è molto insistito sulla Belt and Road Initiative in termini d’infrastrutture, economia, politica. Espressioni come neo-colonialismo, trappole del debito e altre ancora sono giustamente evocate e discusse.
Tuttavia, ciò che viene spesso trascurato è l’implementazione della tattica basata sullo sviluppo urbano. La Cina sta usando secoli di esperienze in tema di forma urbana per costruire nuove tipologie di frontiere. Mentre altri rafforzano politiche basate sulla costruzione di muri o recinzioni, la Cina sta stringendo accordi basati sulla costruzione d’infrastrutture e sullo sviluppo urbano per promuovere una nuova tipologia di confini fatti di gradienti urbani costruiti.

Jason Hilgefort è partner dello studio Land+Civilization Compositions, con sede a Rotterdam e Hong Kong, direttore della Aformal Academy di Shenzhen (Cina) e cofondatore dell’Institute for Autonomous Urbanism, Hong Kong (www.iautou.org).

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