Domus 1039: Solo noi possiamo fare le nuove città

Il Guest Editor Winy Maas presenta i temi del nuovo numero di Domus: i ‘graffiti’ di JR sparsi per la città, la trasformazione di Medellín, i differenti approcci alla mobilità di quattro città diverse.

Questo articolo è stato pubblicato in origine su Domus 1039, ottobre 2019

Probabilmente molti pensano che le città siano fatte di cemento, pietra e mattoni e che vengano decise da ‘altri’: politici, burocrati e imprenditori. La città, invece, è fatta di persone: cemento, pietra e mattoni sono necessari solo per far sì che queste possano vivere a così stretto contatto. Pochi artisti sanno esprimere questo ethos meglio di JR. Il suo stile a ‘graffiti’ – con cui trasferisce fotografie ingrandite, di solito di persone, su edifici e altri supporti sparsi per la città – umanizza letteralmente i nostri ambienti urbani. In questo modo, JR ci ricorda da chi è fatta la città.

In questo numero vediamo anche come un’iniziativa illuminata abbia trasformato le aree intorno ai serbatoi di stoccaggio dell'acqua di Medellín in splendidi (e tanto attesi) spazi aperti e in strutture per uso pubblico. Grazie alla topografia della zona, molti di queste aree offrono viste sorprendenti sulla città.

Un altro modo in cui una città può cambiare a beneficio dei suoi abitanti è migliorando il sistema dei trasporti. Una buona mobilità consente alle persone di avere pari opportunità e di fare scelte sostenibili. Ma che approccio deve avere una città nei confronti di questo tema? In ogni città le sfide e le opportunità cambiano: Mobility In Chain ci presenta quattro città molto diverse (in Nord America, Europa e Africa) che hanno affrontato la questione della mobilità in modo differente, ma con risultati interessanti.

Probabilmente molti pensano che le città siano fatte di cemento, pietra e mattoni e che vengano decise da ‘altri’: politici, burocrati e imprenditori. La città, invece, è fatta di persone: cemento, pietra e mattoni sono necessari solo per far sì che queste possano vivere a così stretto contatto

Queste pratiche hanno fornito alla gente ambienti urbani migliori grazie al contributo di chi ha il potere. Ma non tutti coloro che lo detengono sono così generosi. Fortunatamente, talvolta alcuni hanno la buona sorte di prendere il posto di chi non ha a cuore il bene dei cittadini. In questo numero presentiamo un’intervista con Ekrem İmamoğlu, che quest’estate i cittadini di Istanbul hanno eletto nuovo sindaco. É la prima volta in 15 anni che il primo cittadino di Istanbul non è un esponente del partito AK di Recep Tayyip Erdogan – cosa che İmamoğlu, quando è entrato in carica, ha definito una “festa della democrazia”. Nell’intervista, il nuovo sindaco ci racconta i suoi piani per la città, molti dei quali riguardano direttamente i suoi abitanti: alloggi sociali, spazi pedonali e concorsi aperti e trasparenti per riprogettare gli spazi pubblici.

Prendere il controllo di una città è di rado cosa semplice. A volte le persone devono lottare per la trasparenza nei nuovi insediamenti e per  spazi che mettano al primo posto le loro necessità. Un esempio interessante è il quartiere Quayside di Toronto, realizzato da Alphabet Sidewalk Labs, una consociata di Google. Google vede il Quayside come un piano “incentrato sull'uomo”, con soluzioni tecnologiche intelligenti per migliorare la sfera pubblica. La comunità, tuttavia, è preoccupata per la poca trasparenza, per la mancata consultazione dei cittadini e per problemi di privacy. E ha portato avanti una resistenza sorprendente, dimostrando che esiste un’importante differenza tra sentirsi dire cosa è buono e decidere noi stessi cosa lo è.

Gli effetti di un incendio nella foresta pluviale di Mandacaru, Stato di Mato Grosso, Brasile, settembre 2019. Foto Victor Moiyama/The New York Times/Redux/Contrasto

Costruire la nostra città e il nostro pianeta... Durante l’estate molti di noi hanno guardato stupefatti le immagini di foreste pluviali in fiamme. In Amazzonia, ovviamente, e recentemente anche in Indonesia (in gran parte per ragioni legate alla produzione di olio di palma, di cui abbiamo trattato nel precedente numero di Domus). I potenziali effetti di questi incendi sono allarmanti, tanto che alcuni scienziati parlano di un “punto di svolta” da cui la Terra potrebbe non essere in grado di fare ritorno. La maggior parte di questi incendi non è accidentale, ma il risultato di decisioni politiche. Le domande che dobbiamo porre sono allora: come convincere le persone che salvaguardare l’ambiente è nel loro interesse? Come possiamo smettere di dire loro che avere a cuore l’ecologia è un bene e aiutarle invece a comprenderlo da sole? Come possiamo convincerle a riprendere il controllo dell’ambiente nello stesso modo in cui stanno riprendendo il controllo delle città?

Immagine di apertura: Gli incendi della Foresta Amazzonica nell’area di Novo Progresso, Stato di Pará, nel Nord del Brasile, agosto 2019. Foto Gustavo Basso/NurPhoto via Getty Images

Speciale Guest Editor

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