Patricia Urquiola: “Il divano? Torna al centro con un ruolo flessibile”

L’art director di Cassina risponde alle nostre domande sul nuovo divano Sengu, su come comincia un progetto e sugli oggetti che la fanno arrabbiare.

“Il nome, Sengu, deriva dall’antico rituale della ricostruzione ciclica dei santuari giapponesi. Una tradizione importante nella sua semplicità, che si associa al concetto di uno spazio che si rinnova continuamente. Oltre a un forte rimando all’immaginario nipponico, già presente nelle Collezioni Cassina nell’opera di Charlotte Perriand, Sengu esprime comfort a prima vista e una modularità che permette combinazioni inattese”, spiega Patricia Urquiola a proposito del suo ultimo progetto per Cassina, un divano domestico dalle dimensioni generose e dalle forme aperte. Torneranno utili in tempi di distanziamento sociale? “In questo periodo, il soggiorno è diventato il centro della casa e lo sarà sempre di più. Un luogo dove lavorare, studiare, riposare, stare insieme. Per questo, un divano può stare al centro della stanza e avere un ruolo flessibile”, prosegue l’art director del marchio, che sottolinea anche il grande lavoro di ricerca sui materiali. In particolare, per l’imbottitura dei cuscini, composta da una fibra riciclata al 100 per cento, realizzata grazie alla collaborazione con il Poli.design del Politecnico di Milano.

Il divano è caratterizzato da forme generose e aperte, è una caratteristica che può tornare utile in tempi di distanziamento sociale. Come dovremo ripensare il nostro soggiorno alla luce del Covid-19?
Il soggiorno è diventato il centro della casa e lo sarà ancora. Un luogo dove lavorare, studiare, riposare, stare insieme, per questo un pezzo può avere un ruolo centrale e flessibile, stare al centro della stanza.

È poco funzionale in case dalle metrature ridotte?
No, credo allo stesso modo anche a tavoli grandi in case piccole.

Schizzi di progetto del divano Sengu per Cassina. © Patricia Urquiola
Schizzi di progetto del divano Sengu per Cassina. © Patricia Urquiola

Come cominci un progetto?
Ogni volta è diverso. Pescando dal mio bagaglio. Le cose inaspettate spesso sono quelle che attirano la mia attenzione, viste da un’altra prospettiva. Sono curiosa, mi piace osservare, gli oggetti, i comportamenti delle persone, le situazioni, sono la mia fonte d’ispirazione, assieme ai viaggi reali o immaginari. Mi piace sperimentare, materiali nuovi o tradizionali e trovare nuovi usi. Nuove tecnologie o rivedere tecniche esistenti. Analizzare il DNA di un’azienda, capire da dove viene e dove può andare rimanendo coerente con la sua storia, ma allo stesso tempo evolvendo. L’inizio può essere uno schizzo analogico o digitale. Un progetto può partire un oggetto, un’immagine, un film, un movimento, una sensazione. Discutendo molto con i miei collaboratori, con i clienti, cercando soluzioni per progetti architettonici o spazi per oggetti.

Sono curiosa, mi piace osservare, gli oggetti, i comportamenti delle persone, le situazioni, sono la mia fonte d’ispirazione, assieme ai viaggi reali o immaginari.

Un oggetto che ti fa arrabbiare perché è totalmente sbagliato?
Non voglio nominare un oggetto preciso, ma mi fanno molto arrabbiare le copie; non mi piace che l’idea di un designer o di un creativo o il lavoro di ricerca di un’azienda vengano replicati, spesso senza neanche essere capiti. Ecco, la trovo una grande mancanza di rispetto anche verso se stessi. Mi fa arrabbiare la mancanza di qualità, a qualsiasi livello, anche nelle cose più semplici e banali. Mi fa arrabbiare lo “spreco”. Con gli scarti dei materiali si possono ottenere degli oggetti incredibili perché la forza delle nostre aziende è il savoir-faire artigianale unico, la forza produttiva che spesso unisce industrializzazione ed artigianato. Attraverso questo know-how così importante si può dare nuova vita a scarti di produzione e farli diventare nuovi materiali o prodotti intelligenti, in un processo circolare di upcycling.

Mi fanno molto arrabbiare le copie; non mi piace che l’idea di un designer o di un creativo o il lavoro di ricerca di un’azienda vengano replicati, spesso senza neanche essere capiti.

L’ispirazione giapponese di Sengu è riferita ai materiali naturali o anche a un modo essenziale e spartano di concepire il divano, un po’come un futon?
Il divano Sengu ritrova nell’essenzialità una delle sue caratteristiche più peculiari, espressa sia attraverso le forme sia con la scelta di colori naturali. Non lo definirei come un “fratello” del futon perché è proprio questa sua immediatezza e semplicità di forme a impreziosirlo.

Come si aggancia l’imbottitura al telaio del divano? Anche in questo caso, l’ispirazione viene dal Giappone?
Volevo che i cuscini di seduta venissero applicati in modo naturale, semplicemente appoggiati. Ancora una volta abbiamo voluto far emergere l’essenzialità del divano che presenta una struttura semplificata. Con Cassina abbiamo lavorato molto anche sulla ricerca in termini di materiali. Con uno sguardo attento all’ambiente quanto possibile. Un passo in avanti è stato fatto in collaborazione con il Poli.design del Politecnico di Milano soprattutto per l’imbottitura dei cuscini, composta da una fibra riciclata al 100%.

Vorrei che si superasse il gender gap, che la diversità diventasse normalità.

Perché hai deciso di diventare designer?
Volevo diventare un architetto fin da quando ero bambina. Mia madre mi comprò una casa delle bambole funzionalista, con il tetto piano e io l’adoravo. Giocavo con oggetti vari, li smontavo e costruivo qualcos’altro. Mia zia era una pittrice e mi ha insegnato a dipingere. Non ho mai avuto paura di affrontare una tela bianca né d’iniziare qualcosa da zero. Ho cominciato a studiare Architettura a Madrid e ho completato gli studi al Politecnico di Milano dove ho conosciuto e mi sono innamorata del design. A Madrid ho avuto una formazione molto accademica, a Milano ho scoperto il product design, soprattutto grazie ad Achille Castiglioni. È diventato il mio mentore e ho lavorato come sua assistente all’Università dopo essermi laureata. Successivamente, lavorando con Vico Magistretti, ho trovato la fiducia e la sicurezza per trovare la mia strada.

Cosa si trova oggi in cima alla lista dei tuoi desideri?
Vorrei che si superasse il gender gap, che la diversità diventasse normalità. Che riuscissimo a limitare la manipolazione della comunicazione. Vorrei, insieme a una sostenibilità ambientale, una sostenibilità sociale.

Patricia Urquiola, art director di Cassina
Patricia Urquiola, art director di Cassina
Nome prodotto:
Sengu.
Designer:
Patricia Urquiola.
Azienda:
Cassina.
Collezione:
Cassina I Contemporanei.
Anno di produzione:
2020.
Telaio seduta:
Tubolare di acciaio con cinghie elastiche.
Cuscino sedile:
Poliuretano espanso flessibile a densità differenziate e fibra 100% riciclata.
Struttura schienale:
Legno multistrato, imbottitura in poliuretano espanso flessibile a densità differenziate, rivestito in ovatta di poliestere con diverse grammature.
Cuscini schienale:
Fibra soffiata 100% riciclata.
Gambe:
Legno noce Canaletto o rovere tinto nero.
Rivestimento:
Amovibile in pelle o tessuto dalle Collezioni Cassina.
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